MASSIMO CONSOLI

                                       work in progress!!

                                                                      1970


  "TI DEVI OCCUPARE DEGLI OMOSESSUALI IN ITALIA"


Quella che segue è la copia di una lettera regalatami da Massimo Consoli e scrittagli da Dario Bellezza nel 1970,  nella quale il poeta esorta Consoli ad "occuparsi della situazione degli omosessuali in Italia". L'originale di questa lettera insieme al resto dei documenti che facevano capo all'archivio "Massimo Consoli" è stato acquisito dallo Stato alla fine degli anni   '90  inizi 2000. Mi auguro che tutto il materiale dell'ARCHIVIO MASSIMO CONSOLI sia messo sulla rete a disposizione di tutti....e in fretta!!!
ANTONIO DI GIACOMO
 
 
 
 
 
LETTERA DI DARIO BELLEZZA A MASSIMO CONSOLI
 
 











 
                                    1971




RAPPORTO SULLA PUBBLICISTICA OMOSESSUALE IN ITALIA FINO AL NOVEMBRE DEL 1971 

 di Massimo Consoli

compilato per conto dell'Organizzazione Olandese degli Omofili COC (Nederlandse Vereniging Van Homofielen)



 
Al grado di emancipazione morale cui è giunta la nostra società occidentale e consumistica, non costituisce più notizia straordinaria o insolita la creazione di nuove associazioni omofile o la nascita di giornali omosessuali non solo a livello esclusivamente scientifico o culturale in senso letterario, ma anche smaccatamente pornografici o volgari. La Danimarca e la Svezia sono all'avanguardia di questa rivoluzione sessuale, che però vi ha assunto una configurazione prevalentemente pornografica, cioè, consumistica. L'Olanda ha preso una posizione un po' più intelligente, curando soprattutto l'aspetto sociale della realtà gay. La Francia sta vivendo il suo periodo più bellicoso con la nascita e le attività a ritmo incalzante del FHAR (Front Homosexuel d'Action Révolutionnaire) che, sull'esempio del GLF statunitense e di analoghi gruppi europei, ha stretto un'alleanza tattica con il Movimento di Liberazione delle Donne (MLF), e si è visto offrire la collaborazione del più importante giornale della sinistra libertaria extra-parlamentare. "Tout", il quindicinale, anarco-maoista già diretto dal filosofo Jean Paul Sartre.

Nei paesi meridionali la situazione è notevolmente diversa. In Grecia, dopo il colpo di stato del 21 aprile 1967, sotto il benevolo consenso (anzi, incoraggiamento) dei colonnelli, furono organizzate cacce all'omosessuale, in seguito interrotte per motivi "turistici". In Spagna, in seguito alla legge del 1970, gli omosessuali sono stati dichiarati pericolo sociale insieme alle seguenti categorie di persone: i vagabondi abituali, i ruffiani, le prostitute, i minori di 21 anni in stato di abbandono familiare e che siano moralmente pervertiti, i mendicanti professionali e quelli che vivono della mendicità altrui, i malati mentali che, in mancanza di cure, costituiscono un pericolo per la società, gli ubriachi inveterati e i tossicomani, i trafficanti di droga, coloro i quali in disprezzo alle regole della vita sociale, dei buoni costumi e del rispetto dovuto alle persone, si comportano in maniera insolente, brutale, a pregiudizio della comunità e dei suoi membri , degli animali o delle cose, coloro che si riuniscono in bande con intendimenti manifestamente delittuosi, coloro che abitualmente e per denaro facilitano l'ingresso o l'uscita dalla Spagna a persone non munite di regolare autorizzazione, coloro che frequentano abitualmente dei delinquenti, o i luoghi ove si riuniscono i delinquenti, o commettono in maniera continuativa dei delitti "comuni", ivi, compresi quelli di circolazione, rivelando in tal modo una attitudine delittuosa, i recidivi di qualsiasi delitto.

In Italia la situazione è del tutto diversa e, in ogni caso, in via di continuo miglioramento. Le acque furono mosse, per la prima volta nel 1958, da Gino Olivari, un professonista milanese che pubblicò, a proprie spese, una serie di articoli che furono in seguito raccolti in volume sotto il titolo "Omosessualità". In essi l'autore dava una sua interpretazione personale, non convenzionale, al problema omofilo, ispirandosi ad un fatto di cronaca avvenuto in una pensione di Roma verso la fine del 1950. Questa serie di articoli gli costò un processo per oltraggio al pudore dal quale, comunque, fu assolto con formula piena, mentre il Tribunale Correzionale di Milano definiva i suoi scritti "rigorosamente scientifici, non intaccanti affatto il senso del pudore". La sua tesi, allora rivoluzionaria, ma che alla luce della scienza moderna risulta piuttosto peregrina, voleva l'omosessualità insorgere in seguito a scompensi ormonali.

Verso il 1966, a Pescara, un filosofo d'estrazione marxista, Enzo Martucci, grande ammiratore di Nietzsche e di Max Stirner, pubblicò a intervalli regolari e sotto titoli continuamente differenti, un giornale che difendeva apertamente l'omosessualità e, bisogna ammetterlo, con ostentazione di notevole cultura. Alla fine di quello stesso anno fece la sua comparsa una nuova casa editrice: "Lo scorpione", pubblicando un libro di Edwin Fey, "Estate a Sodoma". Nelle intenzioni dei due responsabili della collana, l'originalità dell'impresa doveva essere nella scelta degli argomenti, esclusivamente gay. L'niziativa non durò a lungo perché i due, che voci incontrollate volevano figli di un grosso personaggio di Torino, si videro tagliati i fondi dallo scandalizzato genitore.

Ma la prima pubblicazione che organizzò una vera e propria rubrica con periodicità fissa, dedicata tutta alla tematica gay, fu una nuova rivista apparsa nel 1968. Si chiamava "LSD", ed anch'essa non ebbe vita lunga. Sequestrata continuamente, finì nel giro di poche settimane ma lasciò un precedente, un'eredità che altri non mancarono di farsi avanti a raccogliere. Ormai si era scoperto un altro filone da sfruttare giornalisticamente, e le statistiche della Germania, che (dicevano le solite voci incontrollate) con una popolazione non molto superiore a quella italiana riusciva a tirare 240.000 copie mensili di tre delle sue riviste più diffuse ("Du und Ich", "don", "Him"), spinsero altri editori ed altri giornali a farsi avanti.
 
 
 
 
Massimo Consoli e Salvatore Adelfio ad Amsterdam
 
 


Comunque, già da una decina d'anni Maurizio Bellotti, abbastanza noto per aver avuto a suo tempo una violenta polemica con il settimanale neofascista "Il Borghese" e proprio per fatti sessuali, redige una rubrica su un mensile francese. "Arcadie", questo è il nome del periodico, pubblica in media due volte l'anno un notiziario intitolato "Nouvelles d'Italie", su tutto ciò che di rilevante avviene in Italia e del quale si parla del nostro Paese. Il redattore è sempre straordinariamente informato anche se i suoi articoli, per via delle necessità di tradizione, di preparazione del numero, di stampa e distribuzione, sono pervicacemente in ritardo. La redazione è piuttosto "artigianale", anche se tra i collaboratori vanno citati personaggi del calibro di Roger Peyrefitte, Jean Cocteau (che la tenne a battesimo), Giovanni Comisso e molti altri meno noti. In origine pubblicava anche foto e qualche disegno. Ora non più. E' rigorosamente culturale e non concede nella all'immagine. Un'altra pubblicazione che sembrava diretta verso un brillante avvenire fu "Uni": bimestrale danese pubblicato in varie lingue. E' stata la prima rivista esclusivamente gay dedicata anche al nostro pubblico, stampata nella nostra lingua. A differenza di "Arcadie", pubblicava abbastanza volentieri foro di nudi maschili, molto castigati. Disgraziatamente, il gruppo editoriale che la produceva, l'"IHWO" (International Homosexual World Organization") si è scisso in due parti, una delle quali si è trasferita in Svezia, e la rivista non esce più. Anche a questa collaboravano firme autorevoli, l'on. Edward Brongersma. Deputato al Parlamento olandese, il prof. Michel Bouhy van Helzie, belga, e così via.

Sia "Arcadie" che "Uni" erano periodici che non si ripromettevano fini commerciali. Il caso è diverso per gli unici due settimanali italiani, che, fino alla scorsa estate, hanno dedicato alcune rubriche all'argomento: "Men" e "Le Ore". "Men" è stato il primo in assoluto a raccogliere, migliorandola, l'eredità di "LSD". Da circa tre anni pubblica regolarmente rubriche su argomenti gay. Ha cominciato con una cronaca mondana "leggera", ed è arrivato, in talune occasioni, ad una punta di tre, quattro ed anche cinque servizi settimanali su tali argomenti (processi, cronaca nera, recensioni librarie o cinematografiche, nudi maschili..) Ultimamente , da circa un anno, ha ristretto l'interesse verso una rubrica di "Lettere ad Oscar", rubrica di corrispondenza con i lettori curata da Giò Stajano, vero factotum del giornale per questi argomenti, piuttosto noto in Italia fin da quando interpretò una parte nel film di Federico Fellini, "La Dolce Vita", e poi per aver pubblicato alcuni libri sulla vita intima di personalità politiche o culturali della capitale che furono immediatamente sequestrati. Il secondo settimanale del quale ci occupiamo è "Le Ore". Il primo numero, che uscì un anno fa (il 16 novembre del '70), avvertiva che si trattava di un giornale "aperto" ai problemi omosessuali, ed in un' intervista a "Panorama", l'editore Balsamo (che fu, significatamente, lo stesso fondatore di Men anche se, ormai, non vi ha più nulla a che vedere), lasciò detto che buona parte dei suoi lettori erano "omosessuali maschi e femmine che trovano sul giornale un linguaggio franco", dimostrando in tal modo l'estrema possibilità di manipolazione cui è sottoposto il linguaggio. Il livello culturale dell'ebdomadario è decisamente zero! Gli articoli sull'omosessualità sono numerosi e squallidi: una paccottiglia di pessimo gusto nella quale la confusione è l'unico elemento comune tra tanta ignoranza del tema. La rubrica di corrispondenza, imitata di sana pianta dalle "Lettere di Oscar", è una contina esortazione a "guarire", a "tornare sulla retta via", a "ritrovare se stessi" e così via. Prima di concludere questo rapporto è necessario citare altre due settimanali che, pur non riservando rubriche fisse sull'omosessualità, tuttavia dedicano ad essa articoli di tanto in tanto, più intelligenti che la massa della pubblicistica italiana, o la considerano in un contesto decisamente favorevole. "ABC" è il giornale che ha iniziato e condotto la campagna pro-divorzio e che continua, rivolgendosi ad un pubblico popolare con un linguaggio semplice, a lottare per una maggiore presa di coscienza individuale. "L'Espresso" è l'organo della sinistra antiautoritaria italiana. Nato come espressione radicale, è attualmente uno dei più seguiti ed autorevoli settimanali del nostro Paese.


Fuori! N° 0, uscito il 27 febbraio 1972 con la data del dicembre 1971)

 

OMOSESSUALITA’ E RlVOLUZIONE

 

di Massimo Consoli

 

         In tutto il mondo gli omosessuali sono in fermento: hanno scoperto la rivoluzione e, quel che forse è più importante, la rivoluzione ha scoperto gli omosessuali.  Non è certo un caso che negli Stati Uniti, Huey P. Newton, ministro della Difesa del Black Panther Party, appena uscito di prigione, il 5 agosto 1970, abbia pronunciato una dichiarazione in favore della giusta lotta degli omosessuali e delle donne, ripresa dalla stampa di tutto il mondo e commentata in maniera particolarmente approfondita e positiva dalle pubblicazioni della Sinistra (in Francia da "Tout", giornale del gruppo "Vive la Révolution” diretto da Sartre, e da “Actuel”, rivista underground; in Belgio da “XYZ”, periodico libero deg1i obiettori di coscienza; in Italia da "Ubu").   La “Dichiarazione”, destinata dapprincipio ai soli militanti del Black Panther Party, fu in seguito giudicata di importanza tale da renderne necessaria la pubblica conoscenza. Bisogna comunque premettere una considerazione. La scoperta dell’omosessualità come fattore rivoluzionario va intesa nel senso di “Movimento omosessuale”.   In effetti, tra gli omosessuali, ci sono sempre stati numerosi rivoluzionari (come del resto molti reazionari). Senza spostar troppo l’ottica del nostro campo d’azione, basterà qui rlcordare Fourier, Proudhon, Bakunin, Stirner, oggi normalmente.riconosciuti omosessuali da qualsiasi studioso approfondito nel socialismo o nell’omosessualità. Vale la pena di consultare a questo proposito, l’essenziale “Essais sur la Révolution Sexuelle” di Daniel Guérin; inoltre “Le Nouveau monde amoureux” di Fourier; le “Opere complete” di Proudon, soprattutto “La pornocratie ou les femmes dans les temps modernes”; “L’anarchia” di Woodcock al capitolo su Bakunin, pag. 150; e “L’unico e la sua proprietà” di Max Stirner, dove, alla fine del capitolo “i miei rapporti”, pag. 272 e seguenti del secondo volume, fa delle affermazioni dal tono indubitabilmente omosessuale. Ma torniamo alla “Dichiarazione” di Huey P. Newton. In essa, il ministro della difesa del Black Panther Party, pur ammettendo di. non poter dare una spiegazione soddisfacente dal punto di vista scientifico, del fenomeno omosessuale, ma di non poterlo ritenere, in ogni caso, un prodotto della decadenza del capitalismo, confessa di riconoscere che non soltanto un omosessuale può essere un rivoluzionario, ma che “al contrario, ci sono forti possibilità che un omosessuale sia tra i più rivoluzionari dei rivoluzionari. E, in effetti, come riporta un giornale francese nel suo commento alla Dichiarazione, il Gay Liberation Front “raggruppa tendenze che noi qualificheremmo gauchistes... andanti dai maoisti e anarco-maoisti fino agli Hippies e ad una frangia liberale della Sinistra, inoltre ha copiato l’azione dei militanti del partito delle Pantere Nere, creando delle contro-istituzioni, sforzandosi di assicurare la protezione, legale e non, degli omosessuali contro la polizia e contro la mafia dei bars, lottando contro la discriminazione della quale sono vittime gli omosessuali, soprattutto nel lavoro, ecc." Del pari, ed in senso inverso, Daniel Guérin, teorico del marxismo libertario, sostiene che “solo una società collettivistica, di carattere libertario può, in una ritrovata fratellanza, far spazio agli omosessuali”. E porta, come valido esempio, il maggio ‘68 in Francia, “Rivoluzione autenticamente !libertaria nella quale gli studenti non hanno esitato ad attribuire diritto di cittadinanza all’omosessualità”.

