sabato 7 febbraio 2015

L'Italia manca di un vero e proprio movimento gay la cui funzione sia di operare all'interno della propria comunità, della quale deve stare al servizio e non servirsene

LA FUNZIONE DEI GRUPPI SOCIALI NELLA PERCEZIONE DELLA MALATTIA

Massimo Consoli

direttore di OMPO

"Abbiamo imparato che, da soli, non possiamo avere successo. Da soli nella nostra disciplina, da soli nella nostra cultura, da soli nel nostro Paese, nella nostra regione. Eppure, ci è difficile trovare un linguaggio comune e lavorare insieme. Abbiamo visto che l'isolamento è inefficace e pericoloso e che lo scambio, il dialogo, la tolleranza e la solidarietà sono fonti di forza e la porta che si apre ad un più efficace controllo e attenzione".

Jonathan Mann, Chairmandella VIII Conferenza Internazionale sull'AIDS

Amsterdam 19 luglio1992

L'impatto dell'AIDS nella nostra società (occidentale) è stato particolarmente devastante, perchè si è manifestato, almeno nella sua fase iniziale, all'interno della comunità culturalmente e intellettualmente più vivace, ma anche più discriminata di tutte: la comunità gay.

In effetti , l'intervento umano ha contribuito in maniera decisiva alla creazione di un ambiente favorevole allo sviluppo dell'epidemia, soprattutto criminalizzando l'identità gay o la manifestazione dell'affettività maschile. La responsabilità primaria è dell'ideologia monoteistica, drasticamente anti-omosessuale, e soprattutto del cristianesimo cattolico che è contrario a qualsiasi forma di sessualità non mirata all'autoriproduzione all'interno di una situazione familiare, che non è affatto "naturale" come si continua a ripetere con evidenti intenti propagandistici, ma è inventata dalle stesse strutture religiose (matrimonio monogamico). Non è un caso che nelle situazioni più facilmente studiabili (e studiate), quando vari gruppi religiosi vivono a stretto contatto l'uno dell'altro, com'è negli Stati Uniti, salta agli occhi in maniera difficilmente contestabile che i cattolici sono più colpiti dal virus HIV dei non cattolici.

Ciò è conseguenza del rifiuto che la Chiesa di Roma oppone all'educazione sul sesso sicuro e al suo corollario di informazioni sull'uso dei mezzi contraccettivi e di rispetto dell'affettività umana in tutte le sue manifestazioni. Tale rifiuto passa inosservato solamente nel nostro Paese, mentre altrove è continuo motivo di condanna dell'operato papale, come sulle pagine del New York Time, che accusa il pontefice di minare alla base gli sforzi delle autorità sanitarie pubbliche: o come dalle parole del professor Jonathan Mann, chairman dell'VIII Conferenza Internazionale sull'AIDS, che ad Amsterdam dichiarò senza alcuna paura come "la dichiarazione vaticana in cui si sostiene la necessità di discriminare gli omosessuale possa avere solo un effetto: aumentare la diffusione dell'AIDS. Nell'Africa equatoriale, dove questa discriminazione è stata introdotta dai missionari in tempi relativamente recenti e dove, di conseguenza, ancora non è penetrata a fondo nell'irrazionale collettivo di quelle popolazioni, l'AIDS ha trovato altre modalità di trasmissione. Nelle culture islamiche, dove il rapporto tra maschi non è assolutamente vietato (come si crede in Occidente), ma ha una precisa valenza gerarchica e una funzione di distribuzione dei ruoli, e dove non c'è alcuna fobia contro il sesso di per sé, l'AIDS ancora non è collegato a nessun particolare gruppo sociale o, per essere più precisi, è considerato una malattia degli "occidentali".


