DARK ROOM

                                                              WORK IN PROGRESS


                                                                         1977

MARIO MIELI A VENT'ANNI - Ritratto di David Hill

IL SISTEMA PUO’ANCHE VENIRE INCONTRO AI “DIVERSI”: “ SE RIGATE DRITTI E ACCETTATE DI VIVERE LA VOSTRA PERVERSIONE AL CHIUSO DI QUEI PICCOLI GHETTI CHE POSSIAMO CONTROLLARE E REGOLAMENTARE, VI PROTEGGEREMO NOI STESSI. CHI VA A BATTERE NEI PARCHI E NEI GABINETTI PUBBLICI CERCA GUAI: STATEVENE A CASA! O MEGLIO, VENITE AL SUPER COCK INTERNATIONAL PRIVACY CLUB: TROVERETE ANCHE IL RISTORANTE, LO SPOGLIARELLO, I FILMINI PORNO, IL CESSO PSICHEDELICO E, FORSE, L’USCITA ANTINCENDIO”

 

MARIO MIELI  da Elementi di Critica Omosessuale Einaudi  1977 ( pag 157)





                                                                             1991

  


                   L’EVOLUZIONE DEI LUOGHI D’INCONTRO
 
tratto da FIGLI DIVERSI di  Paola e Giovanni Dall'Orto

 

I luoghi di “battuage” per gay hanno la tendenza a variare con l’evolversi della società. Fino a quando l’omosessualità era perseguitata, i gay si incontravano nei luoghi pubblici dove era facile inventare una scusa sul motivo per cui si trovavano lì (le donne lesbiche non avevano quasi nessun luogo di incontro). Dunque parchi e giardini, aree abbandonate, ma anche vespasiani, stazioni ferroviarie, cinema, piazzole d’autostrada e qualsiasi altro luogo in cui si potesse dire : “Passavo per caso: con “quelli” io non c’entro”.

Con il diminuire della repressione sociale, si è iniziato (vent’anni fa) ad aprire locali destinati a una clientela omosessuale che a volte sono “misti” (gay e lesbiche si mescolano agli eterosessuali e non la fanno da “padroni di casa”), a volte per soli omosessuali (gay e lesbiche assieme), più spesso si rivolgono alla sola clientela gay o alla sola clientela lesbica ( nei primi non possono entrare le donne, nei secondi gli uomini). Si tratta in primo luogo di discoteche, poi di bar e più di recente di saune (queste ultime solo per gli uomini). Questi locali in Italia sono concentrati nell’area che va fino a Roma. A sud di Roma non esisteva nel momento in cui scrivevo queste righe neppure un locale omosessuale.

Esiste una specie di moda, o se vogliamo un’evoluzione nei luoghi di” battuage”. Parchi, giardini, cinema e vespasiani erano i luoghi d’incontro dei gay italiani fino agli anni Sessanta: oggi lo sono ancora nelle zone in cui non esistono locali. Gli anni Settanta sono stati il regno incontrastato della discoteca gay, accompagnata dai parchi e giardini. Alcune discoteche hanno aperto una dark room, cioè una stanza buia nella quale i clienti consumavano il sesso “sul posto”.

Gli anni Ottanta hanno visto consolidarsi il regno della discoteca gay, a cui si sono affiancate nella seconda metà  del decennio le saune. In alcune esistono camerini nei quali i clienti si possono appartare con l’ultima conquista.

Gli anni Novanta promettono invece una “maturazione” del mercato gay nel senso di una minore enfasi sul mercato del sesso, e una maggiore offerta di servizi per la socializzazione e l’incontro. Quello lesbico promette invece una minore reticenza nel proporre locali esplicitamente “per lesbiche”.

Il fatto che una percentuale sempre crescente di omosessuali abbia scelto la vita di coppia implica che diminuisca gradatamente il bisogno di luoghi di consumo di sesso ( per lo meno: al Nord) e cresca invece quello di luoghi dove stare in pace con i propri amici e le proprie amiche omosessuali (bar, ristoranti) di servizi (negozi, agenzie di viaggio..) o realtà che permettano di soddisfare esigenze culturali e politiche (biblioteche, centri gay).

Un’ultima novità degli anni Novanta è che i servizi NON mirati al consumo di sesso tendono ad essere più” misti”, cioè per lesbiche e gay. (pagg. 77-78)

 

ATTENTI AL LUPO

 

Adesso che ho detto sul mondo omosessuale quanto potevo dire in poche righe, mi sia consentito aggiungere per i ragazzi un consiglio nato dall’esperienza mia e dei miei amici.

NON CERCARE IL GRANDE AMORE DELLA TUA VITA NELLA DARK ROOM DI  UNA DISCOTECA O NEL CAMERINO DI UNA SAUNA.

Anche se tutti coloro che vanno in certi locali affermano di cercare il “principe azzurro”, si tratta solo di un pretesto. Non si va in un posto noto per la facilità di incontri sessuali per cercare una relazione seria e duratura: si va per divertirsi “senza complicazioni”. E una relazione qui è considerata una “complicazione” Magari il ragazzo che incontrerai ti dirà che sta cercando il “principe azzurro”, ed è vero. Il problema è che il ragazzo che cerca lui (bello, colto, intelligente, ricco eccetera) non esiste, e non puoi quindi essere tu. Ha scelto apposta un ideale irraggiungibile per dare la colpa agli altri se non trova mai l’anima gemella.

Il fatto che succeda che qualcuno trovi davvero il “grande amore” (non il partner di una sera) in sauna o in discoteca, implica solo che tra i frequentatori c’erano due persone che cercavano la “storia seria”e che ora che si sono trovati non ci saranno più. Esiste insomma una selezione naturale per cui, man mano che chi cerca la coppia la trova, nei luoghi di “battuage”, resta soprattutto chi la coppia NON la cerca. Sappilo e non farti illusioni.

Il miglior partner fisso sarà quello che incontrerai in una situazione in cui potrai prima parlargli e conoscerlo, e solo dopo farci l’amore: può essere ad una festa, a casa di comuni amici, nella tua scuola, al lavoro.. Tutte le coppie durature che conosco si sono incontrate così. Innamorarsi sulla base di un’infatuazione sessuale non porta a relazioni durature. Un rapporto di coppia può reggersi sull’attrattiva sessuale al massimo per tre mesi. Passati i quali, o trova motivi nuovi e più profondi per andare avanti, oppure si scioglie. Per questo sono ovviamente più durature le coppie formate da persone che hanno provato attrazione dopo aver parlato assieme, ed avere scoperto una “affinità” mentale, oltre che un’attrazione fisica. (pagg. 85-86)

 

                                   W LA WHITE ROOM

 LETTERA

Il problema del contagio venereo è senza dubbio oggi la questione n.1. per i gay. Le malattie sessualmente trasmesse e l’Aids sono al centro dell’attenzione dei media, che informano più o meno capillarmente tutte le fasce sociali. Praticamente tutti sanno dei pericoli che corrono avendo rapporti promiscui senza profilattico. Il mio sdegno è quindi enorme quando vedo ragazzi che continuano ad avere incontri nella camera buia delle discoteche, contribuendo così al propagarsi delle malattie. Insomma, vogliamo finalmente maturare una coscienza? Vogliamo gettare via la “timidezza” e conoscerci tra di noi alla luce, senza nasconderci negli antroni dark e puzzolenti?

Anche perché molto spesso in tali situazioni non ci si scambia nemmeno una parola o un sorriso, e tutto inizia e si conclude lì dentro. Siamo realmente “addomesticati” ad un tale livello di alienazione? E dei decibel e del fumo che ne vogliamo fare? Musica giusta e ricambio d’aria o tortura sonora più camera a gas? Tra qualche anno ci ritroveremo tutti bronchitici cronici, sordi e contagiati? Vogliamo iniziare noi gay a far qualcosa in questo senso?

Richard DOC  - Rivazzurra (FO)

BABILONIA OTTOBRE 1991



                                                1993



LA CITTA’NASCOSTA. PRESENTATA LA MAPPA DI STAZIONI E PARCHI A RISCHIO

Tutti i luoghi dei gay

 

Le comunità omosessuali si appellano al futuro sindaco

 

Sarebbe bello se due uomini si potessero baciare in mezzo a piazza Navona. Sarebbe bello ma non si può. Non si può perché un vero bacio in pubblico tra due uomini scatenerebbe una rivolta popolare. Così bisogna cercare altri posti appartati per incontrarsi:ma molti di questi luoghi sono pericolosi, anche molto pericolosi”. E’ realista Pino Anastasi, perché Roma non è San Francisco: lui, che è il presidente di un’istituzione serissima come il circolo di cultura omosessuale “Mario Mieli”, è costretto anche a nascondersi, a strisciare lungo i muri per entrare nella sede del suo gruppo in via Ostiense 202. “Se fosse per noi, spiega Anastasi, apriremmo una porta secondaria per non passare più nel cortile sotto gli occhi ostili dei condomini”. E’ un giorno particolare in via Ostiense 202. Di solito qui sfilano in silenzio ragazzi e uomini in cerca di conforto psicologico e di assistenza. L’Aids è il nemico numero uno da combattere . Ma c’è anche la guerra contro la solitudine, l’emarginazione, la violenza. Così quando arrivano i cronisti, le telecamere e infine il candidato sindaco Francesco Rutelli, nei locali del “Mario Mieli”, ristrutturati solo a metà, si respira un’aria di festa, quasi di riscossa. “Gli omosessuali, taglia corto Anastasi davanti all’aspirante sindaco, non chiedono privilegi: vogliono solo essere trattati come tutti i cittadini romani”. Sì, come tutti i cittadini romani: ma Roma non è San Francisco. E per  la comunità omosessuale romana le urgenze sono soprattutto altre. Così si fa avanti Domenico D’Antuono, della “Omo edizioni”, che tira fuori il suo vademecum fresco di stampa: “La pianta Gay Lesbica di Roma”, una specie di abbecedario per conoscere i segreti, i pericoli dell’altra città. La guida è seria ma nasconde tutte le contraddizioni e le angosce che popolano il mondo dei gay. Da una parte la “Pianta” offre gli indirizzi dei servizi sanitari per la prevenzione e la cura dell’Aids e dall’altra elenca ben 20 luoghi all’aperto dove si può conquistare, forse non solo a pagamento un incontro ravvicinato con un partner sconosciuto, occasionale. E anche nella sezione denominata “All’aperto” la linea editoriale è schizofrenica: accanto agli avvertimenti (“questo luogo è molto pericoloso”) ci sono le indicazioni (addirittura le linee dei bus e del metro) per raggiungere parchi e stazioni off limits di notte. La trasgressione comporta i suoi rischi. Gli omosessuali romani lo sanno bene: soprattutto adesso che le cronache più recenti hanno raccontato gli omicidi di ben sette gay, vittime di ragazzi di vita pronti a uccidere per molto poco. Ecco allora che la “Pianta” cataloga come “abbastanza pericolosi” i giardinetti del Colle Oppio “frequentati da extracomunitari”. Nessun avvertimento per il Quadrato della Concordia, all’Eur, definito”punto di abbordo e di azione in luogo”. Il più classico dei ritrovi gay all’aperto, Monte Caprino alle spalle del Campidoglio, è “molto pericoloso” anche se “è frequentato di giorno e molto affollato d’estate dopo l’orario di discoteca”. Valle Gulia: “Un po’ di prostituzione, è bene accordarsi prima. Pericoloso”. Villa Borghese: “Gay nei giardini di piazza Paolina Borghese, prostituzione negli altri posti, pericoloso”anche se frequentatissimo di notte”. Nessun avvertimento particolare per i bagni pubblici di piazza Indipendenza e per quelli della stazione Ostiense. Molto pericolosi, secondo le indicazioni della “Pianta”, sono gli incontri “tra i chioschi del mercato di Piazza Vittorio: occasionali, gay, travestiti”. Più tranquillo, alla Piramide, il marciapiede che costeggia il Cimitero inglese: “travestiti”. Alla stazione Termini, bagni pubblici, binari 1 e 22: “Fare molta attenzione per la varietà di persone e situazioni”. Ferrovie Roma Nord, piazzale Flaminio: “Tutto il giorno, frequentatori e occasionali”. Anche la stazione Tiburtina è poco raccomandabile: Alla Galleria Esedra, invece, gli incontri avvengono davanti al cinema a luci rosse”. Poi ci sono le periferie. Anche qui la “Pianta Gay di Roma” è molto  dettagliata. La voce “Via dei Monti Tiburtini, all’altezza dell’ospedale Sandro Pertini” specifica: nessuna pericolosità del luogo, “campagna non coltivata”, anche se bisogna parcheggiare l’automobile per poi inoltrarsi nei prati”. Stesso discorso per il Raccordo anulare: “Parcheggio tra le uscite 10 e 11, corsia interna, occasionali e camionisti”: La Roma dei gay è anche questo: sono forse 300 mila. La popolazione di una città.

Martirano Dino

9 ottobre 1993 Corriere della Sera


Sesto, cartoline erotiche alla polizia per denunciare la discoteca dei gay
 

 

7 denunce a piede libero per atti osceni in luogo aperto al pubblico: questo il risultato dell’ispezione della polizia alla discoteca “One Way” di Sesto San Giovanni, sollecitato da alcune cartoline anonime.