Massimo Consoli negli anni 70
 


Sempre nella sua “Dichiarazione”, Huey P. Newton riconosce ancora, che il “sentimento di insicurezza che l’omosessualità fa nascere in ognuno di noi, e nello stesso movimento rivoluzionario negro-americano, e così forte quanto ingiustificato, perché abbiamo paura noi stessi di essere omosessuali”. Erano molti anni che non si sentiva un rivoluzionario eterosessuale parlare così: da quando la Rivoluzione Sovietica, nata come reazione libertaria ad una situazione di orribile e inumano sfruttamento degli individui e che aveva soppresso la vecchia legislazione zarista che puniva l’omofilia con un lungo periodo di carcere, spiegando che “era necessario abbattere il muro che divideva gli omosessuali dal resto della società" fu seppellita, prima da Lenin e poi da Stalin, e nel 1934 fu approvata una nuova legge che proibiva e puniva i rapporti sessuali fra uomini, giudicati come “crimini sociali” (!). Ultimamente solo Kinsey e il dott. Ullerstam, insieme a pochissimi altri, avevano trattato a livello scientifico a fondo e senza pregiudizi il problema dell’omosessualità. Il Gay Liberation Front ha avuto origine il 28 giugno 1969, “quando la polizia fece irruzione in un bar di omosessuali al Greenwich Village: Lo fanno spesso in questi bars, soprattutto in periodo elettorale. Ma in passato, quando capitava, non facevi altro che subire gli insulti dei poliziotti e magari te la cavavi con qualche epiteto o una botta in testa. Oppure ti portavano al commissariato e ti rilasciavano la mattina dopo. Ma il 28 giugno 1969 non fu così... C’era la solita gente di tutti i week-end, in maggioranza giovani, ma stavolta invece di subire reagirono. Incominciarono a sradicare parchimetri e a buttare sassi e monete agli agenti, e gli agenti furono costretti a rifugiarsi nel bar e a chiedere rinforzi” (Merle Miller: “Essere omosessuale” documento pubblicato sul numero 258 di Panorama del 25/3/1971). Il primo anniversario di questa manifestazione fu celebrato, il 28 giugno del 1970, con una sfilata di circa 10.000 omosessuali dei due sessi lungo la sesta avenue di New York, ed in altre città degli USA, e nella seconda ricorrenza avvenuta da poco si sono svolte manifestazioni in tutte le principali città dell’America e dell’Europa settentrionale. Nessuna città italiana e stata compresa nell’invito, stante fino a questo momento, l’assoluta inesistenza di un qualsivoglia embrione di organizzazione omosessuale nel nostro paese[1], ma, quel che è più strano, anche Parigi è stata ignorata. Una caratteristica comune a tutti i movimenti di liberazione omosessuale attualmente esistenti è la loro alleanza tattica con i movimenti di liberazione delle donne. Questa alleanza è stata teorizzata a diversi livelli e a più riprese. Ultimamente si poteva leggere, su di un volantino diffuso a cura del comitato “Offensiva di primavera” per interessamento del Gay Liberation Front, che “le relazioni umane fondate sui ruoli sessuali condizionano gli uomini all’aggressività e alla zuffa, e le donne ad accettare uno status inferiore. Il sistema stigmatizza coloro che lo sfuggono, rinchiudendoli in categorie come pederasti e estranei. Gli omosessuali sono estranei nella loro propria cultura. La vera pace passa attraverso il rifiuto dei ruoli sessuali, cioè, attraverso il rifiuto di questa civiltà. Questa alleanza fu profetizzata, sebbene a sua insaputa, perfino da Padre Tillette, quando, alcuni anni fa, sui Quaderni Cattolici di Laennec, a Parigi, scrisse che “omosessuali e donne emancipate si danno la mano”. In Olanda lo ZOOS, organizzazione rivoluzionaria di giovani omosessuali, conduce un’azione di stretta solidarietà con il DOLLE MINA, il movimento per la liberazione delle donne olandesi, con il quale condivide addirittura la sede, mentre una pubblicazione particolarmente diffusa, SEXTANT, organo ufficiale della NVSH (Nederlandse Vereniging voor Sexuele Hervoorming (Società Olandese per la Riforma Sessuale) è già da tempo il punto d’incontro di donne emancipate, omosessuali ed eterosessuali progressisti. Anche in Francia MLD e FHAR (Front Homosexuel d’Action Révolutionnaire) hanno cominciato ad agire in comune, fin da quando, il 5 marzo scorso, s’incontrarono a Maubert-Mutualité per sabotare il meeting sull’aborto del prof. Lejeune, individuo piuttosto noto in Francia per aver pubblicato su Le Monde dello scorso anno un articolo a proposito della pillola e del Canada (?), le cui statistiche erano interamente false, come fu provato in maniera indubitabile da Evelyne Sullerot, una delle compilatrici della nuova legge sull’aborto. Il 10 marzo si ritrovarono insieme di nuovo a contraddire Ménie Grégorie, che esponeva teorie del tutto opinabili sull’omosessualità a radio-Luxembourg.

Negli Stati Uniti l’intesa è arrivata a tal punto che, mentre gli uomini eterosessuali sono tenuti al di fuori di ogni iniziativa dei MLD, gli omosessuali vi sono bene accetti, anzi il loro consiglio è espressamente richiesto. Non per niente Kate Millet, professoressa al Barnard College, autrice del best-seller “Sexual politics” (politica dei sessi), probabilmente la più autorevole femminista americana contemporanea, a più riprese ha dichiarato la sua simpatia nei confronti degli omosessuali. La scorsa estate ando a parlare alle Figlie di Bilitis, una organizzazione di lesbiche e disse: “Sono molto contenta di essere qui... avrei voluto venirci inconsciamente da un pezzo, ma ero troppo fifona... ora comunque sono uscita dal mio nascondiglio. Ed eccomi in mezzo a voi”. E nel suo “Manifesto per la Rivoluzione” in otto punti, elencando le condizioni desiderabili su basi razionali, morali ed umanistiche, per realizzare tale Rivoluzione auspica al sesto punto, la bisessualità, o meglio: “Bisex, ovvero fine della perversa eterosessualità forzata, cosi che l’atto sessuale cessi d’essere arbitrariamente polarizzato tra maschio e femmina, con 1’esclusione dell’espressione sessuale tra membri dello stesso sesso”. L’Italia è, come al solito, alla retroguardia di tutti questi fermenti. Nel nostro paese si è cominciato solo ultimamente ad avvertire il problema della Liberazione delle Donne, ed il primo congresso dei vari MLD si è tenuto a Roma il 27 febbraio di quest’anno. Il campo restava libero alle sole azioni individuali e, in effetti, è proprio dall’Italia (e per giunta, dalla Sicilia) che è partita una protesta la quale, con ogni probabilità, non ha precedenti nella storia: un giovane ha presentato obiezione di coscienza al servizio militare, dichiarandosi anarchico e omosessuale...Il giovane, Salvatore Adelfio, nato a Palermo il 5/12/’51 si trova attualmente all’estero per far conoscere e spiegare l’esatto significato del suo gesto ma conta di tornare quanto prima In Italia per contribuire a una soluzione rivoluzionaria del problema omosessuale nel nostro paese.

 




[1] Ma nello stesso 1971, il sottoscritto partecipava ad Amsterdam alla preparazione della prima commemorazione dello Stonewall fuori dagli Stati Uniti, insieme ai movimenti "omofili" olandesi.




                                                                           1979


 

Il Convento occupato di via del Colosseo è stato il fondale storico ed in disfacimento di questi accadimenti  succedutisi nell’arco delle prime quattro giornate novembrine che non avrebbero avuto mai un cantore…

 

….In fondo alla discesa un portone aperto, Lì davanti i froci. Pochi per la verità, troneggiati da Massimo Consoli della “Gay House”, abbigliato in nero, con un mantello nero come un cocchiere ottocentesco senza la tuba in testa. Pallido e mortuario lui, poco gai per la verità anche gli altri.

 

 

Tratto da  un articolo apparso sul numero di LAMBDA N.24  NOV.DIC 1979  dal titolo AI MARGINI DEL CONVEGNO scritto da Beppe Occhipinti


1990

di MASSIMO CONSOLI



        Nonostante l’accumularsi di tante tensioni, quello che successe subito dopo i “fatti di Stonewall” colse quasi tutti di sorpresa.
Durante il “Maggio” francese dell’anno prima (1968) c’era stata una prima avvisaglia. Mentre gli studenti della Sorbonne insorgevano contro uno stato di cose ormai divenuto intollerabile, un anonimo Comité d’Action Péderastique Révolutionnaire firmava otto copie di un dazebao affisso all’interno dell’Univeersità, e distribuiva mille volantini all’Odeon e nei gabinetti pubblici di Parigi.
Dopo un’attività semiclandestina in un gruppo che, sintomaticamente era stato battezzato La rivoluzione è Verde, e che si era limitato fin dal 1963 a mandare lettere ai giornali per protestare contro il linguaggio usato nel trattare la tematica gay, chi scrive cominciò proprio nel 1968 a pubblicare i primi, timidi articoli nei quali l’omosessualità era sottintesa, sì, ma ancora non citata con il suo nome. (“Il mondo dei giovani visto da un giovane” Tempo d’Europa 1968)
          Più tardi tornavo sull’argomento affrontando il tema dell’intolleranza (l’intolleranza, Tempo d’Europa 1969) ed usando per la prima volta, (ma sempre molto prudentemente) la parola “omosessuali”, e firmando fin dall’inizio con il mio nome e cognome.

Contemporaneamente, attraverso una piccola associazione culturale (associazione culturale Roma 1), avevo l’opportunità di fare un discorso più strutturale e rivendicativo.
Seguirono vari altri articoli  ( L’Internazionale  1969 e Umanità Nova 1969) che, più tardi costituirono la base di un saggio nel quale si contestava la natura oppressiva della società e si auspicava l’avvento di una vera e propria “rivoluzione morale” che spazzasse via l’ordine costituito ed instaurasse una nuova comunità fondata sull’amore e sul rispetto reciproco (Appunti per una rivoluzione morale).
 
          Tra il ’69 e il ’71, trasferito in Olanda perché impossibilitato ad esprimermi liberamente e perché, ormai, tenuto sotto controllo dalla polizia, pubblicavo il Manifesto per la Rivoluzione Morale: l’Omosessualità Rivoluzionaria, un testo al quale avevano dato il loro contributo numerosi esponenti culturali europei e che costituisce il primo documento di liberazione gay apparso in italiano e curato da un minuscolo gruppo di italiani (e un olandese)…all’estero!
Nel dicembre dello stesso anno (1971 nda), in Italia usciva il numero zero del F.U.O.R.I., Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano, con apporti dal Fhar francese (al quale si ispirava perfino nella sigla), e da quello americano. Uscir fuori, infatti, riecheggiava il classico Coming Out anglosassone.
           Contemporaneamente, la vecchia associazione culturale Roma-1 diventava Rivolta Omosessuale (R.O.), e riempiva l’intera capitale di scritte rivoluzionarie, molte delle quali, ancora oggi, (1990 nda) sono visibili nei pressi di Ponte Garibaldi.
Il F.U.O.R.I.!,  che nel corso degli anni perderà i puntini e le maiuscole per diventare più semplicemente Fuori!,era nato nell’aprile dello stesso anno, quando un primo nucleo si era formato a Torino e, quasi contemporaneamente, altri gruppi nascevano a Roma e Milano.
L’occasione era stata fornita dal quotidiano La Stampa che, il 15 di quel mese, aveva pubblicato un allucinante articolo del professor Andrea Romero, intitolato “L’infelice che Ama la Propria Immagine”, pieno dei soliti, triti luoghi comuni sul “problema di scottante attualità”.
 