Nella nostra società, di conseguenza, la criminalizzazione dei rapporti sessuali tra maschi ha comportato non di certo la loro scomparsa, visto che rappresentano una manifestazione del proprio io che non è assolutamente cancellabile con una norma giuridica o con un'interdizione religiosa, ma un loro sprofondare nei sotterranei del proibito, del "proibizionismo" affettivo. Così, quello che si sarebbe potuto fare tranquillamente tra due persone, all'interno di un'abitazione, con tutte le comodità e i relativi vantaggi (anche igienici), si è stati costretti a manifestarlo in maniera anonima (per paura dei ricatti o, comunque, di essere "riconosciuti" come omosessuali perfino dal proprio partner occasionale) all'interno di dark-rooms, di stanze buie, umide, dove il rapporto erotico perde di ogni sovrastruttura umana per essere ricondotto alla propria naturalità animale. Ed è all'interno di queste strutture commerciali che l'AIDS ha trovato l'opportunità per realizzarsi e diffondersi. E' ormai indubbio che certi comportamenti erotici, che facevano parte della cultura gay conseguente alla "rivoluzione sessuale" degli anni Settanta, sono stati il terreno "ideale per la disseminazione del virus". E' altrettanto indubbio, comunque, che tutto il resto della società ha risentito dello stesso clima e ne ha subìto le stesse conseguenze. In effetti, un libro scritto prima della comparsa dell'AIDS avvertiva: "un cambiamento nei costumi sessuali della nazione ha garantito che, a parte quel che riguarda il comune raffreddore, le malattie veneree hanno afflitto più americani di tutte le altre infezioni combinate".

Ma "è ragionevole presumere che se le attitudini sociali antiomosessuali, legate al nostro fondamentalismo religioso e alla paura di rapidi mutamenti sociali, non fossero state presenti, l'espressione culturale dogmatica della rivoluzione sessuale gay non sarebbe stata così diffusa. Probabilmente ci sarebbe sempre stato sesso anonimo in forma aggressiva, ma non in maniera così prevalente. Al contrario, gli uomini avrebbero potuto vivere insieme apertamente in relazioni molto più stabili. E' la discriminazione contro l'omosessualità che ha promosso quel tipo di comportamenti.

I gay americani lo hanno capito subito, o quasi. All'inizio, la comunità si rifiutò di riconoscere i problemi derivanti da rapporti diversi e da comportamenti a rischio, ma nel giro di un paio d'anni cominciò un'attività educativa che per parecchio tempo fu la sola ad avere un senso.

La stampa gay USA rimase " a lungo l'unico posto dov'era possibile interpretare, per un non addetto ai lavori, gli articoli che apparivano sul New England Journal of Medicine e sul The Lancer, mentre nel nostro Paese, a parte l'eccezione di Ompo, i giornali gay scrivevano le stesse incredibili e inaccettabili idiozie dei gionali non-gay.

E fu proprio dall'interno della comunità gay (americana) che venne la prima risposta alla "peste del XX secolo". Il 4 gennaio 1982, dopo un primo appuntamento informale tenuto l'11 agosto precedente, sessanta amici si incontrarono di nuovo nell'appartamento newyorkese di Larry Kramer e si costituirono in associazione prendendo il nome di "Gay Men's Health Crisis" (GMHC). C'erano tra loro Paul Popham, Edmund White, nathan Fain, Larry Mass, Paul Rapoport. Nel 1988 la GMHC diverrà la più importante organizzazione non governativa a lottare contro l'AIDS, con un organico di 1400 volontari non pagati e una disponibilità annuale di oltre 7 milioni di dollari.

Da questo momento in poi, Paese di grande tradizione e di lunga militanza nella lotta contro il pregiudizio antigay esprimeranno le organizzazioni più famose e più imitate nella lotta contro la sindrome. A New York, la stessa GMHC sarà totalmente riconosciuta, accettata e integrata nel sistema che il suo fondatore Larry Kramer si troverà costretto a sconfessarla e a creare una struttura più radicale e battagliera, l'ACT UP! (AIDS Coalition to Unleash Power", cioè Coalizione AIDS per sprigionare energia"; la sigla, in realtà, è un gioco di parole che suona come un imperativo "Agire subito!").

Anche ACT UP!, a un certo momento, entrerà in crisi. La lotta per le terapie a basso costo e per la veloce disponibilità dei farmaci in sperimentazione che erano tra i motivi principali che avevano portato alla sua nascita, non sembra più aver motivo di esistere.