 


E’ finita con sette denunce a piede libero la “visita” della polizia alla discoteca “One Way” di Sesto San Giovanni. Il gestore del locale e sei clienti, tutti omosessuali, sono stati accusati di atti osceni in luogo aperto al pubblico per essere stati sorpresi dagli agenti, lo scorso sabato notte, mentre si concedevano “libertà” sessuali in presenza degli altri avventori. La discoteca “One Way”, è un preciso locale noto come ritrovo di omosessuali. La polizia ha deciso di ispezionarlo dopo aver ricevuto una mezza dozzina di cartoline corredate da disegni erotici con le quali un anonimo denunciava, con dovizia di particolari, l’attività sessuale di molti clienti. Una di quelle cartoline è stata spedita anche in Comune a Sesto e adesso, come tutte le altre, è allegata alla documentazione del fascicolo che il commissario ha inviato al pubblico ministero della Procura Circondariale , Orazio Muscato.


15 ottobre 1993 – Corriere della Sera


ONE WAY


LETTERE   (BABILONIA  NOV.1993)


Cara Babilonia,


vorrei informarvi di un episodio increscioso accaduto l’8 ottobre nelle prime ore del mattino nella discoteca “One Way” di Sesto S.Giovanni.

Erano circa le ore 1.20, quando improvvisamente si sono accese le luci all’interno del locale e quasi contemporaneamente sono entrati alcuni poliziotti muniti di torce elettriche che hanno puntato verso una zona appartata della discoteca, isolando piccoli gruppi di persone e chiedendo loro di mostrare i documenti.

Dopo circa un quarto d’ora, alcune delle persone fermate sono state fatte sfilare all’esterno del locale, dove i poliziotti, per quanto potessi capire, hanno proceduto a compilare nei loro confronti un verbale di denuncia per atti osceni in luogo pubblico.

E’ difficile descrivere lo stato psicologico in cui si trovavano questi ragazzi: uno di loro implorava, piangendo, di non essere denunciato.
Io sono stato l’unico, purtroppo, che si sia sentito in dovere di uscire e, in qualche modo, di mostrare la mia disapprovazione riguardo all’accaduto.
Incredibile, in tal senso, l’atteggiamento del disc-jockey che, a incursione avvenuta, ha invitato tutti i presenti a riprendere “le danze”, affermando che per il One Way i problemi erano uguali a zero.


Vorrei concludere, sottolineando che in tutta questa faccenda, ciò che più mi ha sconcertato è stato l’atteggiamento di totale indifferenza delle centinaia di presenti, che non si sono sentiti neppure in dovere di informarsi su ciò che sarebbe successo a quei poveri improvvisamente “emarginati”.

Mi chiedo anche come mai l’attenzione delle forze dell’ordine si sia improvvisamente focalizzata su locali frequentati da gay, dopo anni di apparente disinteresse?
Romano Canevari  -Pavia

Babilonia ritornerà sulle questioni poste dalla lettera: in particolare sull’atteggiamento delle forze dell’ordine, dei gestori di locali gay e dei gay stessi, nel prossimo numero. Tutti coloro che vogliono intervenire possono telefonarci direttamente in redazione. Vi comunichiamo che l’arcigay di Milano (02-8394604) sta cercando testimonianze dirette sul fatto per organizzare la difesa degli inquisiti.

 
                                                                           1994


Anche da noi il matrimonio tra "omo" sarà legale

IO VI DICHIARO MARITO E MARITO

A Roma un registro per le unioni civili. E poi case popolari, tutela sul lavoro, adozione di figli..I gay stanno conquistanto parità di diritti. Anche grazie al Parlamento Europeo.

di Claudio Lazzaro

Via Ostiense 202, Roma. Pochi chilometri dal cupolone di San Pietro. E' qui, nella città del Papa, che si sta compiendo la rivoluzione gay. In questi uffici adibiti da tempo a consultorio per l'aids lavora Vanni Piccolo, preside della scuola media "Camilla Ravera", nella borgata Castelverde, nonché delegato comunale per le questioni omosessuali. Grazie all'impegno del professor Piccolo e del sindaco Francesco Rutelli, presto i gay a Roma potranno sposarsi. O, meglio, il Comune riconocerà nello stato civile le loro convivenze, in un apposito registro che solo due comuni d'Italia, finore, avevano avuto il coraggio di creare: Cogoleto (provincia di Genova) ed Empoli (provincia di Firenze). "Sì, è una rivoluzione nel costume" ammette soddisfatto il preside Piccolo. E racconta "A Rutelli avevamo chiesto un incontro durante la campagna elettorale. Lui ci mostrò subito molto interesse, molta disponibilità. Ma il bello è che adesso sta mantenendo le promesse!".

Ma la carica esplosiva della decisione di Rutelli va ben oltre la capitale. Sì perchè galvanizzati dalla vittoria romana, gli esponenti omosessuali hanno capito che è il momento di chiedere di più a livello nazionale, soprattutto in vista delle elezioni del 27 marzo. Sichhé Franco Grillini, il leader dell'Arcigay, ha indirizzato a tutti gli esponentidel tavolo progressista un pacchetto di richieste da trasformare in legge, come il riconoscimento formale dei matrimoni civili, e un considerevole aumento dei fondi per la lotta all'aids. Finora, impegnati nelle difficili trattative pre-elettorali, le sinistre non hanno dato risposta, ma la comunità omosessuale italiana è in ottimistica attesa: come in America, ormai costituisce una lobby che può donare o negare voti decisivi ai candidati nei collegi uninominali. Da Roma all'Italia, dall'Italia all'Europa: la battaglia dei gay sembra in questi giorni vincente anche al Parlamento di Strasburgo, che ha appena approvato una risoluzione per far gradualmente sparire, in tutti gli Stai della Ue, ogni distinzione di fronte alla legge fondata sull'orientamento sessuale. Il che, tradotto, significa: tutti i Paesi europei dovranno con tempo riconoscere alle coppie gay la possibilità di sposarsi, adottare bambini, e godere di tutti i diritti delle famiglie normali.

Una votazione, quella di Strasburgo, che ha visto la dura opposizione del gruppo democristiano e che ha fatto felici gli attivisti del movimento gay: " E' perfino più di quanto speravamo", commenta il consigliere comunale milanese Paolo Hutter, decano delle battaglie omosessuali (ha celebrato, tra l'altro, un matrimonio "multiplo" tra dieci coppie "gay"in Piazza Scala).

"In pratica il Parlamento europeo ha stabilito che una coppia gay debba essere equiparata in tutto e per tutto a una coppia etero". Indipendente nelle liste del Pds, Hutter fa capire che si batterà perchè l'Italia sia il primo Paese a recepire la risoluzione approvata a Strasburgo. Insomma, la seconda metà degli anni Novanta vedrà il processo di emancipazione gay passare dai cortei ai riconoscimenti formali, dal folclore alle proposte di legge. E la Seconda Repubblica italiana potrebbe diventare, se vinceranno le sinistre, il laboratorio di questa piccola rivoluzione libertaria.

"Ma una volta raggiunti i nostri obiettivi, frena Vanni Piccolo, la situazione non cambierà, se non riusciremo a trovare il coraggio di uscire alla luce del sole. Se ti presenti per quello che sei, in modo chiaro, la gente è disarmata. E' questo l'unico modo per togliere alla società il piacere di stanarti, il gusto sadico della caccia al diverso". Giovanni Dall'Orto, autore di Manuale per coppie diverse, appena pubblicato dagli Editori Riuniti, sostiene che in Italia ancora oggi, nonostante la tutela sindacale, molti omosessuali vengono licenziati soltanto perchè tali. "Il datore di lavoro non deve nemmeno cacciarli", spiega Dall'Orto, "altrimenti il pretore li reintegrerebbe". Per liberarsi di un lavoratore omosessuale basta ricattarlo. Se non te ne vai, io faccio circolare in tutto il paese la voce che sei un frocio. Ed è fatta". Ma è proprio nel campo sindacale che gli omosessuali italiani hanno dissotterrato l'ascia di guerra. Massimo Mariotti, giovane bancario milanese, responsabile delle politiche omosessuali per la Cgil, ha suscitato scalpore rivendicando il diritto alla luna di miele gay, "Io non ho fatto altro ch chiedere l'estensione del congedo matrimoniale alle coppie, di qualsiasi genere, che decidono di affrontare la convivenza", spiega Mariotti. "Si tratta di riconoscere alle famiglie di fatto, etero o gay, tutte le agevolazioni previste dai contratti di lavoro". Mariotti è riuscito a inserire queto punto nelle piattaforme nazionali di ben quattro contratti: credito, assicurazioni, metalmeccanici e chimici. Ma è ancora più orgoglioso di essere riuscito a far discutere sindacati e datori di lavoro su un altro punto fondamentale. "Vogliamo estendere ai gay la legge sulle pari opportunità tra uomini e donne, soprattutto dove stabilisce che dev'essere il datore di lavoro a dimostrare che non c'è stata discriminazione sessuale". Questo principio, cioè l'inversione dell'onere di prova, è nato per garantire le lavoratrici che in fabbrica, dopo aver subito una discrimninazione sessuale, non riuscivano a trovare chi testimoniasse in loro favore. Ma è giusto mettere un maschio omosessuale sullo stesso piano di una donna, in materia di molestie sessuali e discriminazioni? Sì, secondo una sentenza su cui la Corte costituzionale è stata chiamata a deliberare. A Milano, nella toilette di una pizzeria, due giovani agenti di polizia hanno raggiunto, al termine di un pedinamento, un grazioso omosessuale. Poi hanno bloccato la porta, lo hanno obbligato ad una duplice fellatio e hanno tentato, senza riuscirci, di sodomizzarlo. Ricoverato in ospedale il malcapitato ha trovato il coraggio di sporgere denuncia. Ora la Corte deve decidere se l'articolo 523 del Codice Penale (atto a fine di libidine) sia applicabile anche quando è un uomo a subire la violenza.

La violenza contro gli omosessuali è diffusissima e sommersa, dice Davide Barba, docente di filosofia del diritto all'Università di Napoli che, assieme a un gruppo di giuristi napoletani, ha scritto un Manuale di Autodifesa pubblicato dall'Arci, "Sono violenze che non vengono denunciate, per paura di esporsi come omosessuale. Dichiararsi qui a Napoli, può volere dire perdere anche l'ulitmo straccio di lavoro". E il professor Barba racconta di un ragazzo, un lavapiatti abusivo, che pochi giorni fa è stato licenziato: "Perchè se poi ti tagli, ci contagi con l'Aids tutti quanti, gli hanno detto".

Eppure anche a Napoli il vento sta cambiando due settimane fa il Consiglio comunale ha approvato con la sola astensione del Movimento Sociale, l'istituzione di un osservatorio sulle violenze a sfondo razzista e sessuale, che verrà utilizzato anche dagli omosessuali. Un altro colpo di piccone al vecchio muro, Come gli ordini del giorno con cui i Comuni di Bologna, Milano e Genova hanno interpretato la legge sull'assegnazione delle case popolari, estendendo il diritto alle coppie omosessuali. Un diritto più formale che sostanziale dal momento che i punteggi favoriscono le famiglie numerose, ma che ha scatenato la bagarre negli ambienti della destra clericale. Per non parlare delal Lega Nord celodurista che, nel dibattito al Comune di Milano, accecata dall'odio per i gay, non si è accorta che alla fine, nell'assegnazione dei punteggi, ha vinto lo straniero (15 punti se sei un extracomunitario, soltanto 5 se sei un milanese).

A le obiezioni alle nuove conquiste degli omosessuali sul piano dei diritti civili non vengono soltanto da ambienti retrivi. Il sociologo Sabino Acquaviva ha recentemente criticato la rivoluzionaria direttiva del Parlamento Europeo sostenendo che un bambino adottato da una famiglia gay non avrebbe, sul piano psicologico e sociale, le stesse opportunità di un bambino allevato in una famiglia classica. Gli mancherebbe il modello "maschio-più-femmina" e verrebbe traumatizzato a scuola dagli schermi degli altri bambini. A proposito della possibilità rivendicata da donne singole, a volte lesbiche, di crescere un bambino, altri hanno fatto notare che in America la causa principale di violenza è proprio la famiglia disgregata, in cui un genitore, quasi sempre la madre separata , si trova da solo ad allevare i figli. Argomentazioni che vengono smontate da Brett Shapiro, giornalista americano residente a Roma, autore di un libro sulla storia del suo amore col giornalista Giovanni Forti, L'intruso, pubblicato lo scorso settembre da Feltrinelli. Shapiro cinque anni fa in Texas, puer essendo singolo e gay, ha potuto adottare un bambino mezzosangue. Shapiro ora vive con un nuovo compagno che, a sua volta, ha in adozione un figlio oramai quindicenne. Una famiglia che sembra la perfetta attuazione della "scandalosa" direttiva della Ue.



Rimane aperta la domanda: è realistica la prospettiva aperta dal Sindaco di Roma e dal Parlamento europeo? I gay sapranno rinunciare alle abitudini pericolose (come il sesso con sconosciuti, indiscriminato e suicida, nelle dark room), per trasformarsi in buone madri e padri di famiglia?

Giovanni Dall'Orto, che vive da dodici anni felicemente con lo stesso compagno, è sicuro di sì: "Gli omosessuali vanno contro corrente. Proprio nel momento in cui la vecchia famiglia classica eterosessuale si avvita e precipita, noi convergiamo verso la famiglia nuova, più solida quanto più aperta e variegata".

