domenica 23 febbraio 2014

MASSIMO CONSOLI SI RACCONTA


COMBATTENDO L’INDIFFERENZA

PEZZO PER PEZZO, COSI’ E’ NATA LA MONTAGNA

 

Nella travagliata storia dell’archivio, qui raccontata dal suo creatore, si riflettono le immaturità del movimento gay

 

Sono stato innamorato dei libri fin da quando ho cominciato a mettere insieme le lettere dell’alfabeto. Poco prima di morire mia madre ancora ricordava che avevo letto tutta l’Odissea all’età di otto anni. Alla fine degli anni Cinquanta avevo cominciato una prima schedatura (per autori e per argomenti) dei romanzi e dei saggi storici e medici che andavo comprando con i soldi della paghetta settimanale. Ovviamente, i testi sull’omosessualità erano già numerosi. Tutto questo l’ho raccontato con abbondanza di particolari su “Affetti Speciali”, non è il caso che ci ritorni ora. Ho avuto una vita avventurosa e ho viaggiato un po’ dappertutto, vivendo lunghissimi periodi all’estero dove sono sempre andato alla ricerca dei personaggi importanti per la mia cultura e investendo tutto quel che guadagnavo ( e anche un po’ di quello che non guadagnavo, perciò indebitandomi pesantemente) in libri, giornali, cartoline, pins, francobolli, dischi, foto, manifesti…A un certo momento mi sono trovato a possedere una collezione piuttosto imponente. L’aspetto più positivo era che, quando facevo una ricerca o scrivevo un articolo o un libro, consultavo il mio archivio senza spostarmi da casa, mentre chiunque altro sarebbe stato costretto a girare per biblioteche e le raccolte di materiali altrui.

Per puro spirito altruistico e senso della comunità, più di una volta ho cercato di mettere il mio archivio a disposizione di chi vi fosse interessato. Gratuitamente, è ovvio. Ci provai alla fine degli anni Settanta, in quella che è ormai entrata nella storia con il nome di prima “Gay House” italiana. Quando cominciarono i problemi con le autorità, le quali cercavano di sloggiarci dalla palazzina che avevamo occupato, mi accorsi che non solo il movimento gay non ci manifestava alcuna solidarietà, ma che eravamo circondati da piccinerie, gelosie e invidie che ci toglievano perfino la fantasia di andare avanti. Tormentato dai debiti, fui costretto ad andarmene in America per lavorare e poterli così saldare. Riprovai agli inizi degli anni Novanta, con la seconda “Gay House-Ompo’s. E qui i problemi furono anche più grossi. Anselmo Cadelli me lo ha sempre rimproverato: “Ma che gusto ci provi a mettere per forza tutto il tuo archivio a disposizione di gente che non ti dà un grammo di sostegno?”. Con il senno di poi, devo riconoscere che aveva ragione. In poco tempo mi accollai debiti per un centinaio di milioni (di vecchie lirette) restaurando locali utili, ma indegni d’ogni considerazione umana e/o igienica, comprando decine di armadi di metallo e vetro, organizzando incontri e riunioni che se è vero che hanno dato una scossa al movimento gay romano e italiano, ne hanno data un’altra ancora più forte al mio conto in banca.

Mi ritirai in buon ordine leccandomi le ferite. Nel frattempo ricevetti qualche soddisfazione. Più di un editore si faceva vivo, di sua iniziativa (finalmente!), per chiedermi libri da pubblicare. Il Ministero delle Poste emetteva un annullo speciale in ricordo di un documento che avevo scritto io nel 1969, intitolandolo “Origini del Movimento Gay Italiano”. Una iniziativa del genere, ancora oggi, è accaduta soltanto negli Stati Uniti, in occasione dello “Stonewall” (che ebbe origine sempre nel ’69). Il Ministero dei Beni Culturali dichiarava il mio archivio “di notevole interesse storico” e “fonte indispensabile per la storia non solo sociale ma anche sanitaria dell’Italia contemporanea”: un riconoscimento che, di solito, si concede alle raccolte messe su da personaggi morti e sepolti da qualche tempo. Quest’ultimo atto dello Stato, però, aveva un suo rovescio della medaglia. Una volta considerato il mio archivio un “bene pubblico da salvaguardare”, i miei diritti su di esso ne venivano gravemente compromessi. In due parole, la situazione era la seguente: lo Stato mi riconosceva l’opera d’importanza  culturale e storica nel creare e organizzare l’archivio, ma mi negava di disporne liberamente. In cambio, potevo ricevere solo dei finanziamenti limitati e mirati per acquistare, ad esempio, un computer (che già avevo), una fotocopiatrice (che già avevo) una scrivania (che già avevo), degli scaffali (che già avevo) e cose del genere (che già avevo tutte). I miei debiti? Lo Stato non s’intrometteva. Ero io che dovevo pagarli. Contemporaneamente, visto che avevo sparso la voce, ricevevo alcune buone proposte da vari paese esteri. In particolare, gli americani mi fecero un’offerta straordinaria: tornare a New York per dirigere il più grande archivio di tutti i tempi sulla storia e la cultura del movimento e della comunità glbt.