A San Francisco si fanno strada lo Shanti Project e l'ADAPT (Association for Drug Abuse Prevention and Treatment: un altro gioco di parole che vuol dire "Adattarsi", con evidente riferimento alla necessità di reintegrare il tossico nella società). In Gran Bretagna è la Terrence e Higgins Trust (dal nome della prima vittima dell'epidemia) la struttura più importante del Paese, mentre in Germania la Deutsche AIDS Hilfe (DAH) indicherà la strada da seguire a mezza Europa. Al di là di queste, quasi tutte le altre associazioni saranno utili all'interno del proprio territorio, ma avranno ben poco di originale: basti pensare ai primi opuscoli di consigli diffusi agli albori dell'epidemia. "Quando il tuo amico ha l'AIDS", per esempio, ha una storia straordinaria e tortuosa. Pubblicato per la prima volta dalla Chelsea Psychotherapy Associates nel 1984, in Italia verrà tradotto e ristampato nel luglio dell'anno successivo sui Quaderni dell'OMPO dopodichè il numero di ri-traduzioni e ristampe in varie lingue diventa impossibile da seguire, tanto da far sorgere il dubbio che sia diventato un mezzo per chiedere e ottenere finanziamenti pubblici. Il problema, nel nostro Paese, si è presentato con particolare gravità per una caratteristica che, dapprima positiva, con lo scorrere del tempo si è trasformata drammaticamente negativa. Nel 1803 il ministro della Giustizia di Napoleone, Jean Jacques Régis de Cambacérés (1753-1824), elaborò un nuovo Codice civile nel quale, con una certa dose di astuzia, evitò accuratamente di menzionare quello che allora era definito "crimine di sodomia". In questo modo, visto che "nullo crimen sine lege", il legislatore francese lo escluse automaticamente dal numero dei reati perseguibili, e senza neanche scatenare una qualsiasi opposizione. Il "Code Napoléon" entrò a far parte delle legislazioni di parecchi Stati europei ma, mentre il "silenzio" sulla sodomia veniva di tanto in tanto interrotto e legislazioni repressive venivano reintrodotte un po' dappertutto (perfino nella stessa Francia), l'Italia restava un'isola felice. Il Codice Sardo del 1859, all'articolo 425 puniva l'omosessualità praticata con violenza o che dava pubblico scandalo, ma quando il Paese venne unificato anche dal nuovo Codice Sardo-Italiano (1861), l'influenza di Cambacérés si fece sentire attraverso il Codice del Granducato di Toscana, preso a modello perchè considerato il più liberale tra i vari statarelli nei quali era divisa la penisola. Neanche il Codice Rocco (1 luglio 1931) prevedeva il "reato" di omosessualità, che i nostri connazionali non sentivano "italiano", ma "un vizio tipico dei popoli nordici". Tant'è che la parola più conosciuta per indicare l'omosessuale passivo, "frocio", è opinione comune che indicasse gli stranieri (secondo alcuni le "froge" del naso delle guardie svizzero-tedesche del Papa; secondo altri il vocabolo è una deformazione dell'originale "francese").

Nonostante due tentativi di introdurre una legislazione antigay (Clemente Manco dell'MSI e Bruno Romano del PSDI, nel 1961), l'Italia si presenta, agli inizi degli anni Ottanta,come l'unico Paese occidentale a non discriminare i propri cittadini secondo l'orientamento affettivo o sessuale. Ora,visto che storicamente parlando i movimenti gay di tutto il mondo sono nati come reazione a una legge antiomosessuale e con l'intenzione più o meno apertamente dichiarata di abrogarla, l'Italia si è trovata svantaggiata dal punto di vista organizzativo perchè, di fronte a un'indifferenza iniziale, poi diventata insofferenza, da parte della maggioranza della popolazione nei confronti dei propri elementi gay, la mancanza di un'avversione istituzionalizzata ha impedito quel fenomeno di aggregazione di grandi masse che nell'America settentrionale e negli altri Paese d'Europa riunisce addirittura centinaia di migliaia di persone.

Così, quando l'AIDS fa il suo ingresso "ufficiale" da noi, nel 1983, non trova ad affrontarlo una comunità già collaudata e coesa da lotte contro un comune nemico. L'Italia manca di un vero e proprio movimento gay la cui funzione sia di operare all'interno della propria comunità, della quale deve stare al servizio e non servirsene, per la quale deve avere una funzione di informazione, di formazione, di educazione. Da noi non c'è mai stato un dibattito serio su questo argomento e i circoli sono nati a volte addirittura con l'intenzione di gestire discoteche o saune, quasi mettendosi in concorrenza con i locali commerciali, o avendone la segreta aspirazione. Per questo nessuno aveva mai pensato di fornire quei servizi che dovrebbero essere addirittura banali, in una situazione del genere. In particolare, in Italia è mancato il servizio di collegamento medico tipico degli Stati Uniti, dell'Olanda, della Germania prima degli anni Ottanta, messo su da ricercatori intelligenti e privi di pregiudizi soprattutto per combattere l'epatite B. E' rilevante ricordare che i rapporti tra la comunità gay americana e gli scienziati dei Centers for Disease Control (CDC) erano talmente buoni, che furono proprio i medici del MMWR a porsi il problema di come dare la prima notizia dell'incombente epidemia al pubblico. Visto che "quelli che operavano nella divisione malattie veneree avevano una lunga esperienza di lavoro con la comunità gay ed erano preoccupati di offendere la suscettibilità di un gruppo con il quale era ovvio che avrebbero dovuto lavorare a stretto contatto nei mesi a venire. In maniera altrettanto significativa, erano anche al corrente che i gay non erano di certo la minoranza più amata.