Qualche riserva giunge invece dal campo lesbico: "Come donna, quando sento parlare di famiglia mi spavento", dice Deborah Di Cave, vice presidente del circolo culturale Mario Mieli di Roma, "Credo che dovremmo rimettere in discussione il concetto di famiglia basato su due persone che si amano. Non c'è bisogno del vincolo sentimentale perchè due individui, alleati nella vita, chiedano il diritto a ereditare e alla reversibilità della pensione, agli alimenti, all'assegnazione di una casa". La tesi futuribile espressa da Deborah Di Cave complica ulteriormente il quadro della situazone e ripropone l'interrogativo che Claire Bretecher, la gratificante disegnatrice satirica francese, metteva in bocca a uno dei suoi personaggi:" L'uomo nuovo sarà un omosessuale convertito, o una lesbica mancata?".

Europeo 23 febbraio 1994

                                                                                   1995


PATRIZIA PELLEGRINO TELEFONA A TELEREGIONE ( DURANTE LA TRASMISSIONE DI STEFANO CAMPAGNA) IL 6.2.1995 PER PRONUNCIARSI CONTRO LE DARK ROOM

 

ANCHE CARLA FRACCI PARLERA’ MALE DELLE DARK ROOMS  RICORDANDO IN UN’INTERVISTA IL SUO CARO AMICO  RUDOLF NUREYEV , ASSIDUO FREQUENTATORE DI QUESTI LOCALI.



IL TEMPO 23 FEBBRAIO 1995

ARTICOLO

LETTERA A RUTELLI

MONTE CAPRINO una vergogna

Con una lettera indirizzata al sindaco Rutelli i consiglieri del gruppo di Alleanza Nazionale della X circoscrizione, denunciano la vergognosa situazione in cui è venuto a trovarsi il parco di Monte Caprino da quando è meta di coppie di gay che, incuranti della presenza di mamme e bambini, si esibiscono liberamente in atti sessuali. Gli autori della protesta lamentano che in un luogo così frequentato, acneh per la sua collocazione strategica a ridosso del Campidoglio che ne fa una delle mete preferite dai turisti, la sorveglianza sia del tutto inadeguata e sollecitano un intervento immediato che consenta di porre fine ad uno spettacolo vergognoso punibile a norma di legge, con l'articolo relativo agli atti osceni in pubblico.



         DAVID LEAVITT  BABILONIA MAGGIO 1995


Nel lavoro, che cosa ha significato per te essere gay?

Mi ha aiutato moltissimo. Credo che abbia ragione quel romanziere americano che in un saggio ha sostenuto che nella tradizione anglosassone il romanzo è un regno delle donne e dei gay. Sai, il pubblico gay legge molto, poi il tema è in generale interessante e apre ampie problematiche.

Purtroppo, molti lettori etero pensano che se uno scrittore è gay non fa per loro, dato che loro non lo sono.

Un problema a parte è rappresentato dal rapporto con il movimento gay. A volte si pretende che l’autore gay scriva in funzione degli obiettivi del movimento.

Esiste una cultura gay?

Adesso sì, certamente

Ti senti parte di questa cultura?

Sì, abbastanza, anche se credo che gli scrittori, gli artisti in genere, ,devono essere un po’ autonomi dai movimenti. Per me comunque l senso di appartenenza, di identificazione con la comunità gay, ha un ruolo molto importante nella vita. Anche se  su alcuni concetti comincio a nutrire dubbi: non sono più sicuro per esempio che l’identità omosessuale sia una cosa sempre uguale, storicamente o geograficamente. Trovo l’omosessualità americana molto diversa da quella italiana. Lo stile è molto diverso: quella italiana è molto più fluida, meno precisa, meno ossessiva sulla questione dell’identità: è sicuramente più esperienziale.

Quali sono le differenze fra l’Italia e l’America?

Credo che in passato le differenze fossero enormi, forse adesso lo sono un po’ meno. Adesso tutto il mondo è più piccolo, c’è un tipo di sottocultura gay mondiale: puoi andare al bar Crisco o Tabasco a Firenze ed è esattamente come uno di Amsterdam, di New York, di Los Angeles e forse uno di Tokyo….

 

Tu hai detto: “Chi tocca il corpo, per quanto fugacemente, tocca anche l’anima”. Ce lo spieghi?

Secondo me, l’idea del sesso impersonale è un mito, è un alibi per giustificarci: non è possibile avere un incontro intimo con un altro senza sentire qualcosa.

Rispetto a questo problema la situazione in Italia è emblematica: tutte le dark-room, dei bar o degli altri ritrovi gay, sono scurissime, non si vede niente. Questo buio è proprio un espediente per giustificare l’idea di un incontro solo fisico, senza implicazioni sentimentali e senza implicazioni personali. Questo è impossibile, almeno per me…che poi non sono neanche un habitué delle dark room.

 



                                   1996



“AMORI, AMORI NASCOSTI

NATI SBAGLIATI, DIVERSI

AMORI RIFUGIATI IN QUEI LOCALI

DOVE QUALCUNO LI HA  RINCHIUSI DENTRO”

 

(GERARDINO TROVATO)

 

Tratto dalla canzone Amori Amori di Gerardina Trovato uscita nel 1996

 





L’ULTIMA DARK ROOM                

di Ezio Menzione

 

 

Si discute molto, in Italia, su quali siano i diritti e i doveri dei sieropositivi, se debbano essere sottoposti a controlli obbligatori, se vadano loro imposte norme di comportamento e quali. In genere, la discussione verte più sui doveri e sui controlli che non sui diritti. Per di più, qui da noi, essa assume spesso i toni della predica moraleggiante e, soprattutto, sembra avvenire nel vuoto, mentre lo Stato latita sul fronte della prevenzione, dell’educazione e su quello di un’assistenza non puramente medica a chi ha ormai sviluppato la malattia. E’dunque interessante andare a vedere come stiano le cose in un paese in cui sul fronte di assistenza, prevenzione e riconoscimento dei diritti del sieropositivo da molti anni si stanno facendo cose egregie. Ancor più interessante è stato però scoprire che anche lì la discussione su questi problemi è più viva che mai.

Mi trovo a parlare di sieropositività e di lotta all’Aids nella comunità gay con Steffan Hallin, responsabile del settore per l’organizzazione gay svedese Rfsl. Siamo negli accoglienti uffici della Huset (la  “casa”), come si chiama il Centro gay di Stoccolma (due interi piani in pieno centro: al pian terreno una libreria, tre bar, un ristorante, una discoteca; sopra, gli uffici nazionali e quelli del gruppo cittadino), un indirizzo (Sveavagen 57; tel 08/7360215) che qualunque gay svedese o straniero che capiti a Stoccolma conosce.

Anche in Svezia l’epidemia ha colpito e colpisce duramente: 4200 casi d’infezione, dall’inizio; di questi, 1600 sono evoluti in aids. Di queste cifre il 50% riguarda omosessuali maschi. E il tasso di infezioni sembra essersi stabilizzato: due nuovi gay a settimana entrano nel numero dei sieropositivi e non si riesce a far abbassare questa quota. Eppure, come è facile immaginare, le campagne educative da anni sono svolte a tappeto in Svezia: Tv, radio, scuole, manifesti, distribuzione di opuscoli e preservativi, parole chiare e crude. Non solo, ma già nel 1986, quando la nuova malattia faceva molto più notizia di ora, vennero chiuse saune e darkroom, luoghi considerati a rischio. “Fu un grosso errore – mi dice Steffan – allora ci opponemmo solo noi gay, ma il governo voleva dimostrare che qualcosa faceva. Oggi cominciano ad accorgersi anche altri che non fu una scelta opportuna. E’ vero: saune e darkroom aumentano le occasioni di incontri a rischio, ma chi andava in sauna o in un locale con darkroom ci andava già predisposto psicologicamente e materialmente a proteggersi e a chiedere e imporre la protezione al partner occasionale. Per noi era più facile intervenire.

Oggi si hanno gli stessi rapporti nei parchi e fra i cespugli o nelle toillettes e per noi è molto più difficile intervenire sul fatto. Perché il problema, affinché l’intervento sia più efficace, è proporre il nostro discorso e i nostri mezzi (i preservativi) nel momento più vicino a quello del rapporto”.

Per “avvicinarsi al momento del rapporto”, sono state create squadre di distribuzione di preservativi che battono i parchi e, con un sorriso discreto, forniscono i condom con la frase, “divertiti pure”, ma mettitelo”. Sono state persino installate sul tronco deli alberi delle scatole di legno, come casette per uccellini, da cui esce un cazzetto di legno e che vengono quotidianamente riempite di preservativi. “Eppure l’infezione fra i gay rimane stabile” ribadisce Steffan. “Certamente influisce la  bassa identità di sé che la comunità gay, ma il dato saliente è che i nuovi sieropositivi siano quasi esclusivamente nella fascia di età fra i 25 e i 40 anni: anni in cui l’identità gay in genere è ben formata e stabile”.

I dati svedesi sembrano dunque confermarne altri, seppure un po’più contraddittori, che vengono dagli Stati Uniti e che la nostra stessa esperienza pratica in Italia purtroppo corrobora: si infettano sempre più, statisticamente, non i gay giovanissimi, ma i gay oramai maturi. Certo, una spiegazione potrebbe essere di tipo pratico, connessa al fatto che il giovanissimo sta ancora in famiglia e dunque ha meno rapporti promiscui, mentre varcata una certa età si è più autonomi e quindi si moltiplicano le occasioni di contatti. Ma non pare una spiegazione né esaustiva né soddisfacente. Ci deve entrare, in qualche modo, anche il fatto che il gay trentenne, certamente al corrente oramai di Aids e di prevenzione, pur tuttavia, consciamente o incosciamente, decide di voler correre dei rischi.

Che fare, dunque, se la campagna educativa viene fatta, la prevenzione si cerca di farla, ma le cifre non rincuorano affatto? “Occorre partire dal dato che il sesso viene praticato, comunque, e non servono a niente i divieti e gli anatemi. E vien fatto anche sesso non-sicuro. Per questo abbiamo iniziato a lavorare specificatamente sui gay non più giovani con dibattiti, conferenze, stage: corsi sul battuage, come battere, come fare sesso all’interno di una relazione gay. E’ di questo che bisogna parlare oggi, del sesso non-sicuro”.

Divieti: la libera e liberale Svezia proprio in tema di sieropositività conosce leggi che definire di dubbia legittimità e scarsa opportunità sembra ancor poco. Abbiamo già detto della chiusura delle saune, dark-room eccetera. Quanto al test Hiv, naturalmente sono anonimi e gratuiti; ma se risulti positivo sei “obbligato” a dare il nome ( se non lo dai, niente assistenza pubblica). A questo punto entrano in vigore norme per noi un po’ sconcertanti. Il sieropositivo viene “affidato” a un’equipe di medico-infermiere-assistente sociale che gli dettano alcune regole ( a cominciare dal divieto di donare il sangue e organi; poi, dirlo al partner; fino  ad altre come divieto di frequentare certi luoghi o certi locali). Se il medico ha notizia che il sieropositivo non si attenga alle regole dettate, o anche se solo lo sospetta fondatamente (se, per esempio, gli ricompare dinanzi con una malattia  a trasmissione sessuale) deve riportare la cosa ad una commissione che, con una sorta di processo amministrativo, può decidere di internare il sieropositivo in speciali strutture chiuse per un periodo di 3 mesi, rinnovabile se il soggetto non dà garanzie di avere imparato la lezione. “Si tratta di una normativa generale che riguarda tutte le malattie epidemiche, fra le quali il governo, a metà degli anni Ottanta, sotto la spinta di un’opinione pubblica che invocava misure energiche, decise di inserire anche la sieropositività, nonostante noi ci fossimo battuti perché ciò non avvenisse. A parte la questione di principio, e a parte anche la scarsa applicazione della legge (un’ottantina di casi in dieci anni, per lo più “marginali” o “dropout” o stranieri che non conoscono le regole; si parla di un paio di gay), ciò che preoccupa è il fatto che molti  possano non fare il test per non correre il rischio di essere trovati positivi e quindi doversi assoggettare a regole e controlli”. Fra le regole c’è anche quella di dirlo obbligatoriamente al proprio partner sia abituale sia occasionale. “Quanto sia rispettata questa regola non saprei dire – aggiunge Steffan -  ma, statistiche alla mano, credo assai poco. Sta di fatto che negli anni Ottanta eravamo solo noi ad opporci all’inclusione dell’Hiv fra le malattie epidemiche; oggi sono con noi medici, legali, educatori sessuali e stiamo lottando perché la legge sia rivista”.

Contro la legge che prevede l’internamento coatto in speciali istituti per i sieropositivi che non diano garanzie di comportarsi secondo le regole dettate, caso per caso, dall’equipe medica, hanno protestato recentemente attivisti del movimento gay francese, occupando l’ambasciata svedese a Parigi, e la Tv francese ha dedicato uno special alla questione. Il movimento gay svedese chiede che anche negli altri paesi europei si sollevi una protesta dello stesso tipo.