            Una lettera al direttore del quotidiano torinese, scritta da un gruppo di amici, era rimasta senza risposta. Un intervento del settimanale Panorama lasciò le cose come (ambiguamente) stavano finché, una sera del maggio successivo, nella casa milanese della scrittrice Fernanda Pivano, la rabbia e l’indignazione che covavano da tempo trovarono la loro espressione nell’idea di dar vita ad un movimento gay anche in Italia.
Poi si pensò di fare un giornale che fosse il portavoce di questo movimento, che fornisse un’informazione più corretta e che servisse a mantenere i contatti tra le varie realtà del Paese.
             Tra alti e bassi, momenti di gloria e di crisi, il Fuori! portò una ventata di speranza all’interno della comunità gay italiana, contribuendo alla formazione della prima generazione di militanti coscienti e preparati.
(Già in Italia), Rivolta Omosessuale (RO) aveva sentito questa esigenza, diventando CIDAMS (Centro Italiano per la Documentazione delle Attività delle Minoranze Sociali), il 19 maggio del 1973 e pubblicando l’OMPO (Organo del Movimento Politico degli Omosessuali), a cominciare dall’aprile del 1975.
              Poco prima, il 13 dicembre del 1972, a Milano, era stata regolarmente costituita con atto notarile l’AIRDO, Associazione Italiana per il Riconoscimento dei Diritti degli Omofili che, nonostante le buone intenzioni dei fondatori (tra i quali Gino Olivari ed Elio Modugno), già nell’uso del sostantivo “omofili” denunciava una totale mancanza di comprensione dei nuovi tempi e della nuova realtà storica che si andava affermando.
Il 21 febbraio del 1976, ancora a Roma, nasceva l’OMPO’s, la prima associazione gay italiana culturale e ricreativa con uno straordinario programma di impegni in tutti i campi: discoteca, teatro, letture di poesie, conferenze culturali e politiche, film, mostre di quadri e di fotografie, presentazioni di libri, consultorio medico-sociale (con quindici anni di anticipo sull’aids!),consulenza per gli studiosi, raccolta di informazioni, dati, statistiche (…) fino ad organizzare, il 22 settembre del 1979, la prima “Rassegna internazionale della Stampa Omosessuale”, il famoso “Festival 0” che, in pochi giorni, vide la partecipazione di 3500 visitatori, molti dei quali eterosessuali, e  con i loro figli.
                Fu la prima, vera occasione, per la stampa italiana, di “scoprire” la realtà gay al di fuori del solito cliché della cronaca nera e quasi tutti i quotidiani, i settimanali, le stazioni radio e televisive coprirono l’avvenimento in termini più che positivi.
Un po’ più tardi, anche il gruppo di Torino vicino al Fuori! creava la Fondazione Sandro Penna, mentre il circolo 28 giugno , a Bologna, cominciava un suo archivio per raccogliervi le numerose pubblicazioni che si erano andate via via stampando: Con noi, Lambda, Playgay, Sodoma e Babilonia, inventata da Felix Cossolo e diretta da Ivan Teobaldelli.
                 Agli inizi degli anni 90, infine la febbre archivistica ha contagiato un po’ tutti e, in giro per l’Italia, nascono biblioteche e archivi in quasi tutti i gruppi locali, come all’Antinoo” di Napoli, al Maurice di Torino, all’Arci Gay” di Mestre, di Ragusa, di Firenze…
(In Italia), intanto, tra il 9 dicembre del 1980 e il 23 aprile del 1985, prendeva corpo la più grande organizzazione nazionale, l’Arci Gay, che nel 1989 raggiungeva la cifra di 13000 iscritti.
Poi, come una doccia fredda, arrivò l’aids.
Nel dicembre dello stesso anno (1981), in Italia, Ompo pubblicava il primo articolo su questo nuovo male ancora senza nome (L’articolo era intitolato “un nuovo male americano? Dopo la sifilide nel 15^ secolo è in arrivo la peste del XX^ secolo”…)e in poco tempo, il mensile diventava un vero e proprio bollettino di informazione sull’aids, unico nel suo genere, e teneva una rubrica interamente dedicata allo stesso argomento su una radio locale ( 1985 Radio Onda Rossa).
                  Nel 1983, a Roma, era nato il Circolo Mario Mieli, dal nome di un famoso militante e intellettuale morto il 12 marzo dello stesso anno. Nel circolo erano confluiti il collettivo “Narciso” ed il “Fuori!” locale che, insieme, si erano già presentati come Coordinamento Unitario Omosessuale Romano (CUOR).
Il “Mario Mieli”, specializzandosi in aids, sarà una delle poche organizzazioni gay italiane a ricevere dei finanziamenti pubblici attraverso la Regione Lazio (200 milioni, nel 1989).
La comparsa dell’aids fu una vera manna dal cielo per quei gruppi della destra più retriva e reazionaria che non avevano più argomenti medici, morali o religiosi da contrapporre alla trionfante integrazione della realtà gay nella società contemporanea.
                   L’aids era il “flagello di Dio”, mandato dal padreterno sulla Terra a punire i corrotti mortali per la loro accettazione i comportamenti innaturali. Di questa teoria, in Italia, si fece portavoce l’arcivescovo di Genova, cardinale Giuseppe Siri, scomparso nel maggio del 1989.
Le organizzazioni degli integralisti cristiani, ormai sulla bancarotta e sul punto di scomparire (tant’è vero che gli stessi gay, nel corso della loro decennale lotta di liberazione non avevano troppo risentimento contro il monoteismo giudeo-cristiano, pur sapendo che era all’origine delle loro persecuzioni), ricevettero nuova linfa e nuovi soldi anzi si arricchirono anche di più di prima.
                    I mass media si gettarono avidamente su questo nuovo filone che tra l’altro, permetteva inchieste sensazionalistiche sugli “stili di vita” di una frangia sociale da sempre misconosciuta. Gli eterosessuali, così, scoprirono che c’erano certi gay che avevano più di mille rapporti sessuali l’anno ignorando, evidentemente, che c’erano gay che non avevano mai avuto un solo rapporto sessuale nell’arco della loro intera vita.
                    Comunque, la Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (A.I.D.S.) è stata un evento straordinario anche sotto altri aspetti. Non era mai successo prima, infatti, che ad una malattia venisse data una così chiara e organizzata risposta politica da parte di quelli che ne erano colpiti, prima e più ancora che se ne occupassero le autorità preposte…
E ancora, da un punto di vista sociale, l’aids è stata un freno all’integrazione dei gay, ma, politicamente, i governi hanno dovuto riconoscerne l’esistenza ed invitarli ufficialmente a partecipare ai piani di prevenzione e di ricerca sulla sindrome. (In Italia, il circolo di cultura gay “Mario Mieli”, diretto da Vanni Piccolo, era stato prima messo da parte, e poi quasi immediatamente re interpellato in merito alle attività di controllo dell’epidemia).
 
                    Di conseguenza, mentre le vecchie organizzazioni avevano sempre avuto dei grossi problemi finanziari da risolvere, e chi vi lavorava lo faceva per puro spirito di militanza, e nel proprio tempo libero, le nuove organizzazioni ( ……) oggi hanno un “budget che gli permettono di sviluppare una leadership a tempo pieno e con risorse che non hanno paragoni con chi deve lavorare per vivere, e questo, a sua volta, aumenta il loro accesso ai mass media e il loro impatto all’interno del movimento gay “. (Altman 1987) Questo ha comportato, del resto, una forte reazione dall’interno dello stesso movimento dove queste organizzazioni sono state ferocemente criticate e accusate di asservimento al sistema, di burocratizzazione e di perseguire una politica di potere.
                     Così si assiste (è storia dei nostri giorni, ormai) ad una stridente contraddizione tra Stati che propongono nuove leggi per criminalizzare l’attività gay che viene rivista ancora una volta sotto l’aspetto medico e Stati che eliminano qualsiasi traccia di discriminazione dai loro statuti perché hanno capito che l’emarginazione di un comportamento così radicato nella natura umana non lo elimina affatto, ma lo spinge nel ghetto del proibito, nella pratica di un “amore gestito nelle condizioni igieniche pietose, tra l’opposizione della chiesa, della famiglia, dei colleghi, degli amici, tra l’indifferenza dello Stato, che difende in tutti i modi una coppia eterosessuale, ma in tutti i modi ne impedisce la creazione, o la stabilità di una non-eterosessuale tra difficoltà di ogni tipo”. (Consoli 20 agosto 1985 Corriere della Sera Gay e discriminazione).
                      Gli anni ’90 sono cominciati, nel nostro Paese, sotto i migliori auspici.
Al vecchio Ompo, ormai consacrato come la più antica pubblicazione gay italiana che esce, ininterrottamente dal 1975, si sono affiancati decine di periodici di tutti i tipi dai più intellettuali ai più pornografici, dai bollettini militanti, ai fogli di informazione….e per ultimo, perfino un settimanale che si è immediatamente affermato come il più autorevole portavoce della comunità: Rome Gay News….segue elogio del giornale
 
                      In questo modo viene garantita una conoscenza generalizzata della realtà gay ai maggiori centri decisionali del Paese che, fino ad oggi, erano totalmente all’oscuro delle esigenze, dei bisogni delle rivendicazioni e delle difficoltà di questa vasta comunità (ma dove sta’questa comunità? Nda)
A Milano ha aperto i battenti la prima libreria gay italiana, la “babele” di via Sammartini 23, mentre anche attraverso il Videotel viaggiano informazioni telematiche di Gay News. Numerose sono le radio locali…ed oltre 70 gruppi animano ormai la vita delle città offrendo servizi…colmando un vuoto istituzionale nell’organizzazione di una delle componenti sociali più discriminate e, tuttavia, tra le più produttive della nazione. In tutti i sensi.
                       L’arcigay continua ad affermarsi come l’unica struttura nazionale capace di incidere nella realtà sociale, con i suoi 13000 e più iscritti e con i suoi gruppi federati, perseguendo una politica di integrazione che, fino ad oggi, si è dimostrata l’unica vincente.
Non a caso il suo Presidente, Franco Grillini, è stato eletto alla Provincia di Bologna con 8577 preferenze, nel corso delle elezioni amministrative del 6 maggio 1990.
La realtà romana appare come la più effervescente, anche se la decina di gruppi che l’animano ancora non sembrano capaci di imboccare la via giusta per un’affermazione incisiva della propria identità.
                        Fatto, questo, in buona parte imputabile al vuoto organizzativo culturale e ideologico che ha afflitto la capitale negli ultimi anni.
Anche il Sud è in fase di risveglio. Non per niente l’Arci Gay deve la sua costituzione ad un ex-prete di Lavello, in provincia di Potenza, Marco Bisceglia.
 
E perfino a Ragusa, la locale Arci Gay sta per ricevere una sede da parte dell’amministrazione comunale.
Finita l’epoca dello scontro frontale con le istituzioni (ma quando ci sono state ??? nda) il movimento rivoluzionario di totale contestazione della società, il movimento ha ormai intrapreso la sua lunga marcia all’interno delle istituzioni.
                        Questa nuova strategia ha già portato i suoi primi risultati. Almeno una decina di rappresentanti gay siedono nei vari consigli comunali, provinciali e regionali, da dove possono esercitare in maniera diretta, senza più mediazioni inaffidabili, la loro positiva influenza nell’ambito dei diritti civili.
Se tutto ciò porterà veramente alle conclusioni sperate, è troppo presto per poterlo stabilire. L’immediato futuro darà una risposta, qualunque essa sia.
 
CONCLUSIONI: Non ce ne sono. Il discorso è ancora aperto!
(Massimo Consoli  STONEWALL quando la rivoluzione è gay 1990)
 
 


 

                                       1993


 

Indagini fuori strada, Comune sordo. Se gli omosessuali fossero ascoltati….

 

 

TRECENTOMILA

COSTRETTI AL SILENZIO

 

                    di Massimo Consoli

 

 

 

 

Questo 1993 è cominciato proprio male. Due giorni fa a Guidonia il delitto contro Andrea Agliata, ritrovato seminudo, le mani e le gambe legate, selvaggiamente bastonato al volto e al torace.

Ieri è stato scoperto il cadavere di Norbert Walter Heymann, 54 anni, tedesco, con numerose ferite da coltello al viso, alla spalla e al torace. Anche lui seminudo, con solo il giubbotto.

E già i carabinieri avvertono che le ricerche “sono svolte principalmente negli ambienti degli omosessuali stranieri” dimostrando che, dopo centinaia di delitti del genere, gli investigatori non hanno capito niente. L’assassino è quasi sicuramente un eterosessuale prostituto (molto spesso tossicodipendente) al quale “sarebbe” possibile risalire solo se frequentasse i luoghi classici del battonaggio. Ma se, come spesso avviene, l’incontro è occasionale, non c’è verso di poterlo rintracciare, anche perché quando “la polizia indaga negli ambienti delle amicizie particolari”, la comunità gay si chiude a riccio su se stessa non fornendo, giustamente, nessuna collaborazione.
                                                 


Gli investigatori hanno difficoltà a capire che nella Germania nazista succedeva qualcosa del genere, quando ammazzavano un ebreo e la Gestapo “indagava negli ambienti ebraici”!

In paesi più evoluti del nostro gli investigatori si rivolgono alle strutture gay chiedendo la loro collaborazione per risolvere casi del genere, perfino installando linee verdi per ricevere eventuali segnalazioni.

I gay italiani hanno provato a fare una proposta del genere al ministro dell’Interno ed al capo della polizia il 14 gennaio 1990, avvertendo “la necessità imprescindibile di cambiare i rapporti tra la comunità e le forze dell’ordine…poiché la sfiducia e l’omertà che regnano su parte di questa comunità nei confronti dell’autorità costituita sono una conseguenza dell’attitudine repressiva e persecutoria che caratterizza i pubblici poteri” e “augurandosi “ che la forma e la sostanza dei rapporti…cambino radicalmente con reciproco vantaggio ed a profitto della nostra società”, ma non hanno mai ricevuto risposta.

Di più, è impossibile non riconoscere l’enorme responsabilità che grava sul Campidoglio. Il sindaco è stato preavvertito infinite volte, a cominciare dal 27 gennaio 1980, quando ricevette una delegazione della quale facevano parte anche Bruno Di Donato (morto di aids il 6 aprile del ’91), l’onorevole Stefano Rodotà e la sociologa Ida Magli: segnalavano che la violenza anti-gay era in aumento, nella nostra città, per una serie di motivi che poi si sono rivelati esatti ed ai quali era ancora facile trovare una soluzione. Oggi la situazione è deteriorata. Carraro continua a ricevere appelli da parte della comunità romana che vuole un incontro per presentare le proprie lamentele e le proprie soluzioni, ma da quell’orecchio non ci sente. Il sindaco di una città dove c’è probabilmente una popolazione di 300 mila gay (anche se la mancanza di una leadership non ne fa sentire la forza) costantemente si rifiuta di ricevere i rappresentanti della parte più numerosa della città che “governa”. C’è bisogno di ricordargli che altre amministrazioni comunali hanno stabilito degli uffici con decine di funzionari per mantenere i rapporti tra il Comune e la propria comunità gay? Carraro si rende conto che la rabbia repressa di una comunità che non si sente rappresentata e ascoltata in modo adeguato, e dove l’Aids e la violenza colpiscono alla cieca, può esplodere all’improvviso in maniera del tutto imprevedibile? E’ stato scritto fino alla nausea che il sindaco di New York, Ed Koch, è saltato perché si è inimicato la comunità della sua città. E lo stesso è accaduto con Bush, dove i voti gay sono stati determinanti nell’elezione di Clinton.

PAESE SERA  5 gennaio 1993







GAY HOUSE OMPO’S ROME GAY NEWS

 

ROMA, 18 APRILE 1993

 

 

L’OPPRESSIONE PASSA ANCHE ATTRAVERSO L’INSENSIBILITA’ DI UN  SINDACO

 

 
 
Il prossimo maggio saranno ormai trent’anni che lottiamo per una totale integrazione della comunità gay all’interno della società, per la costituzione di un centro studi che si dimostri strumento indispensabile alla comprensione del perché l’uomo sembri non poter fare a meno di essere intollerante, violento, assassino dei suoi fratelli, per poter essere messi in condizione di poter aiutare la nostra comunità dal punto di vista culturale, informativo, assistenziale, sociale. Dal 1978, attraverso la nostra associazione OMPO’S (Gay House Ompo’s) abbiamo rivolto le necessarie richieste al Sindaco di Roma. Stiamo ancora aspettando. Così, mentre l’intero sistema politico italiano crolla sotto i colpi dei magistrati rivelando corruttele, ladrocini, ricatti, assassini e disonestà diffuse a tutti i livelli, in tutti i partiti, di tutte le dimensioni, si scopre che la Gay House non ha mai ricevuto una lira perché era (ed è) una istituzione dove nessuno ci guadagna, dove non c’è nessun gioco sporco dietro e serve veramente agli scopi per i quali è stata creata.