E' questa rete sanitaria, fatta di medici gay e di consultori nati negli anni Settanta, indirizzata a un'utenza gay, "specializzata nel trattamento delle malattie sessualmente trasmesse e dell'epatite B...adattata ai bisogni specifici di questa comunità..ormai con una tradizione consolidata per i suoi problemi di salute"...costituita da strutture già pronte in caso di bisogno, che ha attenuato di molto l'impatto dell'AIDS e "ha fornito le basi per una pronta risposta "all'epidemia". Ma la svolta più "straordinaria" e che veramente pone il nostro Paese sotto una luce di "illuminismo quasi rinascimentale" (almeno agli occhi degli osservatori stranieri che, inizialmente, la credono frutto di chissà quale profondo e sotterraneo lavorìo) avviene dopo la V Conferenza Internazionale sull'AIDS tenutasi a Montreal, Canada, dal 4 al 9 giugno del 1989. In Canada, il gruppo rivoluzionario di Larry Kramer, ACT UP! Fa il suo ingresso trionfale nella politica internazionale, occupando il palco della presidenza fin dalla cerimonia di apertura, ricevendo gli applausi scroscianti di praticamente tutti i partecipanti (medici, ricercatori, giornalisti, politici), contestando la politica degli Stati Uniti da ogni punto di vista, per la discriminazione dei sieropositivi, per l'inadeguatezza dei finanziamenti, per la lentezza nelle ricerche, per i prezzi troppo alti dei medicinali e distribuendo un documento decisivo: il "Manifesto di Montreal", una vera e propria "Dichiarazione dei Diritti Universali e dei Bisogni delle Persone che Vivono con la Malattia da HIV. E' in questa occasione che i nostri politici, i nostri giornalisti e i nostri ricercatori, in linea generale totalmente all'oscuro di ciò che l'espressione "comunità gay" indica, rimangono folgorati sulla via di Damasco. Nel 1991 la Conferenza avrà luogo a Firenze. Bisogna dimostrare che l'Italia è un Paese democratico, rispettoso delle sue minoranze. Dice profeticamente (o programmaticamente) il professor Giovanni Battista Rossi proprio nel corso della conferenza stampa di chiusura riservata ai mezzi di comunicazione italiani presenti a San Francisco l'anno precedente, che "Firenze riuscirà ad assorbire il fenomeno politico collegato alla contestazione dei gruppi che già annunciano la loro presenza". E a Firenze la contestazione verrà assorbita in maniera eccellente. In effetti, risulta chiara la mancanza di coscienza politica, di unità e di organizzazione dei gruppi gay italiani anche in quella che dovrebbe essere l'occasione più importante: proprio nel corso dell'ampiamente preannunciata sfilata per il centro cittadino, che dovrebbe servire a dimostrare la forza dei movimenti non governativi del nostro Paese. Gli americani, i tedeschi e i francesi, dopo aver invano aspettato che il corteo si metta in moto, decidono di cominciare a marciare per conto loro. Gli italiani, finalmente, si scuotono e, poiché giocano in casa, riescono a mettersi alla guida dei dimostranti grazie alal buona educazione degli ospiti stranieri. E qui le contraddizioni risultano ancora più marcate. Questi urlano i loro slogan più collaudati e politicizzati: "Stop AIDS Now", "Dottori fascisti, tirate fuori i nuovi farmaci dai cassetti", "Condom gratis, siringhe gratis", "Muoiono più donne con l'AIDS"... mentre gli italiani seguono una Fatina Azzurra e un Pinocchio multicolore cantando " Oh quante belle figlie madama Dorè, oh quante belle figlie..."