L’intero argomento è comunque tema di discussioni roventi, quando non di vere e proprie polemiche. Per sentire una campana un po’ diversa vado a parlare con Jan-Olof Morfedt, medico responsabile dell’associazione Arca di Noé, che gestisce in pieno centro di Stoccolma –Drottninggatan n.61, tel 004687004650 – una guest house, una casa di accoglienza per sieropositivi e malati di aids non terminali, che è un vero gioiello di funzionalità oltre che di confort e atmosfera familiare: una fondazione che nasce nel 1988 soprattutto col contributo della Croce Rossa e poi del governo e del Comune; undici letti in camere singole o doppie, possibilità di ospitalità solo diurna per altri otto (“Più o meno il necessario per  Stoccolma, quando ormai anche gli ospedali hanno capito che non serve un gran numero di letti per i malati di Aids, e infatti li tagliano” ci dice Jan-Olof),32 persone nello staff e soprattutto 225 volontari inseriti nei quattro settori chiave (supporto, educazione, servizi, dipartimento internazionale) ; altre sei associazioni simili in tutta la Svezia; l’edizione di un CD-Rom Aids 2001 (ora anche su internet al http://www.aids2001.ki.se ), Jan-Olof, gay dichiarato e militante, e l’Arca di Noé sono stati accusati dai gay dell’Rfsl di avere un approccio troppo tecnico-sanitario al problema e di voler proibire certi comportamenti sessuali, soprattutto da quando in una trasmissione televisiva Jan-Olof ha detto a chiare note che non basta usare il preservativo per il coito anale, ma occorre  usarlo anche per i rapporti orali, oppure bisogna astenersene e limitarsi alla masturbazione reciproca. “E’ inutile girarci intorno – ribadisce lo schietto e simpatico Jan-Olof – dobbiamo metterci in testa che tutto ciò che abbiamo fatto fino al 1980 non possiamo più farlo; anzi, possiamo farlo, ma solo usando il condom. Il pompino va bene, ma anche quello fatto con il preservativo”. La comunità gay, in Svezia come in America come da noi, sembra non volersi rassegnare e così la polemica infuria, ma almeno – vivaddio! – lì si radica su un terreno concreto e si nutre di fatti concreti e si nutre di fatti concreti, di cifre verificabili, di centri che noi non ci sognano nemmeno, di appoggi psicologici e sociali, di aiuti materiali molto, molto consistenti. Nemmeno Jan-Olof, del resto, è d’accordo sulla chiusura delle saune: “Si potevano tenere aperte e farle diventare luoghi di informazione. Ora raggiungere i gay mentre conducono la loro vita sessuale brada è diventato più difficile”.

Dopo tanto parlare di saune e darkroom chiuse, la sera decido di andare nell’unico locale in cui esiste ancora una darkroom, rimasta aperta grazie ad una sorta di compromesso: non è una stanza vera e propria, ma di passaggio, poco più di un corridoio fra un ambiente e l’altro del locale leather S/M, Wollman Yxkullgatan 18, metro Mariatorget. L’atmosfera

È quella, forse un po’ datata ma accogliente, dei classici locali leather del Nord Europa, con tutto l’usuale corredo di paraphernalia: inferriate, stivali, pezzi di moto eccetera. Il tutto ingentilito da una profusione di ghirlande d’abete, angiolini dorati, cristalli di neve e quant’altro la stagione natalizia consente e impone, persino in un luogo come questo. C’è anche un leatherman, un po’ agé, ma dall’amplob perfetto nei suoi chaps e pipa, che fa da shoeshiner e si vanta che un lustrascarpe “non lo ha nessun altro locale leather, nemmeno ad Amburgo, nemmeno a San Francisco”, Quanto all’ultima darkroom, è talmente piccola e di passaggio che sembra costituire più una citazione, una metafora della trasgressione, che non un luogo di pericolosa infezione. I preservativi, comunque, son ben in vista e a portata di mano a ciascuno dei due ingressi.

(Babilonia n.142  marzo 1996)


                                                                             1997



LONDRA E MILANO,QUANDO GAY FA RIMA CON BUSINESS

Perché i grandi marchi fanno pubblicità sulle riviste omosessuali straniere e non su quelle italiane

IL FOGLIO  24 maggio 1997

 

 

L’inchiesta che il Wall Street Journal ha recentemente dedicato all’esplosione del mercato gay in Inghilterra inizia apparentemente con una nota di colore. L’articolo prende le mosse descrivendo un luminoso e colorato bar gay nel pieno centro di Londra, ultimo nato di una catena che ne conta ormai 28, di proprietà della Bass Pic, una potente impresa alberghiero-alimentare. E’ l’ora dell’aperitivo e il bar è pieno di giovani uomini alla moda che lavorano nei dintorni, la musica è forte e la gente si riversa sulla strada chiacchierando e bevendo. Appena qualche riga dopo cominciano a fioccare le cifre che illustrano l’ascesa irresistibile della “pink pound”, la sterlina rosa, sospinta dai gusti raffinati e dal benessere degli omosessuali inglesi.

Se la stessa inchiesta dovesse partire da Roma o da Milano l’ambientazione sarebbe già del tutto diversi. L’After Line è ad esempio uno dei bar gay più noti e frequentati di Milano,si trova in una stretta strada che corre a fianco della stazione Centrale. Ma per trovarlo affollato bisogna arrivarci a notte inoltrata e dall’esterno non si vedrebbero che l’insegna e le vetrine oscurate. “Siamo un esercizio pubblico”, racconta il proprietario Felix Cossolo, uno dei pionieri dell’imprenditoria gay italiana, “e per questo siamo obbligati ad aprire fin da mezzogiorno, ma prima di notte non entra nessuno. Noi ne approfittiamo per fare le pulizie”. Al centro di Roma o di Milano non si trova nulla che assomigli al Rupert Street Journal. E mentre a Londra i locali come questo sono passati dai 37 del 1981 ai 107 di oggi, le maggiori città italiane difficilmente possono vantare più di dieci bar gay.

UN TARGET SELEZIONATO E DI TENDENZA

Non è certo questa l’unica differenza tra il mercato gay inglese o americano e quello italiano, ma offre un primo interessante indizio. Anche perché del mondo gay anglosassone è del suo potenziale come nicchia di mercato si sa già molto, mentre in Italia questo aspetto è ancora poco indagato. Tanto è vero che le grandi aziende inglesi o americane investono sempre più soldi in pubblicità sulla stampa esplicitamente indirizzata a un pubblico gay, specie per i consumi voluttuari e di lusso.

Il giro d’affari messo in moto dagli omosessuali americani è stimato in circa 500 miliardi di dollari, mentre la rivista inglese Gay Times calcola tra i 6 e gli 8 miliardi di sterline la potenzialità di spesa dei gay del Regno Unito. “Si tratta di un target molto selezionato e interessante per gli inserzionisti”, racconta Jeffrey Byrnes, il titolare dell’agenzia che raccoglie la pubblicità in tutta Europa per la rivista Out, la più venduta tra i gay e le lesbiche degli Usa. “Per questo il successo di Out è stato così rapido da portarti a registrare profitti già al quinto anno di vita, mentre in genere per i mensili ce ne vogliono sette o otto: abbiamo creato l’ambiente giusto per invogliare le grandi case di moda o di cosmetici a reclamizzare i loro prodotti verso un mercato ricco e attento. I gay americani – spiega ancora Byrnes – guadagnano mediamente 62 mila dollari l’anno, contro i 42 mila della media nazionale, sono spesso coppie “dink”, cioè “double-income-nokids”, (doppio reddito e senza figli) e dunque spendono con maggiore larghezza; infine i gay americani son una comunità coesa ed evoluta che fa tendenza nella moda e nel costume, molto attenta a tutte le novità del mercato. Si spiega allora facilmente il fatto che i nostri introiti pubblicitari sono saliti del 42 per cento solo nell’ultimo anno, grazie anche gli inserzionisti italiani”. Se infatti si sfoglia un numero qualsiasi di Out lo si troverà farcito dalla pubblicità di Valentino, Armani, Gucci, Dolce&Gabbana Superga  Ferrè e altri ancora. Tutti marchi che cercheresti invano su Babilonia, cioè quanto di più simile alla rivista Out viene pubblicato in Italia.

“Abbiamo cercato per anni di avere la pubblicità dei grandi stilisti italiani”, racconta Giovanni Dall’Orto della redazione di Babilonia, “gli stessi che magari si confessano gay sulle riviste americane e poi in Italia smentiscono tutto, ma ci hanno sempre sbattuto la porta in faccia. Preferiscono conquistare il mercato gay con immagini allusive e ambigue ma temono l’idea di essere collegati troppo strettamente con il mondo omosessuale”,. Secondo Byrnes, se Babilonia togliesse qualche nudo maschile di troppo e la sezione degli annunci dove spesso le richieste sono molto esplicite e dettagliate (la rivista americana Advocate ha messo gli annunci di questo tipo in un supplemento e ha visto aumentare la sua pubblicità), i soldi della moda e dei profumi non tarderebbero ad arrivare. Ma Dall’Orto non ci crede: “C’è stato l’esperimento di Adam, che voleva imitare il modello Out, facendo una rivista  lussuosa e patinata, con i consigli di bellezza e tutto il resto. Ma dopo qualche mese, per non chiudere, ha dovuto riempirsi di bei maschi nudi, davanti, di dietro, di sopra e di sotto”.

Dall’Orto tenta una spiegazione sociologica del fenomeno. “La comunità gay italiana è sparpagliata e poco consapevole. E’ ancora in una fase in cui cerca soddisfazione ai propri bisogni primari: incontrarsi, conoscersi, fare sesso. Per tutto il resto si affida ai circuiti normali. Invece i gay americani o inglesi sono già passati al “bisogno di avere una marca di abiti, l’agenzia di viaggi, la ditta di traslochi, la compagnia telefonica, i servizi finanziari, tutto fatto appositamente per loro. Per questo diventano un target pubblicitario così allettante. Inoltre, - prosegue Dall’Orto – non è vero che i gay italiani abbiano possibilità di spesa superiori alla media e difficilmente vivono in coppia, restano invece in casa con i genitori fino a trent’anni e magari fanno i camerieri, i parrucchieri e i "maestri elementari”. Così Babilonia e le altre poche riviste del genere arrivano a un faticoso pareggio economico vendendo i loro spazi pubblicitari a un giro di non più di 150-200 piccoli imprenditori gay o “gay oriented”. Si tratta di bar, discoteche, saune e poco altro, sparsi in prevalenza del Nord Italia, specie in Lombardia e Veneto e nelle grandi città come Roma e Milano, per un giro d’affari che nessuno si è dato la pena di calcolare, ma che Franco Grillini, presidente dell’Arcigay stima in un centinaio di miliardi annui. Nessun tycoon che concentri più attività, ma un pulviscolo di iniziative che reggono anche grazie alla poca concorrenza.

VANNO BENE LE DARK ROOM

“L’After Line funziona bene”, dice Felix Cossolo, che oltre a gestire questo bar milanese ha fondato la rivista Babilonia e ha aperto e poi venduto la libreria gay che porta lo stesso nome, “i gay milanesi vivono nascosti o quasi per tutto il giorno, poi di notte vengono qui e si sfogano. Se hanno diecimila lire in tasca le spendono più volentieri in un gin tonic piuttosto che in una rivista o in un libro e per me l’incasso è immediato. Ma a Milano non c’è più tanto spazio per nuovi bar”. Secondo Cossolo il business che comincia davvero a tirare è quello che si muove nella zona grigia tra legalità e illegalità: “Vanno bene i locali con le dark room, dove si può fare sesso rapido e sul posto, c’è un forte sviluppo dei sexy-shop che vendono riviste e cassette porno e soprattutto cresce il mercato del sesso a pagamento. Incontro sempre più ragazzi che non fanno mistero di essere gigolò disponibili per qualche centinaio di mila lire a soddisfare uomini non più giovani e non particolarmente avvenenti. Basta un’inserzione sul giornale e un cellulare sempre acceso”. L’esperienza di Cossolo gli lascia intravedere la possibilità di un nuovo, anzi antichissimo, business: “Se venisse abolita la legge Merlin, io sarei il primo ad aprire una casa d’appuntamenti per uomini che cercano ragazzi. Pulita, sorvegliata, comoda, senza rischi per nessuno, sarebbe la buona occasione per diventare ricco e fare una cosa utile”.

Lorenzo Pinto, il gestore di un altro celebre bar milanese, il Company Club, è invece più ottimista circa le abitudini dei suoi concittadini: “Stiamo ingrandendo il locale dove già nei week end si stipano 4-500 persone. Ma soprattutto stiamo progettando di aprirlo anche di giorno, perché credo che i gay milanesi siano pronti a vivere la loro vita alla luce del sole”. Pito spiega anche che il suo locale funziona grazie a una accogliente dark room, ma aggiunge: “Ogni sera regaliamo centinaia di preservativi”.

L’OTTIMISMO DEL SOCIOLOGO


Se però si mettono da parte bar e discoteche, quello che resta dell’imprenditoria gay in Italia è davvero ben poco. Colpisce per esempio il fatto che in un paese di così grande richiamo turistico non esistano alberghi o ristoranti dichiaratamente destinati alla clientela gay. Mentre a Londra, Parigi o Amsterdam ci sono decine di esercizi gestiti da gay per gay: dal bed and breakfast all’albergo di lusso. L’unica agenzia di viaggi per gay e lesbiche in Italia è a Roma, la Zipper, e il suo titolare preferisce dare solo il nome, Roberto: “Lavoriamo anche con società importanti che magari non apprezzerebbero questa nostra specializzazione”. Da quando Roberto reclamizza la sua attività nel circuito gay non c’è stato però un grande incremento nel giro d’affari. “Gli omosessuali italiani quando viaggino vogliono andare al sodo: lavorano tutto l’anno senza scoprirsi e quando sono all’estero si scatenano. A me, al massimo chiedono consigli su dove si rimorchia meglio, poi si arrangiano da soli”. La Zipper però è diventata un punto di riferimento per i turisti gay che vengono dall’estero. “Li aiuto a non finire in qualche pensione malfamata e suggerisco i posti dove possono trovarsi più a loro agio”.