La comunità gay, che oggi si stringe accanto alla comunità ebraica per ricordarne le sofferenze, le discriminazioni, i massacri, ha bisogno del sostegno dei propri fratelli non gay per superare le difficoltà che le vengono continuamente frapposte nel cammino verso una società civile, democratica e rispettosa di tutte le particolarità delle quali la Creazione ha voluto arricchirci. Un sostegno che può concretizzarsi in molti modi, ma soprattutto con il rispetto e l’amore.

MASSIMO CONSOLI

 

 






                                                              ESCLUSIVA!!!
L'INTERVENTO  DI  MASSIMO CONSOLI  CONSEGNATO ALLA STAMPA IL 12 MAGGIO 1993  E FINORA MAI PUBBLICATO

 
Sulle  DARK ROOMS
 
Massimo Consoli :
"invitiamo i gestori di dark rooms (sia etero che gay) di deciderne volontariamente la chiusura adibendo i locali ad altre funzioni associative e ricreative intraprendendo, in loro sostituzione, un’approfondita opera di educazione sessuale e, come purtroppo spesso si dimentica, anche sentimentale"


 
 
Roma, 12 maggio 1993
 
 
L’esistenza delle dark rooms nella nostra città e nel nostro Paese pone in primo piano alcuni problemi e ci costringe, forse per la prima volta, a riconsiderare il nostro ruolo nel movimento e nella comunità gay.
E’ necessario interrogarsi sulla funzione di un circolo gay, sul suo significato, sulla sua necessità.
Massimo Consoli
Il circolo è uno degli strumenti con i quali un movimento opera all’interno della sua comunità della quale deve stare al servizio, non servirsene. Deve avere una funzione di informazione, di formazione, di educazione.
Per vent’anni abbiamo sognato il giorno in cui non saremmo più stati costretti a frequentare i cessi pubblici, dove la società ci aveva respinti ed emarginati, oggi ci troviamo con il cesso assurto a sistema  culturale simbolico della nostra comunità.
Invece di pretendere a pieno diritto di far parte della società nel suo insieme e di operare per il riavvicinamento tra gay ed etero dopo secoli di separazioni e di persecuzioni delle quali siamo stati le sole vittime, ci stiamo ghettizzando ogni giorno di più in stanzoni bui dove è impossibile vedere il proprio vicino, dove la comunicazione avviene solo a livello oro-genitale, senza alcuna possibilità di conversazione, senza nessuna voglia di avere alcun tipo di conversazione.
Le dark rooms non sponsorizzano alcuna liberazione sessuale, non rappresentano alcun avanzamento in termini di serenità, felicità, appagamento dell’individuo; sono luoghi dove si fa sesso anonimo e basta.
E questo non sarebbe neanche particolarmente importante, se, purtroppo, non stessimo vivendo i momenti più difficili della nostra storia, della storia della comunità gay italiana, piagata da un’epidemia che, nonostante non faccia neanche più parte della cronaca ma sia ormai diventata storia, sono ancora in molti ad ignorare o a sottovalutare o ad utilizzare per i propri scopi. E, è necessario aggiungere, nonostante la nostra comunità non sia neanche la più colpita.
Il problema della sicurezza in questi locali è stampa ampiamente e lungamente dibattuta altrove, soprattutto negli Stati Uniti. L’Italia manca di una letteratura al proposito visto che nel nostro Paese il fenomeno è molto recente.
I dati in proposito sono indubitabili e ne abbiamo fornito ampia documentazione nel corso del recente incontro al circolo Michelagniolo.  Li riassumiamo per comodità avvertendo che abbiamo raccolto soltanto dichiarazioni, studi e ricerche di medici gay o di dirigenti di organizzazioni gay. Essere di parte, in una situazione del genere, finisce per farci essere più obiettivi!
Già agli inizi degli anni ’80 David Ostrow (direttore della Howard Brown Memorial Clinic di Chicago, diretta ad una utenza gay), parlando della commercializzazione del sesso gay come di un aspetto di un certo stile di vita nel quale prosperano epidemie di malattie veneree, epatiti e disordini enterici afferma che da un punto di vista meramente medico, questi luoghi sono un orribile terreno di coltura per le malattie. Uno studio effettuato a Seattle su gay affetti da shigellosi ha dimostrato che il 69% rimorchiavano i loro partner sessuali in questo tipo di locali.
Uno studio effettuato a Denver ha rivelato che il cliente medio di un sex club, con 2,7 contatti sessuali medi a volta, ha il 33% di possibilità di uscirne con la sifilide o la gonorrea, visto che uno su otto dei presenti ne sono portatori asintomatici. Il New York Gay Men’s Project denuncia che il 30% dei propri pazienti soffrono di parassiti gastrointestinali, tant’è che nelle pubblicazioni scientifiche si comincia a parlare di “Gay Bowel Syndrome” (Sindrome dell’Intestino Gay); questa, dal 1973 al 1980 aumenta dell’8000%(ottomila per cento!) e non certo per caso, ma proprio in seguito alla promiscuità conquistata a prezzo di tante battaglie.
Il Dr. Dan William (direttore medico del New York Gay Men’s Project) si lamenta in un’intervista al mensile gay Christopher Street: “Un effetto della liberazione gay è che il sesso è stato istituzionalizzato e serializzato. Venti anni fa ci saranno stati un migliaio di uomini a notte che facevano sesso nelle saune o nei parchi di New York. Oggi saranno dieci o ventimila…La pletora di opportunità ci mette di fronte ad un problema sanitario che cresce ogni volta che apre un nuovo locale in città”.
Quando Michael Callen (oggi uno dei “long est survivors” con aids), comincia ad apparire in pubblico per parlare della malattia, la Gay Men’ Health Crisis gli consiglia di rispondere “Non lo so”, ogni volta che gli verrà domandato come si è preso l’aids. In realtà, Callen non ha dubbi su come era rimasto contagiato. “Aveva frequentato ogni sex club tra l’East River e l’Oceano Pacifico ed aveva rastrellato tante di quelle malattie venereee e parassitiche da far sembrare la sua cartella clinica simile a quella di un 65 enne nero dell’Africa Equatoriale vivente in condizioni di estremo squallore”. Ma ad un certo momento si ribella. Pensa che “se gli uomini gay vogliono continuare a vivere, devono cominciare a parlare sinceramente della malattia. Diminuire l’attività sessuale…non è sufficiente, lui e Berkowitz (un ex-prostituto) scrivono sul settimanale gay New York Native. Ci vogliono misure più energiche: “Se è vero che frequentare questi posti è una sorta di roulette russa, allora il consiglio dev’essere butta via la pistola, e non giocaci un po’ meno di frequente”.
Bill Kraus, uno dei più importanti leader gay di S. Francisco, si decide dopo molte esitazioni a scrivere una sorta di manifesto, visto che “la retorica del vecchio movimento gay – il movimento di liberazione sessuale – aveva bisogno di una revisione”: “Noi crediamo sia giunta l’ora di dire la verità pura e semplice. Il sesso insicuro ci sta uccidendo. Il sesso insicuro praticato nei sex clubs è particolarmente pericoloso. Quando una terribile malattia ci spiega che noi compriamo la nostra libertà sessuale al prezzo di migliaia delle nostre stesse vite, il rispetto di sé impone che è giunto il momento di dare un taglio  a tutto ciò, fino a quando non si tornerà alla sicurezza di una volta”.
Il manifesto viene sottoscritto da Ron Huberman, vice-presidente dell’Harvey Milk Club, cioè l’organizzazione gay più influente di San Francisco e da Cleve Jones, militante gay storico e organizzazione della Fondazione per l’Educazione e la Ricerca sul Sarcoma di Kàposi.
Dario Bellezza con Massimo Consoli al Circolo Michelagniolo
Selma Dritz, assistent director of the Bureau of Communicable Disease Control presso il Dipartimento della Salute Pubblica di S.F., “non ha dubbi sul ruolo che le saune avevano nel diffondere l’epidemia. Andare in un luogo del genere non era come rimorchiare qualcuno in un bar o in un giardino pubblico…addirittura, nei parchi il tempo non sempre era favorevole e i cespugli non provvedevano l’ambiente migliore per il rapporto anale, il comportamento sessuale a maggior rischio”, che invece era il preferito nei luoghi chiusi.
Virtualmente ogni studio sulle malattie trasmesse sessualmente ha dimostrato per anni che i maschi gay che li frequentavano avevano molte più possibilità degli altri di essere infettati da qualsiasi malattia venerea fosse nell’aria, che si trattasse di gonorrea, sifilide, epatite B o aids.
Alla fine di febbraio del 1984, anche i medici della Aids Clinic di San Francisco decidono di prendere posizione per la chiusura dei sex clubs, insieme ad “una coalizione di medici, uomini d’affari e tutti gay”. Larry Littlejohn, uno dei primi ad aprire un sex club in San Francisco, personaggio enormemente popolare all’interno della comunità gay californiana, per controllare se era vero quello che i proprietari di questi locali andavano strepitando sulla “sicurezza”, il “sesso sicuro” ed i “controlli”, prende la decisione di controllare di persona. Ci mette parecchi giorni, ma alla fine del suo giro di ricognizione è stravolto e decide di assumersi in prima persona l’impegno a richiedere un referendum popolare per chiudere tutti i sex clubs della sua città!
Il 9 ottobre 1984, dopo un lunghissimo periodo nel quale non era riuscito a prendere una decisione coraggiosa, il direttore del Dipartimento della Salute Pubblica di S.F., Dr. Mervin Silverman convoca una conferenza stampa. Comincia affermando che le saune sono una sorta di salotto dove giocare alla roulette russa”. “Può essere legale farlo a casa, ma non si può aprire un business e far pagare cinque dollari a cranio per far provare a scopo di lucro come si fa la roulette russa…Non fate errori: questi locali non sponsorizzano la liberazione gay. Questi locali sponsorizzano malattia e morte”.
Nel febbraio dell’85, Michael Callen interviene sul VIllage Voice per raccontare come, quando faceva parte del New York State Aids Advisory Council, certi politici gay avevano ostacolato i suoi tentativi di discutere la chiusura delle saune al consiglio di Stato. Nel maggio dell’85 Bill Kraus va a Parigi, dove scopre che si stava creando una situazione simile a quella dei sex clubs americani ormai chiusi, in numerosi bar con dark rooms. Gli amici francesi parlano contro i tentativi fascisti di chiudere quei locali, contro la demonizzazione del sesso e Kraus  - si sentì sopraffatto da un senso di dçjà vu. Aveva voglia di mettersi a urlare: “Per Dio, non fate anche voi gli stessi errori che abbiamo fatto noi”.
E’ importante ricordare che, prima ancora dell’inizio dell’epidemia, una sola persona aveva alzato la sua voce contro i sex clubs: Larry Kramer.
Kramer era una figura anomala all’interno della comunità gay di New York. Famoso sceneggiatore, qualche anno prima aveva vinto una nomination all’Oscar per aver scritto e prodotto un film basato su “Women in Love” di D.H. Lawrence, ed un Academy Award per la sua prima attrice, Glenda Jackson.
Larry Kramer
 
Kramer aveva prodotto  altri film, ma un suo libro, “Faggots”, gli aveva attirato gli odi e le antipatie di quasi tutti gli amici perché, con una straordinaria capacità profetica, con anni di anticipo si era scagliato contro la subcultura gay basata sul sesso vissuto come davanti ad una catena di montaggio. “Per quale cazzo di motivo”, aveva scritto, “i froci devono scopare così tanto?” E’ come se non avessimo nient’altro da fare se non vivere nel nostro ghetto e ballare e drogarci e scopare..C’è un mondo intero là fuori, che è tanto loro quanto nostro…Io mi sono stufato di essere un finocchio da New York a Fire Island, mi sono stufato di usare il mio corpo come un qualcosa senza volto per attrarre un altro qualcosa altrettanto senza volto…Voglio amare una Persona!...Nessuna relazione al mondo potrebbe sopravvivere alla merda con cui la copriamo”. Bisogna cambiare, insiste Kramer, facendo dire ad uno dei suoi personaggi, “bisogna cambiare prima che vi inculiate da soli fino alla morte”.
Nessuno aveva parlato così chiaro, prima dell’aids, e nessuno parlerà altrettanto chiaro, quando l’epidemia sarà già scoppiata.
“E’ difficile aiutare chi non vuole essere aiutato”. A casa sua avvenne la creazione di un nuovo organismo che aveva lo scopo di raccogliere fondi per la ricerca su quello che allora tutti chiamavano “cancro gay”, per assistere le persone ammalate, per sollecitare i politici ad intervenire in questa situazione di crisi che colpiva la comunità. E per riassumere quanto più possibile le loro intenzioni in una sigla, la chiamarono “GMHC”, cioè Gay Men’s Health Crisis” (Crisi Sanitaria degli Uomini Gay”).
Più di recente, Kramer ha scritto e prodotto “Normal Heart”, il suo testo teatrale più politicizzato dove concede poco ai “buoni sentimenti” e bada al sodo attaccando subito il Sindaco di New York, Edward Koch, per aver fatto poco contro l’aids, il presidente Reagan per non aver fatto niente, il   “New York Times” per non  aver fornito la giusta copertura giornalistica ad un fatto che sembrava troppo “gay”, le istituzioni sanitarie del suo paese per non aver capito cosa stesse succedendo e la stessa comunità gay di New York per aver  continuato a suicidarsi allegramente quando ormai era ben chiaro che c’era qualcosa che andava cambiato nei suoi usi e costumi. Il protagonista, poco prima di morire, lancia un’accusa: “Non c’è una sola parola buona che può esser detta anche per una sola persona, in tutto questo casino”. Ed è veramente il pensiero di Kramer.
E per capire meglio il personaggio, bisogna ricordare che è sempre lui ad aver fondato “Act Up”, l’organizzazione radicale che ha completamente cambiato il modo di far politica dei gay americani e, soprattutto, il loro approccio all’aids.
Tre settimane fa, tutti abbiamo visto la manifestazione che a Washington ha radunato un milione di gay, ed anche se nessuno dei TG lo ha specificato, l’unico oratore ripreso era proprio lui, Larry Kramer, oggi il personaggio più importante di tutta la comunità gay americana. Quello che per primo si è battuto contro i sex clubs e che continua a combatterli. Perché, nonostante tutto quello che si dice e si può dire in proposito, ancora oggi all’interno delle dark rooms non c’è alcuna garanzia di sesso sicuro, di uso dei preservativi, di pratiche non a rischio. Al contrario, visto che abbiamo occhi e orecchie, sappiamo con assoluta certezza che sono in molti ad infischiarsene delle precauzioni.