La dimostrazione è stata permessa dalla Questura, il percorso è stato studiato a tavolino e approvato; i gruppi italiani hanno ricevuto agevolazioni finanziarie e organizzative per raggiungere Firenze. Non solo: parecchi tra i nostri connazionali rimangono sfavorevolemente impressionati dalla bellicosità degli americani e, quando la Deutsche AIDS Hilfe proietta filmati che rappresentano scene di sesso sicuro riprese "dal vivo", i loro commenti sono ampiamente negativi e del genere " non bisogna esagerare", "non bisogna distruggere il rapporto che siamo riusciti a costruire con le istituzioni". Si è lontani di una generazione dal convegno dell'anno precedente a San Francisco, dove centinaia e centinaia di militanti si mettevano in fila per farsi ammanettare, arrestare e denunciare, per dimostrare conil sacrificio personale le contraddizioni di un sistema che consideravano sbagliato e per mettere pubblicamente in crisi la politica governativa sull'AIDS. A Firenze le uniche contestazioni serie vengono portate avanti da piccoli gruppi ( di solito due, tre persone) di militanti di ACT UP – New York o degli olandesi, che corrono da una sala all'altra con i loro striscioni e continuano a venir visti con diffidenza mista a invidia e a un incomprensibile senso di superiorità snobistica da parte italiana.

Nonostante ciò, le autorità continuano a non capire cosa sta avvenendo sotto i loro occhi. Fraintendono e confondono tra gay, animalisti, politrasfusi, fiorentini e berlinesi e identificano la comunità gay italiana con quelli che diverranno i Grandi Elettori di Clinton. Ciò mentre si comincia a capire come una delle cause dell'aumento drammatico dell'AIDS, che dal 78^ posto occupato nella graduatoria mondiale agli inizi degli anni Ottanta ci ha portati ormai tra i primi dieci, viene proprio dalla mancanza di un forte movimento che nel nostro Paese si sia fatto portavoce delle aspirazioni (legittime) di una comunità gay cosciente, informata e militante.

I gay italiani, totalmente impreparati dal punto di vista culturale e associativo, si sono trovati a godere di vantaggi non richiesti e addirittura inaspettati, concessi per sopprimere ogni opposizione reale, per mantenerli in un limbo amorfo dal quale non potessero uscire, perchè, altrimenti, avrebbero creato difficoltà non solo atutto il sistema ma anche ai vari gruppi che avevano assunto ilruolo spiacevole di cani da guardia. Com'è già successo altrove, " per la prima volta i loro leader vengono ufficialmente riconosciuti e sono ricevuti da politici di livello governativo, gli omosessuali sono considerati come una vera e propria base elettorale". E' sintomatico che mentre altrove i gay sono all'avanguardia della contestazione al potere, da noi questo compito viene svolto più efficacemente da altri tipi di strutture che non riescono ad avvantaggiarsi della stessa vera e propria rivoluzione culturale in atto. Anche nel settore delle campagne informative le organizzazioni gay finiscono per assumere -e ricevere - ruoli controversi. Il Ministero della Sanità stanzia 141 miliardi per una campagna da condurre sui mezzi di comunicazione di massa. Una parte consistente è prevista per le pubblicazioni gay con lo scopo di raggiungere questa comunità così strettamente collegata all'epidemia. Praticamente tutti i periodici omosessuali ricevono finanziamenti tranne Ompo, la più antica pubblicazione gay italiana e la prima che nel nostro Paese ha parlato di AIDS.Non solo, è Ompo che ha coniato l'espressione "Peste del XX secolo", allertando la nostra stampa sul prossimo arrivo dell'epidemia. E' sempre Ompo, che, con un tempismo da noi difficilmente concepibile, si trasforma in "prima pubblicazione al mondo dedicato alla sindrome da immunodeficienza acquisita". E' ancora Ompo che, per qualche anno, gestirà una trasmissione radio settimanale incentrata sull'AIDS, un'altra esclusiva che, stranamente, mette l'Italia avanti a tutti e che avrà un impatto enorme nella conoscenza dell'epidemia.. Infine, è Ompo a occuparsi e sempre per primo in Italia, della traduzione, pubblicazione e diffusione di una serie di opuscoletti informativi. "Quando il tuo amico ha l'AIDS, "HTLV-III/LAV : Che cos'è?". "Direttive per il controllo dell'infezione relative al personale medico e paramedico", "Hiv e gli anticorpi. Test o non test?"; oltre a essere stato l'unico, ancora oggi, ad aver curato la riproduzione e la distribuzione di un'altra serie di volumetti riservati alle comunità di lavoratori stranieri in Italia, in varie lingue, in arabo, in cinese, in inglese, in portoghese, in turco, in spagnolo, in greco, in serbo-croato...Ma neanche Rome Gay News, l'unico settimanale del genere del nostro Paese, spedito a parlamentari, sindacati, amministratori comunali, a tutti i quotidiani, ai settimanali, ai periodici di informazione e sanitari, ai gruppi gay, a duecento fra le più importanti pubblicazioni straniere e perfino al Presidente della Repubblica viene mai sovvenzionato dal denaro pubblico.