“Non mi meraviglierei del tanto che manca, ma del molto che c’è”, osserva Marzio Barbagli, che per l’istituto Cattaneo sta svolgendo la prima grande indagine sociologica sulla comunità omosessuale italiana”. “In un paese come l’Italia, con la tradizione culturale che abbiamo, con il peso della chiesa cattolica, già il fatto che esista un movimento omosessuale organizzato e maturo, che ci siano decine di migliaia di persone che vivono apertamente la loro diversità nonostante il permanere di un pregiudizio negativo, è per me motivo di grande sorpresa. Il resto seguirà”.



Un saggio di Larry Kramer sull’Aids e la cultura gay, pubblicato su The Advocate, ha provocato negli Stati Uniti un acceso dibattito. Anche se l’analisi di Kramer si riferisce in particolare al “mondo gay” americano, crediamo utile per tutti riassumerne i temi centrali.
 

La tragica verità sull’Aids è che pochissimi omosessuali hanno saputo dare risposte in modo maturo e responsabile. Non sento per le strade cortei arrabbiati che gridano “Smettiamola di essere solo buchi di culo che vanno in giro! Cominciamo  a crescere”. Gli adulti veri hanno una testa, anche se a volte possono perderla. Nessun adulto responsabile giocherebbe mai alla “roulette russa del cazzo”.

Possibile che la nostra intellighenzia  non sia capace di pensare a noi come a esseri umani globali, capaci di interesse per gli altri argomenti, oltre che per quello che abbiamo fatto in un letto – se ci va bene -  per trent’anni? Del resto, rimango sempre stupito che così tanti scrittori, quando viene loro chiesto di parlare del loro coming out, si riducano a parlare della loro  “prima volta” sessuale. E’ questo che intendiamo per coscienza omosessuale? E’ questo il  “diventare visibile”? E’ stato davvero quello il momento in cui ci siamo resi conto di quali fossero le nostre potenzialità creative, di quali orizzonti ci si aprissero per la vita? La prima scopata è stata l’evento che ci ha fatto maturare e ci ha posto una sfida per il nostro destino? Ne dubito.

Davvero le nostre esistenze non sono più complesse ed entusiasmanti di quanto ci dicono i nostri maestri di pensiero?

Guardiamo alle vette della letteratura in genere. In Anna Karenina ci viene forse descritta la protagonista mentre passa dal letto del marito a quello dell’amante, per poi ritornare a casa a scopare con Karenin? Su per la figa, giù per il culo; con la bocca sempre piena? Appare mai una volta la parola “sesso” nell’Amneto – il “testo che ci presenta il più riuscito personaggio  gay nella letteratura, secondo la definizione di Terrence McNally?

Ad esempio, noi siamo l’unica minoranza che non ha mai scritto sui nostri  “ oppressori”! Da Destra, Centro e Sinistra ci sparano addosso e negano – assieme al riconoscimento di quelli che sono i nostri “diritti” – la nostra dignità di persone, e noi riteniamo liberatorio e trasgressivo descriverci mentre scivoliamo dietro un cespuglio a succhiar cazzi!

Si impara ciò che si deve essere da ciò che vediamo, da ciò che leggiamo: in una parola, dagli esempi che ci vengono proposti.

Una cosa che i nostri maitre-à-penser non ci sanno insegnare è l’affetto. Non il desiderio erotico, ma il voler bene davvero a un altro essere umano gay: non la chiusura di una coppia barricata contro l’esterno, ma l’apertura al mondo del rispetto e dell’apprezzamento reciproco, che è in ultima analisi la stima e il rispetto di noi stessi.

Dopo tutta la nostra storia, dopo tutti i nostri dolori, dopo tutte queste morti, non abbiamo ancora una letteratura dell’Aids, non abbiamo forse neppure una letteratura gay. Non abbiamo una Cultura gay. Almeno, io non credo. Abbiamo solo il nostro sesso: ne abbiamo fatto una cultura, ne abbiamo fatto il fondamento della liberazione gay, e quel sesso ci sta uccidendo.

Non facciamo altro che gridare la croce addosso al Governo per le sue risposte odiose al dramma dell’Aids. Ma ancora non ho sentito una sillaba di riconoscimento dei nostri torti, né una proposta per rimediare al danno che abbiamo causato provocando tante morti, e non solo fra di noi. Non riconosciamo mai di aver sbagliato strada..Ma soltanto i bambini – e bambini petulanti – o adulti mai cresciuti non ammettono i propri errori!

Certo, non stiamo neppure cominciando a discutere della costruzione di una nuova cultura che finalmente ci permetta di progettare il nostro futuro a fronte alta e con fiducia. Finora, siamo stati tutti complici della nostra distruzione; e anche adesso, mi sembra che stiamo continuando a giocare col fuoco.

E i nostri scrittori? Di quale voluttà di morte sono preda? Di quale servilismo verso l’ideologia dell’establishment sono colpevoli per accettare una tale cultura di morte? O mirano solo a un facile smercio dei loro prodotti? Sono sicuro che la Cultura omosessuale possa proporre di più che non cazzi (e invito le lesbiche finalmente ad arrabbiarsi contro i gay per aver fatto questo). Platone, Leonardo e Michelangelo non vengono studiati per essere andati di notte fra i cespugli, come neppure Shakespeare o Kant per i loro giochetti con i genitali. Studiamo, impariamo, leggiamo ciò che nel passato hanno fatto di importante. Ciò “che ha fatto la differenza”. Siamo in questo modno per renderlo migliore. Tentiamoci. Individuazione vette da scalare. Questa è la civiltà. E a scuola i nostri giovani devono studiare quello che si è fatto per la nostra Civiltà…

(BABILONIA  158 – SETTEMBRE 1997)

 

La più importante rivista gay e lesbica americana, The Advocate, ha pubblicato sul numero del 27 maggio ’97 un lungo saggio, firmato da Larry Kramer, intitolato “Sesso e affettività” che ha provocato numerosissime prese di posizione tra i lettori: migliaia di lettere e di messaggi sono giunti in redazione e sul sito Internet di The Advocate. Secondo un nostro amico di San Francisco, il 75% degli interventi si diceva d’accordo con l’analisi di Larry Kramer. Non possiamo tradurre per intero le 7 pagine che compongono l’articolo, ma crediamo che anche una sintesi possa essere utile ai gay e alle lesbiche italiane come stimolo per una riflessione sui temi centrali dell’Aids e della cultura. Di Larry Kramer, celebre drammaturgo, fondatore di Act Up, sieropositivo dal 1988 e figura di spicco del movimento gay americano, Babilonia ha pubblicato un’intervista sul n.135 (settembre 1995).

                                               1998



Cara Babilonia,


quest’anno il Circolo Mario Mieli, in occasione del 1^ dicembre, ha reso omaggio a Dario Bellezza facendo declamare a Maria Rosaria Omaggio alcuni versi inediti del Poeta, durante la manifestazione tenutasi all’Alpheus. Si è trattato di un’iniziativa lodevole, anche se giunge con molto ritardo e certamente non basterà a far dimenticare il modo vergognoso e di bassa lega con il quale nel ’93 (Babilonia ci è testimone) il direttivo dell’epoca, con Vanni Piccolo e Luigi Cerina in testa, maltrattò il poeta (e il sottoscritto) per aver preso posizione contro le darkroom gestite dal loro stesso gruppo. Non mi risulta che a tutt’oggi la posizione del Mario Mieli al riguardo sia cambiata, e comunque lo dovranno dimostrare con i fatti. Intanto, come suggerisce Babilonia riferendosi a Larry Kramer, ripriamo il dibattito anche in Italia.

Antonio Di Giacomo
Roma


                                               2001



    FACCIAMO LUCE SULLE DARK ROOM


                     di Giovanni Dall’Orto


Ancora una lettera, ancora un tema “scottante”: le darkroom. Il “lato oscuro” per antonomasia del nostro mondo, sul quale dibattiamo da anni… ma che di anno in anno assume sempre più importanza. Le dark vanno davvero chiuse? E se sono un male, sono almeno un “male necessario”? Ragioniamoci su.


Caro Direttore,

con sorpresa ho letto sul nuovo numero di maggio di Pride la tua risposta alla mia mail, che hai intitolato “Ancora Padova 1”.


Perché con sorpresa? Perché invece di trovare una tua risposta, che non doveva essere altro che un tuo punto di vista, ho trovato un’accusa (per di più piena, passami il termine, di cavolate che io non ho detto).


Siamo d’accordo su questioni quali i preservativi nelle discoteche e argomenti attinenti, ma come fai a dire che se non ci fossero le dark room ci ritroveremmo tutti ancora dietro i cespugli, nei giardinetti e nelle stazioni? Guarda che da quello che vedo io la dark room è solo un’aggiunta a tutto ciò! Passi mai in stazione? Sai che esistono i parcheggi? Lo sai che esistono locali che dedicano piani interi dello stabile soltanto alla dark room? Credo proprio che tu lo sappia meglio di me. Sembra quasi che con l’istituzione delle dark room tutti i problemi legati alla “mancanza gratuita” del sesso siano risolti. Hai assolutamente ragione quando dici che dei vari virus ci possiamo contagiare ovunque: e infatti la dark room è un luogo in più per farlo! Le protezioni che possiamo adottare non è che le adottiamo solo se entriamo nelle dark room! Io rispetto sempre e comunque le opinioni delle persone, e di sicuro non entro nelle dark room per dire alla gente che secondo me sta sbagliando. Ho solo voluto dare una mia opinione su una cosa che secondo me non fa la salvezza del mondo.


Da un po’ di tempo i miei amici etero che sanno di me frequentano in mia compagnia i locali gay…e sai cosa dicono, giustamente? A cosa servono i video porno, le dark room, le salette varie in una discoteca? Hai mai visto in un locale etero tutto questo? Che io sappia esistono solo nei locali di scambio di coppie!


Mi hai chiesto tu se ne volevamo parlare..ecco qua: l’ho fatto e con tutto il rispetto che debbo e che ti voglio portare.


Ringrazio tutti i ragazzi che, pensandola come me, mi hanno mandato e-mail di appoggio.


Baci. Michele (Padova)


No Michele, guarda che ti sbagli. Ciò che accade nelle dark non lo so bene, perché ci ho messo il piede in vita mia una ventina di volte in tutto, fra il 1982 e il 1984. Non mi entusiasma il sesso anonimo. Apprezzo di più il sesso se riesco a vedere la persona con cui sono a letto, a conoscerla un poco. E magari, se possibile, ad amarla. La mia sessualità è quindi ben poco soddisfatta da ciò offrono le dark. Ognuno è fatto a modo suo. Non so nemmeno cosa accada “altrove”,perché la mia frequentazione di quei luoghi risale al 1978 circa. L’ho fatto da ragazzo, ho capito che non faceva per me, ed ho costruito la mia vita in altro modo. Non ho rimpianti né per averlo fatto, né per aver smesso di farlo. Ho esplorato il mio desiderio, ho cercato, ho deciso e infine ho scelto. Tutto qui.


Ciò non vuol dire che non mi dispiaccia che tu ti sia risentito, e mi scuso perché non intendevo offenderti bensi porre, in poche righe ( forse troppo poche), il problema del perché succeda ciò che denunci.


Perciò provo ora a spiegarmi meglio, perché vorrei che ci capissimo, e non che ti ti sentissi insultato (che me ne verrebbe in tasca?).


Ciò che dicevo io è che non capisco coloro che esecrano con tanta passione certi posti. Io, che non li frequento, li trovo indifferenti. Del tutto indifferenti. La qualità della mia vita non dipende infatti dalla presenza o assenza di quei posti. Posti che tu elenchi in questa mail, ma che non avevi citato nella lettera precedente. Eppure, insisto, il sesso che si fa nei cespugli sarebbe forse più umano, più arricchente di quello delle dark? E che dire dei cessi delle stazioni? E…?


Vogliamo allora essere coerenti e condannare tutti i luoghi in cui i gay si incontrano per fare sesso? Te la senti, tu, di farlo?


Io no. Ed io, quei luoghi, non li frequento. Per scelta: non mi interessano (anche se non escludo affatto che, chissà, un giorno io possa cambiare idea). Non interessano nemmeno a te? Ebbene, non frequentarli, e morta lì. E invece no, tu e molti altri che la pensano come te continuate a scrivere invocando la chiusura di luoghi che o non frequentate, e questa è intolleranza bella e buona, o frequentate, e questa è incoerenza bella e buona. E dovendo scegliere fra gli incoerenti e gli intolleranti, mi perdonerai, io scelgo di non scegliere nessuno dei due.


I gay erano già, volendolo, squallidi quanto voi dite, quando ancora in Italia le dark non esistevano; e io sono abbastanza vecchio da ricordare quei tempi.


Dunque la tua analisi, e quella di quanti la pensano come te, è errata, perché trova una falsa risposta ad un falso problema.


Il problema vero è: le dark sono la conseguenza, e non la causa di un certo modo di essere del mondo gay. Voi tutti confondete causa ed effetto, e lo fate per moralismo. Il problema non è, e non è mai stato, chiudere le dark. C’è un modo semplicissimo per chiuderle: smettere di andarci. E invece non si fa altro che aprirne, e guai ai locali che non ne hanno una. Perché? Perché i clienti le vogliono. E perché le vogliono? Non limitarti a condannare, Michele: cerca semmai di capire. Sii curioso e fatti domande. Perché i gay sono quel che sono? Lo hanno scelto? Soprattutto:hanno scelta? Eccolo, eccolo il vero problema.