Ed a confermarlo viene l’inchiesta apparsa proprio questa settimana sull’”Espresso”, che racconta come, nei sex clubs di New York, il preservativo obbligatorio per legge viene gettato in un cestino non appena varcata la soglia…
Tutti noi abbiamo sentito parlare di Gaétan Dugas, lo steward delle linee aeree canadesi al centro di una mappa epidemiologica che veniva quotidianamente aggiornata e che proprio per questo suo trovarsi ad una sorta di punto di partenza di tutto, venne ribattezzato “paziente zero” dagli scienziati del CDC di Atlanta (ed anche perché, secondo uno studio statistico compiuto allo scopo di controllare se la sua responsabilità fosse dovuta a semplice coincidenza, ad un accumularsi di circostanze imprevedibili e fortunose, questa possibilità risultò ridotta a zero).
Visto che su un elenco di 2448 persone con aids almeno 40 (un sesto!) avevano avuto rapporti sessuali direttamente con lui o indirettamente attraverso suoi partners, i medici gli consigliarono di andarci piano con le avventure sessuali nei sex clubs che amava frequentare, poiché c’era il sospetto che la sua malattia fosse trasmissibile. Inutilmente. Anzi, cominciò a evitare i luoghi troppo illuminati come i bar e certe discoteche dove le macchie che ormai gli ricoprivano tutto il corpo potevano destare preoccupazione, e prese a frequentare le saune che con la complicità del buio gli permettevano di avere rapporti perfettamente anonimi.
In qualche occasione, disperato per il male che lo stava divorando dentro e fuori, dopo uno dei fugaci incontri erotici nella sauna di San Francisco “Eighth and Howard bathhouse”, sembra che abbia sussurrato al proprio partner mostrandogli le lesioni del corpo: “Ho il cancro gay. Io ne morirò, ma morirai anche tu”.
Almeno una volta, nel dicembre dell’82, venne minacciato da un tale che lo afferrò per un braccio urlandogli: “Ti conosco e so quello che stai facendo. E’meglio per te se te ne vai da San Francisco”. I volontari che rispondevano al centralino della Kaposi Sarcoma Foundation ricevettero per un lungo periodo chiamate di gay incazzati. Protestavano tutti contro la presenza nelle saune della città di un giovanotto biondo, dagli occhi azzurri e con l’accento francese, che fotteva al buio con chiunque gli diceva di sì e poi, accendendo lentamente la luce, mostrava le lesioni che gli deturpavano il corpo. Più tardi, alla stessa “hot line” giunsero numerose telefonate che annunciavano la creazione di un gruppo di gay ancora più incazzati che avevano deciso di buttarlo fuori della città con la violenza.
Il suo pensiero lo espresse in numerose occasioni. Alla dottoressa Selma Dritz che gli diceva a brutto muso che non doveva più andare nelle saune, rispondeva urlando: “Non sono cazzi vostri! Io ho il diritto di fare quello che voglio con il mio corpo!”.

Fra i partecipanti al dibattito, Saverio Aversa
“Lei non ha il diritto di andare in giro ad infettare la gente!, insisteva il medico. Sono loro ad avere il problema di doversi proteggere. Lo sanno cosa sta succedendo. Hanno sentito che c’è questa malattia in giro! Se l’ho presa io”, continuava il canadese sempre più irato, “se la possono prendere anche loro!”.
Fu grazie a personaggi come lui che le autorità decisero la chiusura delle saune in numerose città; i leader ed i business gay si dichiararono contrari ma la stragrande maggioranza della comunità fu d’accordo sul provvedimento. Molti, comunque, puntualizzarono che non erano i bagni turchi a diffondere l’epidemia, ma il comportamento di pochi incoscienti assassini che in un luogo del genere trovavano l’ambiente ideale per prendersi le loro vendette contro le vittime più facili.
Gaetàn Dugas non ha una tomba dove riposare in pace. L’odio dei gay americani verdo di lui è talmente forte ancora oggi, per i danni irreparabili causati dal suo comportamento, che il corpo venne cremato a Québec City, vicino al cimitero di St.Charles, e le ceneri consegnate alla madre adottiva, Lorette Perry Dugas. Qualche vendicatore avrebbe potuto profanare la tomba.
Dario Bellezza, Massimo Consoli, Maurizio Palomba
 e Chiara Simonelli
al Circolo Michelagniolo
 
Ora,  facendoci portavoce delle istanze che salgono a noi dalla base più consapevole della comunità gay, e spinti da una forte tensione morale che ci viene dal profondo amore nutrito per i nostri fratelli e sorelle, invitiamo i gestori di dark rooms (sia etero che gay) di deciderne volontariamente la chiusura adibendo i locali ad altre funzioni associative e ricreative intraprendendo, in loro sostituzione, un’approfondita opera di educazione sessuale e, come purtroppo spesso si dimentica, anche sentimentale.
Del resto, quando ci si accorge di aver sbagliato non c’è niente di male ad ammetterlo. Noi abbiamo smesso con “Rome Gay News” perché ci eravano accorti, al di là delle nostre intenzioni e nonostante il giornale andasse più che bene, che stavamo lentamente scivolando nella pornografia e nel suggerire ai lettori la frequentazione di posti che erano tutto meno che raccomandabili. Non  abbiamo niente contro le foto di ragazzi nudi (ci mancherebbe altro!), ma “Rome Gay News” è nato come organo di informazione per la comunità della capitale e non come rivista porno patinata. Quando ci siamo accorti che ci stava sfuggendo di mano, ci siamo fermati di colpo e oggi, dopo aver ricevuto centinaia e centinaia e centinaia di proteste da parte dei lettori che ne sentono la mancanza, torneremo a pubblicare “Rome Gay News” completamente rinnovato e di nuovo aderente agli ideali iniziali. Anzi, una delle nostre prime iniziative sarà proprio un sondaggio all’interno della comunità per valutare con maggior rigore scientifico l’ampiezza e le motivazioni del rifiuto delle dark rooms.
 
MASSIMO CONSOLI



ROME GAY NEWS A MILLE LIRE, PERCHE’?

 

 

Perché la politica che abbiamo sempre perseguito è una politica di approccio reale a quelli che sono i problemi reali della nostra comunità:problemi di discriminazione, di emarginazione, di solitudine, di mancanza di affetti…

E questi problemi vanno risolti operando all’interno del tessuto sociale, con una rivoluzione morale che parta innanzitutto dalla nostra stessa comunità, per poi allargarsi alla famiglia, alla società, allo Stato.

E questo scopo non verrà mai raggiunto rivolgendosi alla propria base con una rivista patinata da 10.000 o peggio, da 40.000 lire (!) , predicando la rivoluzione con i titoli in corpo 48, e in realtà cercando di aumentare il dividendo della propria quota sociale.

Così abbiamo la sensazione che qualcuno   stia prendendo per il culo, perché ci sta bene chi fa un discorso commerciale dicendo che fa un discorso commerciale (ed ha tutto il nostro rispetto per questo), ma non ci sta affatto bene chi fa i soldi per se dicendo che lo fa per il bene degli altri. Certa gente sfrutta l’omosessualità in maniera vergognosa, inventandosi circoli culturali che in realtà sono delle vere e proprie industrie, delle miniere d’oro (per loro), dove la tessera costa 20.000 lire e va continuamente rinnovata, e per il biglietto d’ingresso si pagano 10.000 o 20.000 lire a botta, e per le consumazioni 10.000 o giù di lì!




E non si può neanche protestare, visto che il gay che li frequenta è vittima di una feroce repressione psicologica, prima ancora  che sociale e, di conseguenza, non trova il coraggio di ribellarsi, di reagire. Lo stesso coraggio che gli dovrebbe venire proprio dall’appartenenza a quel circolo omosessuale. Il povero gay che finisce stritolato in questo ingranaggio non può neanche protestare, poiché gli sfruttatori fanno proprio affidamento sulla sua paura di uscire allo scoperto con una pubblica denuncia.

E sono gli stessi sfruttatori che stanno cercando di allargare i loro tentacoli come una piovra, sugli altri locali della città.

Il 28 giugno del 1969 fu proprio per reagire ad una situazione mafiosa del genere che i gay di Christopher Street, insorsero all’interno del bar Stonewall. Le monetine gettate con disprezzo contro  la polizia metropolitana di Manhattan non furono che la reazione all’ultima goccia che aveva fatto traboccare il vaso già colmo della pazienza dei newyorchesi costretti, in mancanza di alternative valide, a frequentare i locali gestiti dalla mafia, come li voleva la mafia, ai prezzi stabiliti dalla mafia.

L’Italia ancora non ha avuto il suo Stonewall contro la mafia siciliana, o la ‘ndrangheta calabrese che si è infiltrata come un cancro all’interno della nostra comunità. Contro la prepotenza di certi gay che la fanno da padroni minacciando, insultando, diffamando. Non è il caso di cominciare, anche noi, a fare un po’ di pulizia al nostro interno contro i traditori della loro stessa gente, avvantaggiati da  alleanze politiche che ne hanno permessa l’esistenza ed il malo operare attraverso un profluvio di finanziamenti pubblici concessi a pioggia, senza alcun tipo di controllo che non fosse la convenienza partitica?

Quanti calci in culo dovrai prendere ancora prima di deciderti a reagire ed a liberarti dei parassiti che si arricchiscono sulle tue spalle, sulla tua repressione?

MASSIMO CONSOLI

Rome Gay News  del 23 giugno 1993







                                       1994


PAESE SERA   20 giugno 1994

 

RAPPORTO FRA I PARTITI POLITICI E “DIVERSI”

FAUSTO TURATI E ACHILLE STARACE

 

 di Massimo Consoli
  

Ma l’omosessualità, è di destra oppure di sinistra? La domanda è antica, e anche un po’ oziosa. Oggi, a sinistra si ergono i campioni della difesa dei diritti gay mentre da destra attaccano i loro detrattori. Ma è vero o è tutta apparenza? E, soprattutto, è sempre stato così? L’Italia presenta (anche in questo!) una sua particolarità. Tutti i movimenti gay del mondo occidentale sono nati come reazione ad una legge discriminatoria e con l’intento di chiederne l’abrogazione.  Da noi questa norma non c’è mai stata per l’influenza esercitata dal Codice Napoleonico del 1803 per una tradizionale tolleranza degli italiani che risale fino alla cultura latina, notoriamente molto disponibile in questo campo (i Romani compravano uno schiavetto per i primi esperimenti erotici dei loro figli mentre una famigerata matrona sembra aver riassunto l’atteggiamento prevalente affermando, a proposito del marito” Può portarsi a casa tutti i ragazzini che vuole, ma se lo vedo con un’altra donna, gli cavo gli occhi”). Infine, hanno avuto la loro importanza anche le pressioni esercitate dalla Chiesa Cattolica e non per benevolenza delle gerarchie, ma dato l’inimmaginabile numero di preti omosessuali.

In effetti, se oggi dal Vaticano arrivano più tuoni e fulmini che nel passato è perché per la prima volta, alle cariche importanti si sono infiltrati tre eterosessuali. Wojtila, Ratzinger e O’Connor non hanno i dubbi amletici che tormentavano, ad esempio, un Paolo VI.

C’è poi da ricordare che, sebbene sollecitato da Hitler, Mussolini si rifiutò di allineare anche in questo l’Italia fascista alla Germania nazista. Anzi, una volta che il bellissimo Ettore Muti prese a schiaffi un diplomatico straniero perché questi gli aveva fatto delle avances, il duce rimproverò il suo gerarca e non l’ospite: “A me”, disse, “non mi ha mai palpato nessuno. Non doveva succedere nemmeno a te”.

Tutto questo si è risolto, stranamente, in un danno per il nostro Paese che non è riuscito a partorire un movimento gay degno di questo nome, con personaggi carismatici, con una vera e propria intellighenzia ed una cultura alla quale attingere anche per self-defence, com’è invece accaduto in maniera macroscopica negli Stati Uniti, in Germania, in Inghilterra, nella stessa Francia, con un grosso impegno politico che non è mai diventato partitico.

Da noi è accaduto esattamente l’opposto. Piccoli (piccolissimi) gruppi di omosessuali hanno trovato ospitalità all’interno del Partito Radicale fin dagli inizi degli anni Settanta e questa alleanza è stata molto più importante per lo stesso PR che per il self-defence, com’è che il partito prese i suoi primi quattro deputati alle elezioni del 1976 grazie proprio al voto gay. Non è inutile ricordare che, la notte stessa delle elezioni, il sottoscritto chiese al centinaio di soci dell’Ompo’s che arrivarono in sede a chi avessero dato il loro voto e, in quello che potrebbe passare alla “storia” come il primo sondaggio (empirico!) del genere, la risposta unanime (100 su 100, neanche una eccezione) fu “Al PR”.

Forse fu in seguito a questa considerazione che il PCI decise di intervenire e di sponsorizzare anche lui il suo gruppetto. Ma mentre il PR si poteva presentare come vagamente di sinistra e perciò ricevere consensi un po’ dappertutto, il PCI a sinistra lo era totalmente, e  per questo non è mai riuscito a ricevere in maniera altrettanto massiccia (e irripetibile) il voto gay. A questo va aggiunto che i leader partoriti dal movimento sono bravissimi politicanti ma figure mediocri, incolte, senza nessuna preparazione teorica, senza rapporti con il resto della comunità gay internazionale.

Di più, l’identificazione della comunità gay con il partito comunista ha accentuato anche nel nostro Paese gli attacchi tipici del peggiore maccartismo americano e l’equazione comunista= omosessuale. Non per niente, sempre nel 1976, recensendo un mio libro di poesie (“Viva l’omosessualità”), Il Borghese mi faceva l’onore di definirmi “uno degli aspetti più preoccupanti del processo di decomposizione in atto..un sintomo preoccupante della decadenza della nostra società..implicitamente le parole di Consoli suonano come un’autorevole conferma ad una nostra vecchia tesi: chi vota PCI finisce per prenderlo in quel posto…Massimo Consoli si è rivelato un convinto assertore dello stalinismo preso per supposte”. L’aspetto più divertente di tutto ciò è rappresentato dal fatto che  le mie poesie erano apertamente anti-staliniste, la mia posizione era talmente lontana da quella del Partito Comunista che, nel 1981, si esprimerà in un feroce articolo (“Il Pci non è gay”) nel quale dicevo esattamente quello che, da convinto anarchico ideologico, continuo a dire ancora oggi. E cioè, che non si può restringere la comunità gay ad una sola espressione partitica visto che questa definizione è omnicomprensiva e non totalizzante. All’interno c’è talmente di tutto e rappresenta talmente bene (purtroppo) il resto della società che, di fronte ad un movimento tendenzialmente di sinistra la comunità oggi appare orientata a destra. Non per niente avevo rilevato nel mio ultimo libro (“Killer Aids”) che doveva significare qualcosa se c’erano più vittime di destra, della sindrome immunodeficitaria acquisita, che di sinistra. Perfino il leader del neonazismo tedesco. Michael Kuhnen, anche lui morto di Aids, era stato apertamente omosessuale. E tutto ciò aveva dato molto fastidio al suo secondo comando Ewald Althans: omosessuale (of course!) ma più discreto!

