mercoledì 31 ottobre 2012

SE QUESTO E' UN GHETTO


di Antonio Di Giacomo
  Finalmente qualcuno, come l'autore dell'articolo  apparso su gay.it  http://www.gay.it/channel/attualita/34378/I-bordelli-di-Proust-in-una-mostra-fotografica-a-Parigi.html  - che tratta degli amori di Proust con i ragazzi rimorchiati nei bordelli della Parigi del primo Novecento -   ha associato (volutamente o no) la parola sauna con quella di bordello. Ora, comparando la situazione francese con quella nostra italiana ,si prova invidia pensando a  quanto doveva essere 'avanzata'  la vita degli omosessuali francesi rispetto a quella di noi italiani, costretti ancora a scopare unicamente nei luoghi all'aperto o nelle case di amici che avevano la fortuna di mettere a disposizione la loro alcova.  La situazione italiana, ci raccontano i  frociologi^ , pare essere stata sempre la stessa fino all'"avvento" dell'apertura delle saune, avvenuta nelle grandi città del Nord intorno alla metà degli anni 80 e solo dieci anni dopo , anche nella” provincialissima” Roma, la città del Papa , la cui presenza, secondo molti omosessuali dell'epoca, avrebbe impedito la nascita e lo sviluppo di tali locali. Non è che oggi la situazione gay italiana sia migliorata rispetto al passato. Anzi. Vero  è che, come la Francia degli anni 20, anche noi oggi  nel nostro Paese abbiamo i nostri bordelli che operano  però sotto denominazioni diverse  e non certo perchè esiste il Vaticano, ma solo perchè in tal modo si evadono le tasse.  (come mai Bersani,  che della lotta all'evasione ne ha fatto da sempre un baluardo elettorale,  tace al riguardo?)  Ma è altresì vero che, a differenza dei nostri cugini  attivisti d'Oltralpe, che hanno avuto i PACS  (1999), le leggi contro le discriminazioni  (1985) e oggi  nel 2012 stanno discutendo di matrimonio e  di adozioni, i nostri attivisti  - finora e dopo più di 30 anni di manifestazioni varie -  non hanno ottenuto NULLA. O meglio una cosa l'hanno ottenuta: quella di mandarci a  scopare dentro le saune e i cruising che si sono affrettati ad aprire in tutta la Penisola e che ai tempi di Mussolini si chiamavano con il loro giusto nome. Circoli privati  che, guarda caso, rappresentano  una grande fonte di guadagno, per di più  esentasse. Fonte di arricchimento per loro, appunto, ma non per l'intera comunità glbt.  Questi signori in tutti questi anni, con la complicità del Palazzo, non hanno fatto altro che  sfruttare la condizione di emarginazione degli omosessualispostandoli dai cespugli e dai cessi ,dove fino in quel momento erano stati relegati (uno scandalo per i benpensanti e una questione di ordine pubblico  per le istituzioni che, andava eliminato o quanto meno circoscritto) alle saune da loro gestite. A quel punto il ghetto così costituito e in qualche modo 'legalizzato', ha rappresentato:
 
1.  una fonte di guadagno esentasse e sicura, ( si sa, l'offerta di sesso attira  di più di  quella  culturale e quindi , quest'ultima, è meglio ridurla allo stretto indispensabile ), per l'associazione che affiliava a sé il circolo privato e poi per i proprietari del circolo stesso;
2. un  mezzo efficacissimo anche se  moralmente discutibile per fare il maggior numero di tesseramenti e  usarlo per  dire   "siamo la più grande associazione gay del paese" e avere quindi  più potere all'interno del movimento, con la stampa e  con le  istituzioni;
3. un mezzo per tenere sotto controllo la popolazione omosessuale.
 
Complimenti a tutti lor signori ... e se è questo è l'operato perpetrato  e taciuto ai diretti interessati  in tutti questi anni -  dagli intellettuali e dalle associazioni vicine alla  sinistra -  un operato focalizzato più a 'rastrellare' denari  e potere che ad infondere ai nostri fratelli e sorelle la coscienza di sé,  allora si comprende  benissimo perchè il movimento gay nel nostro Paese non ha più ragion d'essere,  perchè la nostra base è incazzata e disorientata e soprattutto, perchè la comunità gay, penso al Marais di Parigi, da noi  esiste soltanto sulla carta.
 
^ il primo ad usare tale termine  è stato il sottoscritto durante un intervento , intorno al  1995, a Radio Città Futura dove fra gli altri intervenne anche Massimo Consoli e in studio c'era  Andrea Pini.