Sia chiaro che io non ho mai detto che le dark son la “salvezza”. Ho detto solo che non son l’inferno, perché l’inferno è un’altra cosa, e mi consola notare che tu non lo sai perché sei nato quando già iniziava ad esserci un’alternativa all’inferno…magari se non un Paradiso, almeno solo un Purgatorio. E’ giusto, e bello, che così sia: abbiamo lottato per un quarto di secolo perché chi stava nascendo, come te potesse un giorno vivere meglio…e ci siamo riusciti. Però, e perciò, mi dà fastidio il catastrofismo di chi strilla che siamo tutti nell’inferno. Io lo vorrei davvero che tu avessi ragione, Michele: mi piacerebbe che davvero a causare la sofferenza del mondo gay fossero le dark. Perché se così fosse, allora basterebbe poco: una bella campagna assieme alla Chiesa cattolica e a Forza Nuova, qualche pretore bigotto, et voilà, ecco sparita per sempre tutta la sofferenza del mondo gay! Sfortunatamente per tutti, le cose non stanno come dici tu, ahimé, e i problemi sono altri, e le cause sono altre..


D’accordo, chiudiamole, ‘ste dark, chiudiamo tutti i locali e chiudiamo tutti i luoghi d’incontro gay. E poi? I gay diverrebbero dal giorno dopo capaci di amare? La loro vita migliorerebbe? Tu troveresti un principe azzurro e te ne andresti con lui in groppa a un bianco destriero?


O forse “dopo” noi saremmo semplicemente squallidi come prima…ma più soli di prima, come lo eravamo quarant’anni fa?


Se le cose stanno come dico io, ci resta solo da rimboccarci le maniche per eliminare quei guai di cui le dark, insisto, sono la valvola di sfogo, e non la causa come, troppo superficialmente, troppi gay e troppi lettori di “ Pride”  pensano.


Dove sono in effetti le alternative alle dark? Io non le vedo. E fino a che alternative non ce ne saranno, finché l’alternativa sarà il vuoto, i parchi, i cessi puzzolenti, allora saranno meglio le dark. Non sono certo più poetiche, ma almeno nelle dark nessuna marchetta ti taglia la gola, e ti assicuro che è già un grosso passo avanti rispetto al passato. Specie se la gola tagliata è la tua.

Questo è già un enorme passo avanti rispetto a un passato che tu forse non hai conosciuto, ma che basterebbe poco per rivivere. Basterebbe che certe forze politiche ascoltassero la tua accorata richiesta e ti accontentassero…

Insomma, spero di essere riuscito a spiegare perché non penso che siano le dark il problema. Mentre considero un problema, semmai, un moralismo antigay che ci spinge a lasciare che siano i nostri amici etero a stabilire i principi morali in base ai quali noi dovremmo vivere (tu dici che non esistono luoghi come le dark per gli etero, Michele? Ma vivi nelle favole? C’è un’industria intera di quel tipo, per gli etero, che è cento volte quella dei gay! Sveglia!).

E così giudichiamo (male) i gay per quel che fanno e sono, e (bene) gli etero per quello che si vantano di essere. Per me questo è razzismo antigay bello e buono. E poi ci stupiamo che non riusciamo ad amarci..
Concludendo,
io sono per il diritto alla scelta: libero tu di non andare in dark, come lo sono anch’io…che infatti non ci vado.

E se davvero vuoi chiudere le dark, allora non farlo proponendo illiberali censure, ma chiedendoti cosa potresti costruire tu, assieme a coloro che ti hanno scritto, di più attraente, in modo da svuotarle.
E’ quello che provo a fare io da 25 anni. Senza molto successo, lo ammetto, ma non per questo demordo, perché so da sempre che il lavoro per cambiare società e mentalità dà frutti con lentezza esasperante e immensa fatica.
Se tu vuoi essermi compagno di strada in questo sforzo, ne sarò felice. Ma senza intolleranze verso nessuno, perché la nostra è una battaglia contro l’intolleranza. Compresa quella che esiste nel nostro mondo.
(da Pride luglio 2001)
 
 
 
 
                                                                             2002
 
 
La dark room delle sale a luci rosse
DA "IL NUOVO"
ROMA - Nel cinema porno Ulisse, sulla via Tiburtina, il film in programmazione è L'eredità perversa. Ma gli avventori della sala a luci rosse non sono così interessati ai dettagli. L'umanità varia che frequenta questi posti, il film non lo guarda neppure. Nel buio, in pochi stanno seduti, tutti gli altri camminano su e giù, si appostano in piedi sul fondo, scrutano la platea. Tutti, o quasi, sono alla ricerca di qualcosa, o qualcuno, di un contatto, uno sguardo complice, un cenno d'intesa.
La comunità gay o semplicemente chi è in cerca di emozioni, si dà appuntamento qui, tra le tende spesse di velluto e le luci soffuse di uno degli ultimi cinema porno di Roma , uno dei pochi scampati alla febbre del Bingo. E' una bella sala, decorosa, abbastanza pulita. Sei euro e cinquanta centesimi per cercare un partner per una sera o solo per cinque minuti, protetti dall'oscurità e dalla discrezione. Ci sono uomini di tutte le età, molti sono anziani. Spesso il rapporto si consuma velocemente e squallidamente nei bagni del cinema, affollatissimi. Lì davanti in molti stazionano inquieti e cercano di capire se l'ultimo entrato ha lasciato socchiusa la porta, come da segnale prestabilito.
Perché c'è un alfabeto tutto particolare per capirsi, fatto di cenni con la testa e occhiate furtive. Alcuni parlottano fitto, sembrano trattare qualcosa. A un certo punto il silenzio è rotto dall'entrata di un gruppetto di giovani che parlano ad alta voce tra loro. Non si capisce bene cosa dicano. Sono stranieri. Sono "marchettari", ragazzi extracomunitari che arrotondano con qualche euro, la giornata da manovali o muratori.
Forse sono gli stessi che si vendono a Piazza Esedra o Valle Giulia, o negli altri luoghi d'incontro gay a Roma . Si vede che sono abituèè, si muovono con sicurezza e decisione. In sala aumenta l'agitazione, l'andirivieni diventa frenetico. Loro adocchiano la preda e partono all'attacco: "Ciao bello, che facciamo?" dice un giovane con un berretto. Si propongono direttamente e ad alta voce. L'interlocutore , fa in modo di spostarsi in un angolo e lì comincia una breve trattativa. Dopo pochi istanti il giovane con la tuta da ginnastica si avvia verso i bagni. L'altro lo segue con circospezione. Quando escono il giovane sta ancora mettendo a posto i soldi nel portafoglio, come il più navigato dei "ragazzi di vita". Ogni prestazione ha una sua tariffa: trenta euro per un rapporto orale, cinquanta per quello completo.
Ormai davanti ai bagni c'è quasi la fila. Uno dei ragazzi si chiama Basile, o almeno così dice . Molti nascondono l'imbarazzo parlando del più e del meno. E alla fine si sente anche qualcuno che discute di calcio.
 
                                                                            2004

 
Tutto è cominciato in piazza Trento, poco più di un mese fa, con uno scandalo legato all’arresto di alcune persone che costringevano ragazzini minorenni a prostituirsi.
Nel furore dell’indignazione, le cronache locali di “Repubblica” si sono scatenate con editoriali e articoli che, senza andare troppo per il sottile, dipingevano lo storico luogo della prostituzione maschile milanese come un inferno di perversione.
Ce l’avevano con i pedofili, s’intende, non con gli omosessuali. In un’intervista al questore di Milano, però, l’intervistatore affermava come fosse un fatto pacifico che i ragazzini, oltre che in piazza Trento, si prostituiscono in altri luoghi specifici dell’incontro omosessuale, come parchi, cinema a luci rosse e locali gay.
Negli stessi giorni usciva su “Panorama” un’inchiesta sulla prostituzione a Milano, che rappresentava alcuni locali gay come bordelli.
Tu guarda le coincidenze, nel giro di qualche altro giorno, viene chiuso d’autorità un locale gay a Milano: l’Argos bar di via Resegone, il cui proprietario viene denunciato per reati connessi all’esercizio della prostituzione.
La polizia riferisce di aver iniziato le indagini dopo aver ricevuto una segnalazione su minori costretti a prostituirsi nel locale.
La segnalazione si rivela poi infondata, ma l’Argos bar viene chiuso ugualmente per violazione della legge Merlin, per via della presenza al momento della perquisizione di una decina di giovani rumeni, che secondo la polizia avevano appunto rapporti sessuali a pagamento all’interno del locale.
L’Argos è un circolo Arcigay, la cui affiliazione è stata sospesa in attesa degli sviluppi dell’inchiesta della magistratura.
“Per il momento”, dichiara il segretario nazionale di Arcigay, Aurelio Mancuso, “la posizione del gestore del locale è tutta da provare, ma è chiaro che se le accuse saranno dimostrate, l’affiliazione sarà revocata, su questo non si sono mediazioni possibili. E’ vero però che la situazione ambientale in cui è avvenuta la chiusura dell’Argos dà da pensare, anche se non abbiamo prove che ci sia un rapporto di causa/effetto tra il polverone creato dalla stampa e questo provvedimento di polizia.
Di certo c’è un clima di risveglio repressivo, che la legge sulla prostituzione sostenuta dalla maggioranza di governo non farà che aggravare. E mi pare poi che persista la volontà repressiva di confondere cose illegali, come la pedofilia e la prostituzione, con cose che illegali non sono, come la libertà di fare sesso tra adulti consenzienti all’interno di circoli privati.
Questa libertà noi la difenderemo sempre, ma constatiamo ch diventa difficile farlo quando si respira un clima di caccia alle streghe”.
Alla chiusura dell’Argos bar, per il momento, non ha fatto seguito nessuna repressione generalizzata e con più ampi obiettivi, ma questo episodio è servito a tirare un po’ le redini.
D’altro canto non è affatto necessario il favoreggiamento della prostituzione per chiudere un locale. Con tutte le norme che ci sono da rispettare, qualcosa si trova sempre, all’occorrenza.
C’è comunque anche chi ritiene legittima la prostituzione di persone adulte e invita a discuterne. E il caso di Felix Cossolo, direttore del mensile gay “Clubbing”, che spiega le sue posizioni in una lettera inviata a “Repubblica”:”Se si tratta di minori costretti a prostituirsi”, afferma Cossolo, “ben venga l’intervento delle autorità di polizia, ma se si accerta che in un locale ci sono maggiorenni consenzienti che pagano prostituti adulti, allora mi sembra un atto repressivo.
Certo c’è la legge Merlin e la squadra mobile la deve applicare, ma perché non aprire un dibattito? Il povero Pasolini fu ucciso proprio da una marchetta conosciuta in strada: se ci fosse stato un club dove gli iscritti sono registrati nel libro soci, probabilmente questo omicidio e tanti altri non si sarebbero verificati. Anni fa una marchetta mi puntò il coltello alla gola e l’avevo conosciuta in piazza Trento.
Poiché è impossibile debellare la prostituzione, a ”questo punto è meglio adeguarsi e regolarizzarla. Meglio “battere  in un locale sicuro che per strada con tutti i rischi annessi”.
L’esigenza di maggiore sicurezza dei clienti, a costo di qualche sacrificio per i diritti di chi si prostituisce, è per la verità una delle ragioni prime che stanno alla base della “riforma” della legge sulla prostituzione voluta dal governo.
Ma di sicuro sarà valida solo per i clienti eterosessuali, no per quegli sporcaccioni dei gay.
PRIDE LUGLIO 2004                     GIANNI ROSSI BARILLI
 
                                   2008
 
Chiusa discoteca gay. Fine dei locali con dark?
di Gay.it
Lunedì 21 Aprile 2008
 
 
Lucchetti al Binario 1, famoso locale gay milanese, nella notte di sabato. Mancuso: Ci perseguitano. Il vicesindaco "Problemi di sicurezza, come all´Hollywood". È la fine dei locali con darkroom?
 


 
Blitz della polizia nella notte fra sabato e domenica al famoso locale milanese Binario 1, la discoteca trasgressiva di Via Plezzo nella zona Lambrate di Milano. La motivazione è semplice: il piano interrato, quello che ospita due grandi darkroom non ha uscite di sicurezza. Un provvedimento analogo, sempre a Milano, era stato preso due settimane fa nei confronti dell'Hollywood, la discoteca delle star e di Lele Mora.
Ma Arcigay non ci sta e grida al complotto: «C´è un accanimento da parte dell´amministrazione contro di noi» ha detto Aurelio Mancuso, presidente di Arcigay . E il numero dei "controllori", in effetti, darebbe a pensarlo: per verificare la non idoneità dei locali sono state dispiegate ben 60 persone tra agenti e tecnici dei vigili del fuoco. «A Milano i controlli ai circoli si sono moltiplicati, ci sentiamo presi di mira. - ha proseguito Mancuso - Se il locale non è a norma è giusto chiuderlo, ma un tale dispiegamento di forze non si giustifica».
Il provvedimento, però, non è infondato: al momento del controllo erano presenti 550 clienti mentre le uscite di sicurezza sono solo tre. Troppo poche.
Per il vicesindaco Riccardo De Corato l'ordinanza è analoga a quella emessa nei confronti di un altro locale, stavolta etero, l'Hollywood: «Stiamo facendo controlli su tutti i locali - spiega - non solo quelli gay. Bisogna preservare la sicurezza di chi va a ballare».
Il problema delle uscite di sicurezza esiste nella maggior parte dei locali che ospitano una o più darkroom. Si tratta spesso di locali interrati, o ricavati da stanze nate per essere utlizzate in tutt'altro modo. Se il provvedimento fosse imitato da altre città sarebbe un guaio per i gestori e per la stessa Arcigay, che dal circuito dell'intrattenimento - e quindi anche dell'intrattenimento "hot" - guadagna la maggior parte delle sue entrate.
 