E questo non è un caso come potrebbe apparire. La stragrande maggioranza della leadership che diede vita al partito nazista era omosessuale ( e la Notte dei Lunghi Coltelli del 30 giugno 1934 servì proprio a liberarsene). Sullo stesso Hitler sono corse voci ( e più che voci) talmente diffuse che perfino Mussolini ne era al corrente e, secondo alcuni, “possedeva perfino documenti che ne dimostravano le pratiche omosessuali”.

Ed i fascisti? Nessuno dei tre Segretari storici si è salvato dai dubbi: Augusto Turati era soprannominato “il fascista con la camicia di seta”, Giovanni Giuriati aveva la “nomea di omosessuale”, Achille Starace era un “pericoloso pagano, e turpe esempio di immoralità anche nella vita privata”..





IL LIBRO ITALIANO DELL’AIDS

Ottobre 1994

 

LA FUNZIONE DEI GRUPPI SOCIALI NELLA PERCEZIONE DELLA MALATTIA

 

MASSIMO CONSOLI (DIRETTORE DI “OMPO”)
 

“Abbiamo imparato che, da soli, non possiamo avere successo. Da soli nella nostra disciplina, da soli nella nostra cultura, da soli nel nostro Paese, nella nostra regione. Eppure, ci è difficile trovare un linguaggio comune e lavorare insieme. Abbiamo visto che l’isolamento è inefficace e pericoloso, e che lo scambio, il dialogo, la tolleranza e la solidarietà sono fonti di forza e la porta che si apre ad un più efficace controllo e attenzione”

Jonathan Mann, Charman della VIII Conferenza Internationale sull’AIDS

Amsterdam 19 luglio 1992.  (Aspects of Aids and AIDS-Hilfe in Germany, Aids Forum D.A.H. Berlin, May 1993 p.95)

 

L’impatto dell’Aids nella nostra società (occidentale) è stato particolarmente devastante, perché si è manifestato, almeno nella sua fase iniziale, all’interno della comunità culturalmente e intellettualmente più vivace, ma anche più discriminata di tutte: la comunità gay.


In effetti, l’intervento umano ha contribuito in maniera decisiva alla creazione di un ambiente favorevole allo sviluppo dell’epidemia, soprattutto criminalizzando l’identità gay o la manifestazione dell’affettività maschile. La responsabilità primaria è dell’ideologia monoteistica, drasticamente anti-sessuale, e soprattutto del cristianesimo cattolico che è contrario a qualsiasi forma di sessualità non mirata all’autoriproduzione all’interno di una situazione familiare, che non è affatto “naturale” come si continua a ripeter con evidenti intenti propagandistici, ma è inventata dalle stesse strutture religiose (matrimonio monogamico). Non è un caso che nelle situazioni più facilmente studiabili (e studiate), quando vari gruppi religiosi, vivono a stretto contatto l’uno con l’altro, com’è negli Stati Uniti, salta agli occhi in maniera difficilmente contestabile che i cattolici sono più colpiti dal virus HIV dei non cattolici.

Ciò è conseguenza del rifiuto che la Chiesa di Roma oppone all’educazione sul sesso sicuro e al suo corollario di informazione sull’uso dei mezzi contraccettivi e di rispetto dell’affettività umana in tutte le sue manifestazioni. Tale rifiuto passa inosservato solamente nel nostro Paese, mentre altrove è continuo motivo di condanna dell’operato papale, come sulle pagine del New York TIme, che accusa il pontefice di minare “alla base gli sforzi delle autorità sanitarie pubbliche”; o come dalle parole del professor Jonathan Mann, charman dell’VIII Conferenza Internazionale sull’AIDS, che ad Amsterdam dichiarò senza alcuna paura come “la dichiarazione vaticana in cui si sostiene la necessità di discriminare gli omosessuali possa avere solo un effetto: aumentare la diffusione dell’aids”.

Nell’Africa equatoriale, dove questa discriminazione è stata introdotta dai missionari in tempi relativamente recenti e dove, di conseguenza, ancora non è penetrata a fondo nell’irrazionale collettivo di quelle popolazioni, l’AIDS ha trovato altre modalità di trasmissione. Nelle culture islamiche, dove il rapporto tra maschi non è assolutamente vietato (come si crede in Occidente), ma ha una precisa valenza gerarchica e una funzione di distribuzione dei ruoli, e dove non c’è alcuna fobia contro il sesso di per sé, l’Aids ancora non è collegato a nessun particolare gruppo sociale o, per essere più precisi, è considerato una malattia degli “occidentali”.

Nella nostra società, di conseguenza, la criminalizzazione dei rapporti sessuali tra maschi ha comportato non di certo la loro scomparsa, visto che rappresentano una manifestazione del proprio io che non è assolutamente cancellabile con una norma giuridica o con un’interdizione religiosa, ma un loro sprofondare nei sotterranei del proibito, del “proibizionismo” affettivo. Così, quello che si sarebbe potuto fare tranquillamente tra due persone, all’interno di un’abitazione, con tutte le comodità e i relativi vantaggi (anche igienici), si è stati costretti a manifestarlo in maniera anonima (per paura dei ricatti o, comunque, di essere “riconosciuti” come omosessuali perfino dal proprio partner occasionale) all’interno di dark rooms, di stanze buie, umide, dove il rapporto erotico perde ogni sovrastruttura umana per essere ricondotto alla propria naturalità animale. Ed è all’interno di queste strutture commerciali che l’AIDS ha trovato l’opportunità di realizzarsi e diffondersi.

E’ oramai indubbio che certi comportamenti erotici, che facevano parte della cultura gay conseguente alla “rivoluzione sessuale” degli anni Settanta, sono stati il terreno “ideale per la disseminazione del virus”. E’ altrettanto indubbio, comunque, che tutto il resto della società ha risentito dello stesso clima e ne ha subito le stesse conseguenze. In effetti, un libro scritto prima della comparsa dell’AIDS avvertiva: “un cambiamento nei costumi sessuali della nazione ha garantito che, a parte quel che riguarda il comune raffreddore, le malattie veneree hanno afflitto più americani di tutte le altre infezioni combinate”. Ma “è ragionevole presumere che se le attitudini sociali antiomosessuali, legate al nostro fondamentalismo religioso e alla paura di rapidi mutamenti sociali,  non fossero state presenti, l’espressione culturale dogmatica della rivoluzione sessuale gay non sarebbe stata così diffusa. Probabilmente ci sarebbe sempre stato sesso anonimo in forma aggressiva, ma non in maniera così prevalente. Al contrario, gli uomini avrebbero potuto vivere insieme apertamente in relazioni molto più stabili. E’ la discriminazione contro l’omosessualità che ha promosso questo tipo di comportamenti”.

I gay americani lo hanno capito subito, o quasi. All’inizio, la comunità si rifiutò di riconoscere i problemi derivanti da rapporti diversi e da comportamenti a rischio, ma nel giro di un paio d’anni cominciò un’attività educativa che per parecchio tempo fu la sola ad avere un senso.

La stampa gay USA rimase “ a lungo l’unico posto dov’era possibile interpretare, per un non addetto ai lavori, gli articoli che apparivano sul New England Journal of Medicine e sul The Lancer, mentre nel nostro Paese, a parte l’eccezione di Ompo, i giornali gay scrivevano le stesse incredibili e inaccettabili idiozie dei giornali non-gay.

E fu proprio dall’interno della comunità gay (americana) che venne la prima risposta alla “peste del XX Secolo. Il 4 gennaio 1982, dopo un primo appuntamento informale tenuto l’11 agosto precedente, sessanta amici si incontrarono di nuovo nell’appartamento newyorkese di Larry Kramer e si costituirono in associazione prendendo il nome di “Gay Men”s Health Crisis” (GMHC). C’erano tra loro Paul Popham, Edmund White, Nathan Fain, Larry Mass, Paul Rapoport. Nel 1988 la GMHC diverrà la più importante organizzazione non governativa a lottare contro l’aids, con un organico di 1400 volontari non pagati e una disponibilità annuale di oltre 7 milioni di dollari.

Da questo momento in poi, Paesi di grande tradizione e di lunga militanza nella lotta contro il pregiudizio antigay esprimeranno le organizzazioni più famose e più imitate nella lotta contro la sindrome. A New York, la stessa GMHC sarà talmente riconosciuta, accettata e integrata nel sistema che il suo fondatore Larry Kramer si troverà costretto a sconfessarla e a creare una struttura più radicale e battagliera, l’ACT UP! (“AIDS Coalition to Unleash Power”), cioè “Coalizione AIDS per sprigionare energia”; la sigla, in realtà, è un gioco di parole che suona come un imperativo “Agire subito!).

Anche ACT UP! , a un certo momento, entrerà in crisi. La lotta per le terapie a basso costo e per la veloce disponibilità dei farmaci in sperimentazione, che erano tra  i motivi principali che avevano portato alla sua nascita, non sembra più aver motivo di esistere.

A San Francisco si fanno strada lo Shanti Project e l’ADAPT (Association for Drug Abuse Prevention and Treatment: un altro gioco di parole che vuol dire “Adattarsi”, con evidente riferimento alla necessità di reintegrare il tossico nella società). In Gran Bretagna è la Terrence Higgins Trust (dal nome della prima vittima dell’epidemia) la struttura più importante del Paese, mentre in Germania la Deutsche AIDS hilfe (DAH) indicherà la strada da seguire a mezza Europa.

Al di là di queste, quasi tutte le altre associazioni saranno utili all’interno del proprio territorio, ma avranno ben poco di originale: basti pensare ai primi opuscoli di consigli diffusi agli albori dell’epidemia. “Quando il tuo amico ha l’AIDS”, per esempio, ha una storia straordinaria e tortuosa. Pubblicato per la prima volta dalla Chelsea Psychotherapy Associates nel 1984, in Italia verrà tradotto e ristampato nel luglio dell’anno successivo sui Quaderni di Ompo, dopodiché il numero di ri-traduzioni e ristampe in varie lingue diventa impossibile da seguire, tanto da far sorgere il dubbio che sia diventato un mezzo per chiedere e ottenere finanziamenti pubblici.

Il problema, nel nostro Paese, si è presentato con particolare gravità per una caratteristica che, dapprima positiva, con lo scorrere del tempo si è dimostrata drammaticamente negativa.

Nel 1803 il ministro della Giustizia di Napoleone, Jean Jacques Régis de Cambacérès (1753-1824), elaborò un nuovo Codice civile nel quale, con una certa dose di astuzia, evitò accuratamente di menzionare quello che allora era definito “crimine di sodomia”. In questo modo, visto che “nullo crimen sine lege”, il legislatore francese lo escluse automaticamente dal numero dei reati perseguibili, e senza neanche scatenare una qualsiasi opposizione. Il “Code Napoleon” entrò a far parte delle legislazioni di parecchi Stati europei ma, mentre il “silenzio”sulla sodomia veniva di tanto in tanto interrotto e legislazioni repressive venivano reintrodotte un po’ dappertutto (perfino nella stessa Francia), l’Italia restava un’isola felice. Il Codice Sardo del 1859, all’articolo 425 puniva l’omosessualità praticata con violenza o che dava pubblico scandalo, ma quando il Paese venne unificato anche dal nuovo Codice Sardo-Italiano (1861), l’influenza di Cambacéres si fece sentire attraverso il Codice del Granducato di Toscana, preso a modello perché considerato il più liberale tra i vari statarelli nei quali era divisa la penisola.

Neanche il Codice Rocco (1 luglio 1931) prevedeva il “reato”di omosessualità che i nostri connazionali non sentivano “italiani”, ma “un vizio tipico dei  popoli nordici”. Tant’è che la parola più conosciuta per indicare l’omosessuale passivo, “frocio”, è opinione comune che indicasse gli stranieri (secondo alcuni le “froge” del naso delle guardie svizzero-tedesche del Papa; secondo altri il vocabolo è una deformazione dell’originale “francese”).

Nonostante due tentativi di introdurre una legislazione antigay (Clemente Manco dell’MSI e Bruno Romano del PSDI, nel 1961), l’Italia si presenta, agli inizi degli anni Ottanta, come l’unico Paese occidentale a non discriminare i propri cittadini secondo l’orientamento affettivo o sessuale. Ora, visto che storicamente parlando i movimenti gay di tutto il mondo sono nati come reazione a una legge antiomosessuale e con l’intenzione più o meno apertamente dichiarata di abrogarla, l’Italia si è trovata svantaggiata dal punto di vista organizzativo perché, di fronte a un’indifferenza iniziale, poi diventata insofferenza, da parte della maggioranza della popolazione nei confronti dei propri elementi gay, la mancanza di un’avversione istituzionalizzata ha impedito quel fenomeno di aggregazione di grandi masse che nell’America settentrionale e negli altri Paesi d’Europa riunisce addirittura centinaia di migliaia di persone.

Così, quando l’aids fa il suo ingresso “ufficiale” da noi, nel 1983, non trova ad affrontarlo una comunità già collaudata e coesa da lotte contro un comune nemico. L’Italia manca di un vero e proprio movimento gay la cui funzione sia di operare all’interno della propria comunità, della quale deve stare al servizio, e non servirsene;per la quale deve avere una funzione di informazione, di formazione, di educazione. Da noi non c’è stato un dibattito serio su questi argomenti e i circoli sono nati a volte addirittura con l’intenzione di gestire discoteche o saune, quasi mettendosi in concorrenza con i locali commerciali, o avendone la segreta aspirazione. Per questo nessuno aveva mai pensato di fornire quei servizi che dovrebbero essere addirittura banali, in una situazione del genere. In particolare, in Italia è mancato il servizio di collegamento medico tipico degli Stati Uniti, dell’Olanda, della Germania prima degli anni Ottanta, messo su da ricercatori intelligenti e privi di pregiudizi soprattutto per combattere l’epatite B. E’ rilevante ricordare che i rapporti tra la comunità gay americana e gli scienziati dei Centers for Disease Control (CDC) erano talmente buoni, che furono proprio i medici del MMWR a porsi il problema di come dare la prima notizia dell’incombente epidemia al pubblico, visto che quelli che operavano nella divisione malattie veneree avevano una lunga esperienza di lavoro con la comunità gay ed erano preoccupati di offendere la suscettibilità di un gruppo con il quale era ovvio che avrebbero dovuto lavorare a stretto contatto nei mesi a venire. In maniera altrettanto significativa, erano anche al corrente che i gay non erano di certo la minoranza più amata.