Ma il vero, gravissimo, problema dei gruppi che in Italia hanno cercato di provvedere all'educazione, alla prevenzione e al counseling delle rispettive comunità, è il "provincialismo". Forse perchè ancora convinti di essere gli eredi di una grande civiltà (ma non si capisce quale), gli italiani non studiano, non viaggiano (se non per turismo, gli unici che vanno all'estero per studio sembrano soltanto i ricercatori medici e gli scienziati spaziali), non conoscono le lingue straniere, non sanno nulla di quel che succede altrove se non attraverso gli articoli (costantemente inesatti e/o approssimativi che leggono sulla stampa non specializzata). E, in effetti, una buona parte dei dirigenti e dei responsabili delle varie organizzazioni non sono affatto tecnici, con una consoscenza dettagliata e inattaccabile dell'argomento di cui si occupano, ma politici, abilissimi nel calibrare alleanze o nel formulare richieste di finanziamenti.

Forse è utile ricordare di nuovo che Larry Kramer, fondatore delle due più importanti organizzazioni che si siano occupate di AIDS, è entrato in conflitto con la sua GMHC perchè oramai invasa dai politici, troppo burocratizzata e compromessa con il potere. Durante l'annuale Conferenza dei Sindaci del giugno 1983, la GMHC "impressionò i partecipanti con una documentazione accuratamente presentata, che comprendeva diagrammi computerizzati e metodiche descrizioni di lavori", mentre nel 1987, in un documento che ne illustrava l'organizzazione, "v'erano rappresentate "ottanta funzioni o uffici raggruppati in sette direzioni distinte: informazione pubblica, finanze e amministrazione, servizi per gli utenti, educazione, servizi legali, programma d'informazione per i mezzi di comunicazione, sviluppo..." Questo era anche il motivo per il quale Kramer, quando decise di tornare sul campo di battaglia fondando ACT UP!...stabilì di mantenere l'apparato burocratico al più basso livello possibile.

Popham voleva che la GMHC organizzasse una rete di servizi sociali (ed entro certi limiti, anche medici) per i gay, una sorta di struttura interna, parallela, alla società. Kramer pensava che questo duplicato fosse non solo inutile, ma alla fine addirittura dannoso alla stessa comunità gay, che in tal modo finiva per ghettizzarsi sempre di più. Per lui, la GMHC doveva premere sul Comune di New York affinchè fosse la pubblica amministrazione a fornire i dovuti servizi a tutti i cittadini. Alla luce degli avvenimenti successivi è facile notare come GMHC, una volta ottenuti i soldi necessari per mandare avanti il proprio macroscopico apparato, si sia sempre dichiarata soddisfatta infischiandosene di tutto il resto, mentre la posizione "rivoluzionaria" di ACT UP!".. diventa più comprensibile. I militanti della "Coalizione AIDS per sprigionare energia" punzecchiavano le istituzioni per spingerle a fare il proprio dovere, per finanziare le ricerche, per accelerare i tempi di sperimentazione dei farmaci, per rendere le cure disponibili a tutti coloro che ne avessero bisogno, per rimuovere lo stigma sociale attaccato a certe malattie o le norme giuridiche discriminanti. Ma mentre negli Stati Uniti la presenza dialettica di queste due posizioni ha contribuito, in ogni caso, a un avanzamento di tutto il discorso anche sociale sulla sindrome da immunodeficienza, nel nostro Paese il problema è aggravato dal fatto che non è mai esistita una struttura ( o un'ideologia) anche lontanamente paragonabile ad ACT UP! Questo è il vero dramma che siamo costretti a sopportare.

Massimo Consoli


da: Libro Italiano dell'Aids - Mc Graw-Hill 1994