Gli ultimi interventi su questo argomento dal Forum:
Inviato da: lolri ano
Data: 10-05-2008 14:07

detesto i locali con dark room.sono dei postriboli per gente senzacervello..che si sfoga cosi'...e poi ricordiamoci che c'e' l'aids in giro .....questo atteggiamento da irresponsabili e' davvero da idioti..dato che non mi direte che nelle dark si usa il profilattico...e poi tutte quelle puzze che aleggiano..poi...davvero un girone dantesco di negativita'...

 
Inviato da: A
Data: 29-04-2008 10:34

A

 
Inviato da: gianluca poli
Data: 28-04-2008 11:26

BASTA CON IL VITTIMISMO DELL'ARCI. I LOCALI IN REGOLA NON VENGONO CHIUSI. SI IMPEGNI L'ARCI A TENERE ISCRITTI I LOCALI IN REGOLA E CANCELLI QUELLI NON IN REGOLA. LA LEGGE E' CHIARA E I LOCALI IN REGOLA SONO UNA GARANZIA PER TUTTI. GAY MA NON STUPIDI E SE SI RISPETTA LA LEGGE SI DIVENTA ANCHE UN ESEMPIO MA DI QUESTO L'ARCI NON HA BISOGNO PERCHE' L' ARCI VIVE SOLO DI VITTIME NON DI LEGALITA' VOLUTA E FATTA RISPETTARE. ESERCITARE I PROPRI DIRITTI E' PIU' FACILE SE TU SEI IN PERFETTA REGOLA. PROPIO PER QUESTO NON HO PIU' RINNOVATO LA TESSERA ARCI. GIANLUCA POLI-VERONA- TEL. 0459250324

 
Inviato da: stivi
Data: 28-04-2008 10:04

se non erro nell'81 zerolandia fece la stessa fine,ricordiamoci del cinema statuto a torino.non pensiamo sempre alle persecuzioni o torneremo indietro di anni,lo stonewallappartiene al passato.

 
Inviato da:
Data: 27-04-2008 20:57

e allora? gli altri locali gay di milano che in una settimana ricevono 4 visite "di controllo"? quelli non sono perseguitati??? la normativa comunque è chiara... 75 persone per ogni uscita di emergenza direttamente in strada (O LUOGO SICURO DI FUGA) e se la cantina era a uso spogliatoio o magazzino... è ovvio che "la zona" venga chiusa. Quindi chi è causa del suo mal pianga se stesso! se poi non si verificano nemmeno le tessere, ci sono persone la cui età anagrafica non è corretta, e nello stesso stabile si fanno i chillout chimici... CHE VOLETE?

 
Inviato da:
Data: 27-04-2008 16:36

Tra deviati e deficenti ve ne passa una granché.

 
Inviato da: dado
Data: 27-04-2008 13:01

Ma quanti estremisti ci sono in questo sito...non fosse perche rimango anche io bruciato vi meritereste er pecora come ministro degli interni che vi rinchiuda in un centro di recupero per deviati!!!

 

                                    2009

Il comune di Roma mette i lucchetti ai giardini di Monte Caprino e chiude simbolicamente la lunga epoca in cui i luoghi di cruising all’aperto avevano il ruolo che oggi svolgono i locali e internet
 
                            LE FRATTE CHE FURONO
                                                di
                                   Gianni Rossi Barilli
 
In via ufficiale, nessuno ha comunicato niente a nessun altro. Non ci sono state preventive campagne moralizzatrici con bellicose dichiarazioni di guerra al libertinaggio né più modesti avvisi burocratici. Semplicemente una sera qualunque di questo inizio d’anno, i giardini di Monte Caprino sono stati chiusi a un pubblico che del resto non era mai stato autorizzato a frequentarli. Siamo al centro di Roma, di fianco al Campidoglio e nel bel mezzo di una delle aree archeologiche più sfolgoranti del pianeta. E proprio qui, in un saliscendi di terrazze panoramiche, macchie verdeggianti e anfratti rocciosi, andava in scena ogni notte (ma in modo più discreto anche di giorno) un teatro dell’incontro gay ormai divenuto a sua volta un bene archeologico. Tanto che in paesi più civili del nostro le pubbliche autorità si preoccupano di preservarlo, investendo in cestini per buttarci i kleenex e i preservativi usati anziché in cancelli e serrature.
A Monte Caprino, per la verità, i cancelli non erano nuovi. Li aveva fatti mettere undici anni fa il sindaco Rutelli proprio con l’idea di chiudere i giardini nelle ore notturne, ma all’epoca i gay si erano fatti sentire con sonore proteste e avevano ottenuto una precipitosa retromarcia. I cancelli però erano rimasti e quest’anno all’amministrazione comunale è bastato aggiungere i lucchetti. D’altro canto, la comunità glbt romana ha emesso qualche gemito e parecchi sospiri ma questa volta non ha alzato le barricate, perché il clima è davvero cambiato. E se da un lato possiamo serenamente sostenere che la liberazione gay non passa più da tempo dai cespugli di Monte Caprino, dall’altro ci siamo rassegnati ai divieti e alle recinzioni che hanno rimodellato le nostre città e il nostro modo di esistere nello spazio pubblico. Perciò non resta che dire amen e rilevare che ormai vogliamo il matrimonio, e in caso di bisogno abbiamo comunque le saune, i sex club e ovviamente le sconfinate praterie di internet. Altro che fratte e arcaici languori, oggi abbiamo di tutto e di più. Compreso un sito che si chiama Montecaprino.com – il sito che batte!
Ciò non toglie che qualche residuo di nostalgia rimanga, insieme al dovere della memoria e magari all’impulso di distinguersi da chi, all’interno della comunità glbt, ha addirittura applaudito alla chiusura di Monte Caprino perché siamo gente rispettabile che non ama gli atti osceni in luogo pubblico. Battere nei parchi ( e in generale all’aperto) non è un’abitudine centrale per i gay del XXI secolo, ma per lunghissimo tempo i luoghi definiti con ironico francesismo “ di battuage” sono stati il laboratorio dell’identità e della cultura omosessuale, tramandata da una generazione all’altra ai margini di quella ufficiale. Monte Caprino era simbolicamente l’ultimo avamposto di questa tradizione, celebre superstite di una mappa del desiderio che riporta a una Roma (e a un’Italia) in cui c’erano molti meno cancelli e ogni rudere o fazzoletto di verde era di per sé un’allettante possibilità. In anni d’oro per il cruising semiselvaggio come quelli in cui la liberazione omosessuale non aveva ancora incontrato il limite dell’Hiv, Monte Caprino era stato il quartier generale dell’incontro gay nella capitale, il posto da cui tutti prima o poi passavano, per rimorchiare in silenzio nel buio o per assordare la notte facendo salotto fino alle prime luci dell’alba. I vantaggi di questo modo di socializzare, oltre all’assenza di tessere, erano tutti quelli connessi all’immediatezza della comunicazione, verbale e non, e alla varietà dei contatti disponibili. Lo svantaggio era invece costituito dal fatto che la giungla urbana funzionava proprio come la giungla vera. E ai gay che andavano a caccia poteva accadere di imbattersi in predatori molto feroci. Come quelli che nel lontano 1982 incontrò in una notte di aprile Salvatore Pappalardo, un operaio siciliano di 36 anni massacrato a bastonate a Monte Caprino da una banda di teppisti rimasti ignoti. La sua morte fu una scossa per il movimento gay romano, che da questo episodio partì per costruire un nuovo rapporto tra la città e la comunità omosessuale, rivendicando non cancelli o più comodi ghetti ma una maturazione culturale complessiva. Oltre ovviamente al sacrosanto diritto di battere in pace nei parchi pubblici senza essere molestati dalla polizia, picchiati da coatti o addirittura uccisi. Ma erano indubbiamente altri tempi.
(Pride  febbraio 2009)
                                                                             2010
 
 
Il Corriere del veneto, 19 feb 10
 
 
La Finanza arresta due quarantenni

Padova - Molto pericolosa, potenzialmente letale. Grazie ad un principio attivo (oltre il 30%) che supera di gran lunga quanto finora era stato fatto registrare dalle analisi di altre partite di droga simile. Stiamo parlando di marijuana, di un nuovo «tipo » arrivato a Padova da fuori regione e destinato ai frequentatori delle saune gay della città del Santo. Una novità che ha messo in allarme chi il traffico di stupefacenti deve combatterlo ogni giorno. Tutto inizia, per caso, nei primi giorni del nuovo anno con un arresto - da parte dei militari dalla Guardia di Finanza - di due quarantenni: A. V. residente nel Comasco e M. V. di Bologna. I due vengono fermati a un posto di blocco a Ponte di Brenta. Le Fiamme Gialle subito notano il comportamento strano e abbastanza teso di chi è alla guida e del passeggero. Parte la perquisizione della macchina. Ci vogliono pochi minuti ai militari per scovare e sequestrare la bellezza di due chili di «fumo». Per i quarantenni scattano le manette e il sequestro del mezzo.
Ma le indagini, coordinate a Palazzo di Giustizia dal sostituto procuratore Sergio Dini, non si fermano a quell’episodio. E portano i finanzieri in Lombardia e in Emilia nelle abitazioni dei due, con un risultato sorprendente. Tra un appartamento e l’altro i militari mettono sotto sequestro la bellezza di altre 25 mila dosi già pronte per essere messe sul mercato. Le sorprese però sono solo all’inizio. Vengono analizzati dei campioni di «erba» da un laboratorio e quello che emerge è un responso mai visto: il principio attivo della marijuana sequestrata supera – e di gran lunga – il 30%. Il che vuol dire un effetto pericolosissimo per quanti l’avrebbero poi assunta, dovuto ai vari trattamenti - anche chimici - a cui le foglie sono state sottoposte durante il processo di essicazione e che hanno reso la «maria» ben più forte di quella finora sequestrata. Particolare però pure il mercato a cui lo stupefacente era destinato, perché le indagini hanno portato gli uomini della Guardia di Finanza non nelle piazze dello spritz all’ombra di Sant’Antonio, ma in un mercato diverso, forse ben più d’elite e sicuramente più raffinato. Secondo gli inquirenti quei due chili sequestrati a inizio gennaio erano destinati al giro delle saune gay. Ora toccherà alla Procura rintracciare tutto il giro della marijuana e vedere se quello di inizio gennaio era il primo di diversi viaggi.
 
 



   circoli privati gay danno fastidio a qualcuno?
di Francesco Belais
Lunedì 28 Giugno 2010

 
Gay.it - I circoli privati gay danno fastidio a qualcuno?

 
Quale rapporto tra magistratura e i circoli privati gay? Arcigay incontra la stampa a Palazzo di Giustizia di Milano. Sono intervenuti il presidente nazionale Paolo Patanè e l'On. Franco Grillini
 
Gay.it - I circoli privati gay danno fastidio a qualcuno?Milano – Si è svolta questa mattina in presso la Sala Stampa del Palazzo di Giustizia di Milano la conferenza stampa di Arcigay in merito al rapporto tra le istituzioni e i circoli privati gay. Prendendo spunto dalle ultime vicende giudiziarie che stanno coinvolgendo l’Illumined, un circolo privato omosessuale di Milano affiliato ad Arcigay e oggetto di un’attenzione anomala da parte dell’autorità amministrativa e giudiziaria, di cui abbiamo sempre dato conto su queste pagine, è stato discusso il tema del diritto di associazionismo in Italia e della sua declinazione nel Comune di Milano e dei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni. In particolare, a Milano sembrerebbe essere in corso una svolta restrittiva ed autoritaria nell’interpretazione del diritto al libero associazionismo con un atteggiamento di presunzione ideologica per i circoli privati che si rivolgono alla comunità gay, lesbica e transessuale.
Gay.it - I circoli privati gay danno fastidio a qualcuno?Sandro Clementi, avvocato del circolo Illumined ha ripercorso la storia dei numerosi controlli e incursioni (oltre 40 in cinque anni) da parte delle forze dell’ordine subite dal circolo, l’ultima delle quali lo scorso 22 maggio da parte di agenti in borghese che hanno cercato di entrare fingendosi clienti. In tutti i controlli non si sono mai state riscontrate violazioni di norme. Allora – si domanda l’avvocato - perché questo accanimento da parte della Magistratura contro i circoli privati gay, danno fastidio a qualcuno?
Gay.it - I circoli privati gay danno fastidio a qualcuno?L’On. Franco Grillini ha ripercorso la storia dei circoli privati gay, nati oltre vent’anni fa come alternativa ai battuage all’aperto e per evitare i numerosi atti di violenza che vi venivano consumati: «Dal 1976, anno in cui mi incontrai con il Ministro degli Interni di allora – ha spiegato Grillini – per illustrare la questione, grazie all’esistenza di questi circoli  c’è stato un grande calo di omicidi e di atti di violenza. Sono stati efficaci ed hanno offerto un luogo di frequentazione sicura. Inoltre, al loro interno si è potuto parlare di prevenzione e fare socializzazione, in venti anni sono stati frequentati da oltre mezzo milione di persone. Laddove c’è abusivismo va combattuto, senza atteggiamenti vessatori perché il circuito ha dato un grande contributo alla società».
Gay.it - I circoli privati gay danno fastidio a qualcuno?«La vicenda Ilumined è emblematica - ha concluso Paolo Patanè, presidente nazionale di Arcigay – se  tutte le contestazioni e esso fatte si sono rivelate infondate, perché tutto questo accanimento e atteggiamento persecutorio della Magistratura? Ho chiesto a tal proposito un incontro con Nicola Cerrato, procuratore capo di Milano, che mi è stato rifiutato. Arcigay ha preso atto di questa volontà di non offrire chiarimenti e ha deciso di indire questa conferenza stampa. Il sistema dei circoli Arcigay ha una funzione sociale, riconosciuta dalla Costituzione, è un supporto aggregativo umano, talvolta anche di aiuto in caso di problemi. È evidente l’attacco alla libertà di associazionismo in Italia. Di fronte al reiterarsi di attacchi laddove c’è regolarità, come Presidente Arcigay mi sento in dovere di tutelare il diritto dei soci di usufruire di tutti i servizi che abbiamo illustrato. Siamo di fronte a un problema sociale e politico molto grave».
 