E’ questa rete sanitaria, fatta di medici gay e di consultori nati negli anni Settanta, indirizzata a un’utenza gay, “specializzata nel trattamento delle malattie sessualmente trasmesse e dell’epatite B..adattata ai bisogni specifici di questa comunità..ormai con una tradizione consolidata per i suoi problemi di salute”.. costituita da strutture già pronte in caso di bisogno, che ha attenuato di molto l’impatto dell’aids e”ha fornito le basi per una pronta risposta all’epidemia.

Ma la svolta più “straordinaria” e che veramente pone il nostro Paese sotto una luce di illuminismo quasi rinascimentale” (almeno agli occhi degli osservatori stranieri che, inizialmente, la credono frutto di chissà quale profondo e sotterraneo lavorio) avviene dopo la V Conferenza Internazionale sull’AIDS tenutasi a Montreal Canada, dal 4 al 9 giugno del 1989.

In Canada, il gruppo rivoluzionario di Larry Kramer, ACT UP! Fa il suo ingresso trionfale nella politica internazionale, occupando il palco della presidenza fin dalla cerimonia di apertura, ricevendo gli applausi scroscianti di praticamente tutti i partecipanti (medici, ricercatori, giornalisti, politici), contestando la politica degli Stati Uniti da ogni punto di vista, per la discriminazione dei sieropositivi, per l’inadeguatezza dei finanziamenti, per la lentezza nelle ricerche, per i prezzi troppo alti dei medicinali, e distribuendo un documento decisivo: il “Manifesto di Montreal”, una vera e propria “Dichiarazione dei Diritti Universali e dei Bisogni delle Persone che Vivono con la Malattia da HIV”.

E in questa occasione che  i nostri politici, i nostri giornalisti e i nostri ricercatori, in linea generale totalmente all’oscuro di ciò che l’espressione “comunità gay”, indica, rimangono folgorati sulla via di Damasco. Nel 1991 la Conferenza avrà luogo a Firenze. Bisogna dimostrare che l’Italia è un Paese democratico, rispettoso delle sue minoranze. Dice profeticamente (o programmaticamente) il professor Giovanni Battista Rossi proprio nel corso della conferenza stampa di chiusura riservata ai mezzi di comunicazione italiani presenti a San Francisco l’anno precedente, che Firenze riuscirà ad assorbire il fenomeno politico collegato alla contestazione dei gruppi che già annunciano la loro presenza”. E a Firenze la contestazione verrà assorbita in maniera eccellente. In effetti, risulta chiara la mancanza di coscienza politica, di unità e di organizzazione dei gruppi gay italiani anche in quella che dovrebbe essere l’occasione più importante: proprio nel corso dell’ampiamente preannunciata sfilata per il centro cittadino, che dovrebbe  servire a dimostrare la forza dei movimenti non governativi del nostro Paese. Gli americani, i tedeschi e i francesi, dopo aver invano aspettato che il corteo si metta in moto, decidono di cominciare a marciare per conto loro. Gli italiani, finalmente, si scuotono e, poiché giocano in casa, riescono a mettersi alla guida di dimostranti grazie alla buona educazione degli ospiti stranieri. E qui le contraddizioni risultano ancora più marcate. Questi urlano i loro slogan più collaudati e politicizzati: “Stop the profiteers”,”Act Up, fight AIDS,fight back”, “Stop AIDS Now”, “Dottori fascisti, tirate fuori i nuovi farmaci dai cassetti”, “Condom gratis, siringhe gratis”. “Muoiono più done con l’Aids”..mentre gli italiani seguono una Fatina Azzurra e un Pinocchio multicolore cantando “Oh quante belle figlie madama Doré, oh quante belle figlie..”

La dimostrazione è stata permessa dalla Questura, il percorso è stato studiato a tavolino e approvato; i gruppi italiani hanno ricevuto agevolazioni finanziarie e organizzative per raggiungere Firenze. Non solo: parecchi tra i nostri connazionali rimangono sfavorevolmente impressionati dalla bellicosità degli americani e, quando la Deutsche AIDS Hilfe proietta filmati che rappresentano scene di sesso sicuro riprese “ dal vivo”, i loro commenti sono ampiamente negativi e del genere “ non bisogna esagerare”, “ non bisogna distruggere il rapporto che siamo riusciti a costruire con le istituzioni”. Si è lontani di una generazione dal convegno dell’anno precedente a San Francisco, dove centinaia e centinaia di militanti si mettevano in fila per farsi ammanettare, arrestare e denunciare, per dimostrare con il sacrificio personale le contraddizioni di un sistema che consideravano sbagliato e per mettere pubblicamente in crisi la politica governativa sull’AIDS.

A Firenze, le uniche contestazioni serie vengono portare avanti da piccoli gruppi (di solito due, tre persone) di militanti di ACT UP!-Paris, di ACT-UP di New York o degli olandesi, che corrono da una sala all’altra con i loro striscioni e continuano a venir visti con diffidenza mista a invidia e a un incomprensibile senso di superiorità snobistica da parte italiana.

Nonostante ciò, le autorità continuano a non capire cosa sta avvenendo sotto i loro occhi. Fraintendono e confondono tra gay, animalisti, politrasfusi, fiorentini e berlinesi e identificano la comunità gay italiana con quelli che diverranno i Grandi Elettori di Clinton. Ciò mentre si comincia a capire come una delle cause dell’aumento drammatico dell’aids, che dal 78° posto occupato nella graduatoria mondiale agli inizi degli anni Ottanta ci ha portati ormai tra i primi dieci, viene proprio dalla mancanza di un forte movimento che nel nostro Paese si sia fatto portavoce delle aspirazioni (legittime) di una comunità gay cosciente, informata e militante.

I gay italiani, totalmente impreparati dal punto di vista culturale e associativo, si sono trovati a godere di vantaggio non richiesti e addirittura inaspettati, concessi, per sopprimere ogni opposizione reale, per mantenerli in un limbo amorfo dal quale non potessero uscire, perché, altrimenti, avrebbero creato difficoltà non solo a tutto il sistema ma anche ai vari gruppi che avevano assunto il ruolo spiacevole di cani da guardia. Com’è già successo altrove, “per la prima volta i loro leader vengono ufficialmente riconosciuti e sono ricevuti da politici di livello governativo; gli omosessuali sono considerati come una vera e propria base elettorale”.

E’ sintomatico che mentre altrove i gay sono all’avanguardia della contestazione al potere, da noi questo compito viene svolto più efficacemente da altri tipi di strutture che non riescono ad avvantaggiarsi della stessa vera e propria rivoluzione culturale in atto. Anche nel settore delle campagne informative le organizzazioni gay finiscono per assumere – e ricevere -  ruoli controversi.

Il Ministero della Sanità stanzia 141 miliardi per una campagna da condurre sui mezzi di comunicazione di massa. Una parte consistente è prevista per le pubblicazioni gay, con lo scopo di raggiungere questa comunità così strettamente collegata all’epidemia. Praticamente tutti i periodici omosessuali ricevono finanziamenti tranne Ompo, la più antica pubblicazione gay italiana e la prima che nel nostro Paese ha parlato di AIDS. Non solo, è Ompo che ha coniato l’espressione “Peste del XX secolo”, allertando la nostra stampa sul prossimo arrivo dell’epidemia. E’ sempre Ompo, che, con un tempismo da noi difficilmente concepibile, si trasforma in “prima pubblicazione al mondo dedicata alla sindrome da immunodeficienza acquisita”. E’ ancora Ompo che, per qualche anno, gestirà una trasmissione radio settimanale incentrata sull’AIDS, un’altra “esclusiva” che, stranamente, mette l’Italia  avanti a tutti e che avrà un impatto enorme nella conoscenza dell’epidemia. Infine, è Ompo a occuparsi, e sempre per primo in Italia, della traduzione, pubblicazione e diffusione di una serie di opuscoletti informativi: “Quando il tuo amico ha l’AIDS”, “HTLV.III/LAV: Che cos’è?”, “Direttive per il controllo dell’infezione relative al personale medico e paramedico”, “HIV e gli anticorpi”. “Test o non test?”; oltre a essere stato l’unico, ancora oggi, ad aver curato la riproduzione e la distribuzione di un’altra serie di volumetti riservati alle comunità di lavoratori stranieri in Italia in varie lingue, in arabo, in cinese, in inglese, in portoghese, in turco, in spagnolo, in greco, in serbo-croato…Ma neanche Rome Gay News, l’unico settimanale del genere nel nostro Paese, spedito a parlamentari, sindacati, amministratori comunali, a tutti i quotidiani, ai settimanali, ai periodici di informazione e sanitari, ai gruppi gay, a duecento fra le più importanti pubblicazioni straniere e perfino al Presidente della Repubblica viene mai sovvenzionato dal denaro pubblico.

Ma il vero, gravissimo, problema dei gruppi che in Italia hanno cercato di provvedere all’educazione, alla prevenzione e al counseling delle rispettive comunità, è il “provincialismo”. Forse perché ancora convinti di essere gli eredi di una grande civiltà (ma non si capisce quale), gli italiani non studiano, non viaggiano (se non per turismo; gli unici che vanno all’estero per studio sembrano soltanto i ricercatori medici e gli scienziati spaziali), non conoscono le lingue straniere, non sanno nulla di quel che succede altrove se non attraverso gli articoli (costantemente inesatti e/o approssimativi) che leggono sulla stampa non specializzata. E, in effetti, una buona parte dei dirigenti e dei responsabili delle varie organizzazioni non sono affatto tecnici, con una conoscenza dettagliata e inattaccabile dell’argomento di cui si occupano, ma politici, abilissimi nel calibrare alleanze o nel formulare richieste di finanziamenti.

Forse è utile ricordare  di nuovo che Larry Kramer, fondatore delle due più importanti organizzazioni che si siano occupate di AIDS, è entrato in conflitto con la sua GMHC perché ormai invasa dai politici, troppo burocratizzata e compromessa con il potere. Durante l’annuale Conferenza dei Sindaci del giugno 1983, la GMHC “impressionò i partecipanti con una documentazione accuratamente presentata, che comprendeva diagrammi computerizzati e metodiche descrizioni  di lavori, mentre nel 1987, in un documento che ne illustrava l’organizzazione, v’erano rappresentate “ottanta funzioni o uffici raggruppati in sette direzioni distinte: informazione pubblica, finanze e amministrazione, servizi per gli utenti, educazione, servizi legali, programma d’informazione per i mezzi di comunicazione, sviluppo…Questo era ciò che il suo Presidente, Paul Popham, definiva “l’essenza d’una solida organizzazione”. Ma era anche il motivo per il quale Kramer, quando decise di tornare sul campo di battaglia fondando ACT UP, stabilì di mantenere l’apparato burocratico al più basso livello possibile.

Popham voleva che la GMHC organizzasse una rete di servizi sociali (ed entro certi limiti, anche medici) per i gay: una sorta di struttura interna, parallela, alla società, Kramer pensava che questo duplicato fosse non solo inutile, ma alla fine addirittura dannoso alla stessa comunità gay, che in tal modo finiva per ghettizzarsi sempre di più. Per lui, la GMHC doveva premere sul Comune di New York affinché fosse la pubblica amministrazione a fornire i dovuti servizi a tutti i cittadini.

Alla luce degli avvenimenti successivi è facile notare come la GMHC, una volta ottenuti i soldi necessari per mandare avanti il proprio macroscopico apparato, si sia sempre dichiarata soddisfatta infischiandosene di tutto il resto, mentre la posizione “rivoluzionaria” di ACT UP!” diventa più comprensibile. I militanti della “Coalizione  AIDS per sprigionare energia” punzecchiavano le istituzioni per spingerle a fare il proprio dovere, per finanziare le ricerche, per accelerare i tempi di sperimentazione dei farmaci, per rendere le cure disponibili a tutti coloro che ne avessero bisogno, per rimuovere lo stigma sociale attaccato a certe malattie o le norme giuridiche discriminanti.

Ma mentre negli Stati Uniti la presenza dialettica di queste due posizioni ha contribuito, in ogni caso, a un avanzamento di tutto il discorso anche sociale sulla sindrome da immunodeficienza, nel nostro Paese il problema è aggravato dal fatto che non è mai esistita una struttura (o un’ideologia) anche lontanamente paragonabile ad ACT UP! Questo è il vero dramma che siamo costretti a sopportare.

 

 
                                     1995








Nel settimanale Roma Affari (8/15 giugno 1995) , Consoli pubblica un annuncio di vendita del suo archivio: AIDS  archivio informatizzato multilingue vendo L. 120.000 contatti fax 069354...Qui sopra il fax quasi illeggibile in cui comunque si capiscono le intenzioni di Consoli.





Il 23 luglio 1995 il Messaggero dedica un'intera pagina a Massimo Consoli.
 IL MESSAGGERO



 

 

Il fondatore del movimento gay italiano, mangiapreti e divoratore di pasta

UN QUINTALE DI VITALITA’ GAY

Consoli: scrittore e collezionista di provocatori gadget
 
di  Francesca Nunberg  
 

“Pronto? No, mi dispiace questa non è la Gay house. Cerca una sauna? Non so che dirle..Sì, io sono gay, ma le saune non le frequento..” Da quando il suo numero di telefono è apparso su alcune guide omosex (“Ma per l’archivio, solo per l’archivio, avevo detto…”), Massimo Consoli è tempestato di richieste. Dal suo eremo in quel di Frattocchie, dove vive coi gatti Fefè e Pipì, i cani Attila, Giobbe e Bakù (per via dell’anarchico russo Bakunin) e le tortore della sorella, l’uomo che negli anni Settanta ha fondato il Movimento gay italiano ha un’altra “creatura” da tirare su:” il più esteso e prestigioso archivio europeo di storia di omosessualità, uno dei primi dieci nel mondo”. Per consultare questa raccolta di oltre cinquemila volumi, settemila fotografie, mille cartoline, quattrocento manifesti, migliaia di articoli di giornale (compreso lo storico pezzo, prima avvisaglia dell’Aids, pubblicato nel ’79 da Lotta Continua: “ Lo sperma porta il tumore, lo dicono gli americani”), bisogna scendere la scaletta che porta verso l’orto, piena di fichi caduti da un albero stracolmo.