Avevano addirittura già individuato la location: i locali di due ex-banche alloggiate in due palazzine attaccate l’una all’altra. Stipendio favoloso, ritorno a New York, città che amavo moltissimo, pentendomi di averla lasciata negli anni Ottanta (per avvertire gli italiani del rischio Aids”), lavoro di enorme prestigio internazionale (di tutto quello che sto dicendo ho le dovute prove e testimonianze, mi sembra perfino banale doverlo sottolineare), ma non potei accettare perché l’archivio, ormai “vincolato” dallo Stato, non avrebbe mai potuto essere trasferito all’estero. Per anni lo avevo offerto di mia iniziativa al Comune di Roma, al Ministero della Sanità, allo Stato. Gratuitamente e senza particolari condizioni. Quando poi il mio debito raggiunse un certo livello, decisi che non lo avrei più regalato a nessuno. E, come si sente spesso raccontare, proprio nel momento in cui non glielo volevo più dare, lo Stato addirittura lo pretendeva per legge!

Lanciai numerosi appelli alla comunità e al movimento glbt e mi accorsi che anche in quell’occasione, tranne alcuni singoli individui e qualche gruppo o circolo, a nessuno importava della sorte del mio archivio e di quello che stavo passando io personalmente.

Per anni mi sono scontrato con l’arroganza di uno Stato-padrone che impone arbitrariamente le sue leggi e pretende di vedersele rispettate anche quando suonano assurde. I gay italiani sembravano vedere di buon occhio l’esproprio di quello che era stato il lavoro più lungo e assorbente di tutta la mia vita.

Girando per l’Italia mi scontravo con situazioni allucinanti. In più di un’occasione mi sono sentito pubblicamente dire: “Se tu hai creato un qualcosa di grande importanza culturale, è giusto che lo Stato lo vincoli”. Al che io chiedevo: “Mi starebbe anche bene. Non voglio nulla per i miliardi che ci ho speso in tutti questi anni, del tempo che vi ho dedicato, dell’impegno che vi ho trasfuso, ma , almeno, voglio che lo Stato si accolli l’ultimo debito che mi è rimasto da pagare, che mi tolga l’assillo di questo centinaio di milioni di lire che devo restituire e che ho fatto proprio per l’archivio”. E la risposta, straordinaria quanto irritante era: “No, il debito è tuo e lo devi pagare tu”. Non l’ho mai capita questa “logica”. Lo Stato mi prendeva il lavoro di tutta una vita e non si preoccupava neanche, almeno, di liberarmi dei debiti che mi avevano avvelenato negli ultimi dieci anni, e che non ho fatto per motivi privati, ma proprio per renderlo disponibile al pubblico? Intanto, da tempo avevo nominato il circolo “Mario Mieli” mio erede universale. Qualsiasi cosa mi fosse accaduta, almeno da quel lato mi sentivo tranquillo.

Se durante la mia lunga lite con il Ministero dei Beni Culturali si fosse fatto vivo qualche circolo o qualche associazione con una proposta seria e con l’impegno di accollarsi il debito, gliel’avrei regalato molto volentieri.

Purtroppo, sono rimasto dolorosamente colpito dall’indifferenza del movimento, dal suo non prendere una posizione chiara, dal suo non difendermi nella mia battaglia per l’affermazione dei miei diritti, dopo una vita dedicata a pretendere per gli altri l’attuazione dei diritti. Alla fine ho raggiunto un accordo di compromesso con il Ministero, e gli ho venduto tutte le mie collezioni. Certo, per me è stata una sorta di trauma, dovermi privare di quello che ho sempre considerato la mia creatura, una sorta di figlio, ma mi ha aiutato il fatto di essere diventato finalmente e veramente padre adottivo, e di poter così rivolgere i miei affetti altrove.

Certo, la cifra non ripaga i miei quarant’anni di lavoro, impegno, soldi, occasioni mancate…ma è un risarcimento che considero onorevole comunque. Tra l’altro e lo dico con una punta d’orgoglio, mi è stato detto che la somma stanziata dal Ministero dei Beni Culturali è una delle più alte mai messe in bilancio per un archivio del genere e a me è sempre piaciuto battere i record. E anche stavolta mi sembra di esserci riuscito.

(guide magazine n.6 /VI anno giugno 2002)

 

 

sabato 22 febbraio 2014

SOSTENIAMO IL FATTO QUOTIDIANO, SOSTENIAMO LA DEMOCRAZIA

Il  Fatto Quotidiano - a differenza, per esempio de la Repubblica che un giorno sì e l'altro pure non smette di attaccare Grillo spudoratamente, con l'intento di far cambiare opinione ai suoi lettori che hanno votato  il Movimento 5 Stelle -  ha trascritto quasi per intero, la diretta streaming  avvenuta fra Renzi e Grillo nei giorni scorsi.


Resoconto stenografico, con qualche taglio, dei sette minuti e mezzo Renzi-Grillo.