Gli ultimi interventi su questo argomento dal Forum:
Inviato da: sileK
Data: 29-06-2010 16:12

l'unica cosa a cui danno fastidio i circoli privati è la SALUTE . credo che sia + che sufficiente questo per chiuderli tutti, dopo averli disinfestati, ovviamente.

 
Inviato da: giuseppe1974
Data: 29-06-2010 15:43

io credo che dia piu fastidio il mono che l illumined

 
Inviato da: Asterics
Data: 29-06-2010 14:11

ma che locali frequentate voi? se provate ad andare in uno scambio di coppie etero vi danno la tessera subito purchè paghiate almeno 150-180 euro in contanti, e dentro ci sono le loro coppie e le loro puttane acconsenzienti per non uscire a bocca vuota !!! Nei veri circoli arcigay di milano (non nelle topaie ricavate negli scantinati che non sono nemmeno abitabili e fanno finta di essere dei club) hanno tutti il registratore di cassa e fanno regolarmente lo scontrino, pagando iva e tasse, e il più delle volte lo stesso club ha il codice fiscale per presentare il bilancio incassi/spese a fine d'anno. La tessera serve proprio a selezionare l'ingresso, a tenere fuori la gente di merda come marchette, spacciatori e cacacazzi... E NEI CIRCOLI PRIVATI GLI ALCOLICI SI POSSONO DARE 24 ORE SU 24, la restrizione legale riguarda solo i locali di "spettacolo e trattenimenti (QUELLI CON MUSICA DAL VIVO O DJ)" i i pubblici esercizi. Invece di seguire come caproni chi spara cazzate, leggiamo le normative e impariamo le leggi... sono visibili a tutti su internet, altrimenti SCIACQUAMOCI LA BOCCA, PRIMA DI PARLARE !!!

 
Inviato da: max77vo
Data: 29-06-2010 13:57

La magistratura milanese ha dato il vita, da anni, ad una vera e propria persecuzione politica ai danni dei locali frequentati dalla clientela gay-lesbo, con giustificazioni ai limiti del patetico. Da scompisciarsi la scusa che rilascino la tessera momentanea in attesa che venga accolta la domanda d'iscrizione, espedienti patetici e indegni. Bel problema soprattutto per le forze politiche progressiste, che per anni ci hanno propinato la monarchia giudiziaria come soluzione a tutti i nostri mali.

 
Inviato da: Uno, Nessuno e centomila
Data: 29-06-2010 10:09

Infatti, sono assolutamente daccordo con ferdyferdy!! Ripeto...le cose sono scritte NERO SU BIANCO, all'indirizzo web che ho postato poco fa. Non ci sono fantasie che tengano o "filosofie"..per coprire certi fatti molto ben circostanziati...quindi...parliamo a ragion veduta!!

 
Inviato da: Ospite
Data: 29-06-2010 10:01

[quote="ferdyferdy":1c6nvzi0]No calmiamoci un pò tutti, qui si parla di circoli privati gay e non solo dell'illumined o sbaglio? che questi circoli ci debbano essere son d'accordo, che questi club abbiano fatto calare omicidi e violenze dei luoghi all'aperto sono d'accordo, che sono luoghi di socializzazione in un certo senso si, ma non mi si venga a dire che sono luoghi dove si fa prevenzione perchè mi incazzo come una bestia! in alcuni club si spacciano droghe e farmaci (e sappiamo benissimo che tipi di farmaci possono essere spacciati in un club gay dove si fa solo sex), in altri addirittura si vendono, per non parlare in quasi tutti club del divieto mai rispettato di somministrazione alcolica dopo le 2 o delle sale fumatori inesistenti. in altri club c'è prostituzione, perlopiù straniera e addirittura minorile. Mi son sempre chiesto come facciano ad avere la tessera questi tipi che secondo me alcuni sono pure clandestini. E dopo tutto questo mi vengono a dire che le autorità ci perseguitano? che fanno incursioni in borghese ecc...? piuttosto invece di dire x voci di corridoio che forse c'è un vip nel palazzo a cui diamo fastidio perchè non diamo credito anche alle voci che ci sono persone in alto che avvisano i club di un controllo imminente e magicamente luci e condom si materializzano mentre certi "clienti" droghe ed altro si smaterializzano nel nulla? un dubbio adesso mi viene visto che tutti lo dicono e mai nessuno è stato beccato in flagrante. Che sia chiaro io come altri miei amici non abbiamo nulla contro questi club ma che almeno si rispettino le regole e soprattutto le persone perchè non siamo animali fino a prova contraria. Che poi si voglia arrivare ad una restrizione all'associazionismo correlato ai circoli privati gay come i cruising club io personalmente son d'accordo. Iniziamo col dire che sono club privè a tutti gli effetti e non circoli culturali, incominciamo a far pagare le tasse a questi cruising club perchè ora con la scusa dell'associazionismo culturale non pagano. Tra l'altro lo sapevate che questi "circoli culturali" essendo tali l'ingresso non va pagato e non ci sarebbe obbligo di consumazione? e secondo voi questo avviene? oltre il danno la beffa! ma perchè allora non facciamo come i club privè etero dove x accedere in tutta italia usano una sola tessera di federazione e non associazione culturale e quindi pagano le tasse e di conseguenza vengono fatti controlli igenico-sanitari di routine senza mai lamentarsi? perchè mai noi dovremmo essere così diversi da loro? SI SUICIDI.

 
Inviato da: Uno, Nessuno e Centomila
Data: 29-06-2010 09:57

ILLUMINED - Risponde lo Stato. Vi pregherei di leggere QUESTO link: (accatitipi)//nuovo.camera.it/_dati/leg16/lavori/stenografi
ci/sed303/pdfbtris.pdf POI, magari, si potrà anche ragionare meglio, dato che è TUTTO NERO SU BIANCO..... E si ritorna purtroppo a certi vecchi discorsi riguardanti Arcigay e Circoli... Leggiamo bene!!! MA senza fare troppe fantasie!! perchè proprio NON ce ne sono, direi!!

 

 
 
                                                  2012
 
MARTEDI 7 AGOSTO 2012 (FONTE GAY.IT)
Hanno scritto a Monti e Napolitano chiedendo una legge che imponga la chiusura di saune, cruising, dark room, chat e siti porno per ridare "lustro, credibilità e prestigio alla comunità glbt. 
Se leggendo bene tutto il testo della "Proposta di legge per la chiusura dei locali gay promiscui italiani" scritta dall'Associazione Attivisti gay Harvey Milk" non venissse da pensare ad un'uscita autoironica, ci sarebbe quasi da preoccuparsi. Perché i toni rievocano quelli delle peggiori repressioni subite dalla comunità gay sotto i regimi totalitari nell'arco della storia, oltre ad attingere ad un pozzo, a quanto pare inesauribile anche per alcuni appartenenti alla comunità, dei peggiori luoghi comuni sui gay.
Ma andiamo con ordine.

Il gruppo in questione, specificatamente i presidenti (addirittura due) Ivan Spinelli e Marco Bottaro, il vicepresidente Mauro Merlino "e tutto lo staff della Associazione Attivisti Gay Harvey Milk", ha scritto al Presidente Napolitano e al Premier Monti, in rappresentanza di tutto il governo, perché promulghino un "disegno di legge atto alla chiusura dei locali omosessuali promiscui (saune, battuage, dark room)2. Ma non è tutto. Gli attivisti chiedono anche (riportiamo testualmente)"la collaborazione e la vigilanza delle Forze dell'Ordine statali sia interne che esterne nei locali omosessuali adibiti a discoteche e pub in quanto motivo di scandalo per la nostra comunità, portandovi alla  luce del consumo eccessivo di stupefacenti e alcolici e super alcolici che vengono serviti ai minori e questa situazione vi assicuriamo che è fuori controllo".
Gay.it - Il gruppo gay che vuole chiudere chat e locali E ancora: "Segnalandovi che all'esterno di suddetti locali avvengono episodi di Estrema Violenza e Brutalità Con Pestaggi Gratuiti Motivati dal proprio Orientamento Sessuale , e ci auguriamo che suddette Forze del Ordine Agiscono senza Remore e con Pugno di Ferro con la massima Severità e Tutela". Tralasciando per un attimo la forma, quello che lascia seriamente perplessi non è tanto la richiesta di tutela contro la violenza omofoba fuori dai luoghi di ritrovo, quanto la confusione dei piani e delle situazioni che farebbero sembrare una soluzione alla violenza omofoba, la chiusura dei luoghi di ritrovo lgbt.
Gay.it - Il gruppo gay che vuole chiudere chat e locali Ma sotto la scure degli attivisti cade anche internet: "Chiediamo a Voi Alte Cariche Dello Stato inoltre di provvedere al contenimento e la restrizione e l'eliminazione di siti web Pornografici e chat per la grandissima minaccia concreta e tangibile della Pedofilia". Se non fosse preso dal sito di un'associazione gay, sembrerebbe il proclama di un gruppo religioso ultraortodosso omofobo, di quelli contro cui la comunità lgbt, di solito, si schiera.
Tutti questi provvedimenti, che quelli della
Harvey Milk si dicono sicuri che Monti e Napolitano approveranno, servirebbero a ridare "prestigio, lustro e credibilità" alla comunità omosessuale italiana.
E per essere sicuri di essere presi in considerazione, a fine lettera gli attivisti sfoderano l'asso nella manica: alcune presunte autorità europee e la credibilità internazionale.

Gay.it - Il gruppo gay che vuole chiudere chat e locali "Se invece le nostre richieste di democrazia , libertà e tutela non saranno riconosciute e garantite dal nostro Governo e dalle vostre persone - scrivono - faremo un esposto all'Alta Corte Del parlamento Europeo e all' Onu chiedendo il loro appoggio , aiuto e sostegno per mettere in mora questo paese visto che il nostro governo rimane cieco e sordo difronte alla legittima richiesta di diritti civili e umani . e questo non gioverà al' immagine della repubblica italiana sul' Europa facendovi perdere cosi credibilità. rispetto e fiducia !!!! ". Monti e Napolitano sono avvertiti, dunque. Per il resto, non rimane che sperare che l'epoca dei torridi anticicloni sahariani sia concluda prima possibile. Quanto ad Harvey Milk, infine, sicuri che appoggerebbe questo genere di iniziative?
                                     2014
 
 

Roma: ragazza violentata in una dark room da quattro persone.

I fatti risalgono a tre anni fa,quando la giovane andò insieme al fidanzato e a un’amica nel locale di Testaccio “Frutta e Verdura”

 

22 gennaio 2014

Fanpage.it
 

Il locale si chiama "Frutta e verdura", si trova nel quartiere Testaccio di Roma ed è un luogo che apre alle prime ore dell'alba per intrattenere quanti – dopo una lunga notte di divertimento – non intendono ancora tornare a casa. All'interno di queste "dark room", tuttavia, si consumano esplicitamente dei rapporti sessuali e talvolta anche delle violenze. Come quella di tre anni fa, quando come racconta Il Messaggero un transessuale ed altre persone abusarono di una ragazza. Il trans, di 26 anni, rischia ora di essere condannato per violenza sessuale di gruppo e sequestro di persona.

Ma vediamo i fatti: la ragazza entrò nel locale dopo aver trascorso una serata con il suo fidanzato ed un'amica. Bevono e chiacchierano con un transessuale che si fa chiamare Sara e che si offre di accompagnarla in bagno, ma che invece la conduce in una dark room dove non vede nulla, ma sente mani che la palpeggiano ovunque. La giovane tenta di fuggire, ma secondo l'accusa non ci riesce perché a impedirglielo è Sara, che la sbatte contro un muro. E' qui che inizia la violenza sessuale ad opera della trans e di altre tre persone che lasciano la ragazza sfinita per terra, completamente sola. A trovarla, svariati minuti dopo, sarebbe stata l'amica.

Inizialmente la giovane non vuole raccontare nulla al suo fidanzato. Solo successivamente, quando il dolore diventa insopportabile, i due vanno insieme al commissariato di Celio ma non sanno chi denunciare. Per questo cercano su facebook il profilo della trans, che adesso siede al banco degli imputati.

 

continua su: http://www.fanpage.it/roma-ragazza-violentata-in-una-dark-room-da-quattro-persone/




Nessun commento:

Posta un commento