Renzi: Bene, ti raccontiamo cosa vogliamo fare nei prossimi quattro mesi.(..).
Grillo: Però!
R: (..) Portiamo in discussione al Senato il disegno di legge Delrio sulle Province su cui alla Camera (...) avete fatto ostruzionismo. No, forse non ostruzionismo, avete votato contro, scusate.
G. Posso interrompere? (..)
R. Aspetta, fammelo dire prima.
G. Ma non sono venuto a parlare di programmi, i programmi non sono in gioco adesso.
R. Si gioca un po' per uno, bisogna che parli io poi parli te, facciamo un po' per uno per correttezza.
G. No.
R. E dai, non è possibile (...)
G. (...) Io sono venuto qui per dimostrarti qualcosa in una maniera educata (..) ed è la prima volta che mi succede di non dare la fiducia a una persona come te. Ma non perché sei tu, per quello che rappresenti. Tu rappresenti le banche, i poteri forti. Dici una cosa poi smentisci il giorno dopo. Sei un ragazzo giovane, ma nello stesso tempo vecchio. Io ti ho preso molto in giro, se ti sei offeso mi dispiace.
R. Non mi pare di essermi offeso (...) Mi hai dato dell'ebete e ho sorriso alla grande.
G. Noi siamo all'opposto vostro. Noi siamo i conservatori qua. Noi vogliamo l'acqua pubblica,  tu la vuoi privatizzare. Vuoi vendere l'Eni, l'Enel, vuoi svendere la nostra sovranità, noi la vogliamo mantenere (..)
R. No, però questo non è il trailer del tuo show (..)
G. No, non è uno show.
R. Non so se sei in difficoltà con la prevendita.
G. Ma va! (ride)
R.Vorrei che tu prima ascoltassi, se sei in difficoltà con la prevendita ti diamo una mano. (...) Questo non è Sanremo.
G. Ti mando l'omaggio.
R. Beppe scusa, posso?
G. Il fatto di dire "i tuoi programmi". Tu sei una persona non credibile.
Delrio: Dai Beppe, hai davanti tre sindaci.
G. Io parlo con lui (indica Delrio, ndr)
R. Buoni!
G. Tu pensa alla differenziata a Reggio Emilia.
R. Quanto hai di differenziata a Reggio Emilia?
Delrio. Il 60.
R. Benissimo, noi il 52 (..)
G. Siete stati eletti per fare i sindaci (..) fai il sindaco. Io adesso (..) ti sento.
(..)
R. Hai visto ieri che è successo?
Due ragazzi si sono uccisi per la mancanza di posti di lavoro.
G. No, lascia stare il dolore, io ci sono in mezzo. Tu hai una cosa meravigliosa, tu fai una copia incolla di cose meravigliose (..)
R. Posso parlare adesso?
G. No. Io non ti faccio parlare.
R. Però hai un concetto democratico..
G. Io sono venuto a manifestarti la mia, la nostra, totale indignazione per quello che tu rappresenti (...) Noi faremo degli errori, ma siamo coerenti con quello che diciamo. Io ho detto "non prendiamo soldi" e abbiamo rinunciato a 42 milioni. Tu hai detto "risparmiamo un miliardo col Senato". Non è vero (..) Il fatto è che tu non sei più credibile perché rappresenti De Benedetti, gli industriali, gente che ha disintegrato questo Paese. Puoi essere giovane, ma non sei giovane (..) Noi siamo i conservatori. Vogliamo l'acqua pubblica.
R. Beppe, questa è quella di prima.
G. Vogliamo la sanità pubblica. Tu vuoi fare Tav, grandi lavori, cemento. Basta (...)
R. Hai detto che mi fai parlare però.
G. Ti do un minuto, però.
R. Caspita!
G. Non ho tempo per te, non abbiamo tempo per voi..(...)
R. Sei un incrocio tra Gasparri e la Biancofiore in questo momento ..(..) Sei qui perché il tuo popolo sul tuo blog ..(...)
G. Tu il popolo l'hai offeso dicendo che sono degli squadristi, ricordatelo.
R. In trenta secondi ti dico: noi vogliamo superare le Province, il Senato.
G. Non è vero! (..)
R. Sta cercando di provocare.
G. Non ti sto provocando, sei un ragazzo. Io c'ho 40 anni di mestiere,se volessi provocarti..
R. Io sono uno di quelli che pagava il biglietto per venire ad ascoltarti.
G. Tu ti sei messo nel tuo loft con un pregiudicato, insieme a Verdini, che è uno della massoneria di Firenze, a fare la legge elettorale (...)
R. Beppe, almeno un minuto me lo devi dare.
G. Non te lo do più. Adesso io me ne vado (..)
Bypassi il Parlamento, fate decreti legge..
R. (..) non sono mai entrato in aula ancora.
G. Il tuo sistema! Io voglio informare la gente cos'è un decreto legge e cosa ci mettono dentro. Nel femminicidio ci mettono il Tav (..). I pacchetti! Sette miliardi e mezzo alle banche!
R. Esci da questo blog Beppe, esci da questo streaming! Questo è un luogo dove c'è il dolore vero delle persone. Smettila su questo tema.
G. Ma quale dolore!?
RC'è bisogno di affrontrare le questioni reali.
G. E' finita caro (...)