“Non ce la faccio a mangiarli tutti - dice Massimo -  nonostante i miei 107 chili e le mie abitudini irregolari. Sono capace di divorare penne all’arrabbiata alle sette  e mezzo di mattina..” “E spaghetti con le vongole tre ore dopo”, aggiunge Anselmo, amico di vecchia data, che oggi è venuto a trovarlo e all’ora di pranzo esibisce le sue doti di cuoco. A tavola c’è anche Enrico Verde (è il colore dei gay, ma il nome sarà vero?”), che con loro ha partecipato a tutte le battaglie del movimento. Parlano, scherzano, brindano a vino rosso dei Castelli, ricordano i bei tempi: il ’75, quando nacque l’Ompo, il primo giornale gay, il ’76, quando arrivò l’Ompo’s, la prima associazione, e poi il consultorio medico, le occupazioni a Testaccio, le trasmissioni radiofoniche, la Gay house, il movimento che prendeva luce tra mille difficoltà. Anselmo serve zucchine dell’orto al salame piccante e Massimo dice: “Ma anch’io so cucinare. Uso molto peperoncino, curry, comino..”. A Enrico che lo sfotte, “La cosa che cucini meglio è la Storia”, risponde. “Qui non c’è rispetto per i padri fondatori..”, poi si alza e apre le porte del tesoro. Tra il forno a legna e l’orto, dove Consoli coltiva pomodori, melanzane, nespole e albicocche, nonché cavolo cappuccio “nutrito” con le ceneri dei volantini gay, ci sono due capannoni di lamiera. E dentro il suo favoloso archivio. “Ai tempi di Petroselli e poi di Carraro – spiega mostrando la foto di Lawrence d’Arabia, suo idolo da ragazzino – l’avevo offerto in regalo all’amministrazione comunale. Con Rutelli non ci ho neanche provato. Non sanno cosa si perdono. E pensare che mi sono indebitato per centinaia di milioni. Forse adesso lo metterò in vendita”.

Massimo, che detesta ogni stereotipo, che non tollera “quelli che si vestono da donna e vanno a sculettare in giro”, che aborrisce le dark rooms (“Luoghi terribili, dove vai a fare sesso con uomini che non vedi in faccia: assurdo con l’Aids..”), è persona sensibile e divertente. E mostra il lato frivolo del suo archivio. Decine di gadget, raccolti in anni di ricerche: i lecca lecca coi preservativi, i sottobicchieri Play it safe (fallo protetto), il Monopoli gay, le caffettiere “attribuite a Pasolini, Moravia, Sandro Penna e Ungaretti”, la maglietta Don’t be a dick head (non essere una testa..), le candele erotiche, un pupazzetto di Reagan piselluto, i calzini lesbici, una rivista in braille per omosessuali ciechi. Lui che si vanta di essere stato definito da Il borghese “l’esempio più evidente della decadenza della cultura occidentale”, se la ride e poi risale le scale. Destinazione mansarda, in cima alla villetta costruita sul terreno che suo nonno comprò nel 1911 dai reduci della guerra italo-turca. “Ci vivo da solo – spiega – Quando se n’è andato Franco, il mio amico, per me fu una tragedia, persi venti chili..E da allora non ho più avuto rapporti sessuali. Se capitasse qui, il ragazzo più bello del mondo, però, magari un pensierino ce lo farei..”. Ma a che serve una bara nella mansarda? “Ora ci tengo le scope, ma l’abbiamo usata per uno spettacolo. Ricordo ancora la faccia del brigadiere che venne a perquisire il teatro ai tempi del rapimento Moro..”. Massimo che non ama Roma (“E’ ghettizzata e ghettizzante”), se ne sta tutto il giorno barricato in casa ed esce quasi solo per fare la spesa. “Non amo più il genere umano – dice – perché l’ho amato troppo. Ma per fortuna gli amici vengono a trovarmi”. Giornalista e scrittore, Consoli è anche responsabile dell’agenzia Rome Gay News, che esce “quando ci sono notizie importanti da dare”. L’ultimo di tanti scoop, l’intervista ad Alessandra Mussolini che diceva di essere favorevole alle adozioni anche per i gay. Fino a qualche mese fa Massimo dirigeva “Il Pettirosso”, il giornale di Rifondazione ai Castelli. Poi ha ritirato la firma, in polemica con Bertinotti che non si voleva far intervistare. Ha pubblicato ventuno libri: il primo, nel ’71, Appunti per una rivoluzione morale, l’ultimo, un anno e mezzo fa, Killer Aids, la storia dell’Aids attraverso le sue vittime. “Ma il mio capolavoro (modestia a parte) è del 1991: Homocaust, il nazismo e la persecuzione degli omosessuali. Adesso sto lavorando a Ecce Homo, una rilettura della Bibbia in chiave sessuale, sto scrivendo L’impulso sessuale, poi farò la Guida alle strutture anticlericali italiane, quindi voglio decidermi a scrivere La rivoluzione morale…”. L’estate, insomma, il “padre fondatore” la passerà al computer. Lui che al mare diventa isterico, che dice “vado più facilmente a New York che a Monte Mario”, che ha vissuto in Olanda, in America, in Libia, per agosto ha un programma solo un viaggetto a Fano. “Parteciperò al Meeting anticlericale organizzato dalla Società per lo sbattezzo – dice – Il mio trip, infatti, non è l’omosessualità ma la religione. Detesto il cristianesimo, che ha sempre segregato il sesso. Seguo la religione della natura”.

Se Massimo comincia a parlare non lo fermi più. Racconta di quando scoprì la sua omosessualità (“Facevo la seconda elementare e baciavo la foto di un sommozzatore sul sussidiario”), di quando l’Aids cominciò a mietere le prime vittime negli Usa (“Ho inventato io l’espressione “peste del XX^ secolo”, se potessi avere i diritti d’autore sarei miliardario..”), di quando ebbe l’idea, nell’anniversario della morte di Pasolini, di preparare centinaia di sacchetti di stoffa verde contenenti la terra dell’idroscalo di Ostia, dove fu trovato il cadavere. Basta? Non ancora, Massimo racconta di quando stava al  Celio per la visita di leva: “Ero il terzo figlio maschio e avrei potuto evitare il militare” Ma volevo farlo a tutti i costi, così l’ufficiale mi strinse la mano dicendo Lei sì che è un vero uomo..”

  





LETTERA DI MASSIMO CONSOLI AI RAGAZZI DI VITA
L'amicizia è il sentimento più nobile che ci sia. Più bello e più positivo perfino dell'amore, il quale può nascere e consumarsi nel giro di pochi giorni e, nonostante le speranze degli interessati, raramente riesce ad essere eterno. Mentre l'amicizia può non morire mai perchè mette radici in qualcosa di diverso dal sesso puro e semplice e può sbocciare anche tra persone che si incontrano in occasioni magari non proprio ideali e non tra le migliori che uno si aspetta. Forse proprio sotto gli archi di piazza dei Cinquecento, dove è ovvio che nessuno di voi viene volentieri, ma vi è costretto dalle storture di questa società strana e affascinante ma impetuosa e feroce al tempo stesso.








 Così, anche tra un uomo ed un giovanotto che si conoscono al solo scopo di consumare un rapporto sessuale a pagamento, è possibile che scatti quella meravigliosa scintilla che può scusare i motivi iniziali di quell'incontro, se l'uomo capisce che il ragazzo non è un bambolotto erotico a sua disposizione da comprare o affittare a ore, ed il giovane si rende conto che l'uomo non è un bancomat nel quale infilare la propria tessera per ricavarne soldi a volontà.




 Ogni rapporto tra le persone è basato sul dare e sul ricevere: dare e ricevere affetto, amicizia, amore, passione, consigli, sostegno, conforto, benevolenza, premura, tenerezza, confidenza, solidarietà, compagnia, devozione, assistenza...Il proprio amico non va tradito, offeso, abbandonato, utilizzato e poi cacciato, derubato, picchiato, ucciso. No. Questo proprio no lo si può fare.

Ma è necessario anche il rispetto verso l'altro. Non la tolleranza, che è sempre una posizione dall'alto verso il basso, da chi si ritiene superiore a chi viene considerato inferiore, ma proprio rispetto come considerazione dell'altro, della sua persona, delle sue idee, delle convinzioni religiose, delle differenze culturali o razziali. Il proprio amico va difeso, aiutato, assistito, consigliato, sostenuto.






 La civiltà è nata dall'impatto fra culture diverse. L'amicizia nasce dall'incontro fra personalità differenti: basta rendersene conto, prenderne atto e attenersi a questi pochi, facili consigli per essere un po'più felici noi stessi e le persone che ci sono vicine, e per portare il proprio contributo ad una società migliore basata sulla sincerità, sull'amore, sul rispetto.
                                                                                              
Infine, e di tutto cuore, vi auguro di poter trascorrere un Buon Natale ed un felice Anno Nuovo, migliore di quello che si sta appena chiudendo.

Massimo Consoli

P.S. Fate felici anche gli spazzini: non gettate per terra questa lettera, la lattina della bibita, l'involucro del panettone, della cioccolata o di qualsiasi altra cosa contenuta in questo sacchetto di plastica. Utilizzate i cassonetti o i contenitori installati quasi dappertutto a questo riguardo. Grazie.

 
 
 

                                    1996




ROME GAY NEWS  del 4 gennaio 1996

 

 

BENEDIZIONE ANNUALE DEI LUOGHI GAY

 

L’Agenzia Rome Gay News comunica quanto segue:

E’ cominciata anche per il 1996 la ormai tradizionale “benedizione dei luoghi di aggregazione gay” che si celebra tra la fine del vecchio e l’inizio del nuovo anno fin dal 1976 e che ha il suo momento culminante nel giorno della Befana.

Ma se le ricorrenze del passato erano una cerimonia soprattutto privata, gli sviluppi della comunità gay l’hanno ormai fatta diventare un avvenimento pubblico, Così, dopo aver iniziato dai luoghi all’aperto, il fondatore del movimento gay italiano Massimo Consoli, continua ora con i locali al chiuso, club privati, bar, saune, anche singole abitazioni, a trasmettere la benedizione dei nostri predecessori, con una formula completamente rinnovata.

Nella sua funzione di intermediatore tra i gay del passato che hanno sofferto e subìto il martirio per aver reso testimonianza della loro realtà, ed i gay del presente che di questi sacrifici oggi beneficiano e raccolgono i frutti, Massimo Consoli è l’officiante cerimoniale che, accompagnato da due assistenti, bussa alla porta del luogo da benedire.

Gli assistenti portano, ognuno, un vassoio pieno di terra. L’officiante, con indosso la mantella cerimoniale verde, ne prende un pizzico dal primo vassoio, con le dita, e lo sparge all’interno del locale in direzione di colui che gli ha aperto, dicendo:

“In questa terra è sepolto Karl Heinrich Ulrichs, nostro padre amato e che per noi ha tanto sofferto in vita. Abbia ora l’armonia eterna”.

Indi, prende un po’del contenuto del secondo vassoio, spargendo anch’esso all’interno del locale, dicendo:

“Questa è la terra che ha visto il martirio di Pier Paolo Pasolini, nostro padre amato e che per noi ha tanto sofferto. Abbia ora l’armonia eterna”.

Il “padrone di casa” gli porge un bicchiere di vino e l’officiante recita:

“Questo è il vino dell’ospitalità che ci viene offerto dal nostro fratello come simbolo di pace e pegno d’amore. E come simbolo di pace e pegno d’amore noi lo accettiamo, facendolo nostro”.

L’officiante beve, restituisce la coppa e alita all’interno del locale:

Questo è il soffio divino che proviene dalla Terra nostra madre per darci la vita, e con la vita tutti i suoi piaceri e dolori, ricchezza e povertà, bene e male, amore e odio. E’ l’alito dell’eternità. Nel nome di nostro padre il Pensiero che prende forma, e di nostra madre la Terra, io benedico questo luogo e tutti coloro che vi si trovano in questo momento. Oggi e per sempre, sia vostra l’armonia”.

La cerimonia si conclude con il “bacio d’amore” tra l’officiante ed i presenti.

 

Questa sera, alle ore 20,00, la cerimonia di benedizione avrà luogo presso il locale di via Ghiberti 8/b (via Galvani, a Testaccio)





 

 ore 20.31 8 gennaio 1996


Mitterrand: Consoli, lutto anche per i gay



"Era il 4 agosto del 1982 il giorno in cui il neo eletto presidente della Repubblica Francese, Francois Mitterrand, decideva di rispettare un impegno solennemente preso nei confronti della comunità gay durante la sua campagna elettorale e, con un sol tratto di penna, abrogava il "delitto di omosessualità'", salvo i casi di abuso di autorità o corruzione di minori". Lo ricorda Massimo Consoli, direttore di "Rome gay news". "La sua morte è profondamente sentita dalla comunità gay, e non solo dalla comunità francese, come un grave lutto che ci impoverisce tutti - prosegue Consoli -. L'eterosessuale Mitterrand resterà nel nostro ricordo con meritata gratitudine e rispetto".
ARCHIVIO AGI


 

ROME GAY NEWS  ANNO VIII N.90  9 GENNAIO 1996

Settimanale di informazione gay

 

MAURIZIO COSTANZO RIDE DEI GAY

 

Durante la trasmissione del ‘Maurizio Constanzo Show’ di ieri, lunedì 8 gennaio, si è verificato un deplorevole incidente nel corso del quale l’identità gay è stata pesantemente ridicolizzata in seguito ad una battuta di cattivo gusto formulata dal cantante Fred..Bongusto. Non credo di esagerare se affermo che l’intera comunità gay si sente offesa di certe ironie che fanno ridere solo i cretini e ieri, di cretini ce ne dovevano essere tanti visto che tutti sghignazzavano sul palcoscenico del teatro dei Parioli.

Ma visto che non abbiamo dimenticato che molti tra i nostri padri e madri sono stati sterminati senza pietà, gasati nei forni di Auschwitz, Dachau, Neuengamme, Ravensbrueck, Sachsenhausen,Natzweiler,Bergen-Belsen Fulsbuetten, Groningen, Esterwegen, Muster, Essen,Marburg, Cassel, Hinzert, Shirmeck, Struthof, Ulma, Flossemburg, Dora-Mittelbau, Magdeburg, Rostock, Lubeck, Cottbus, Dresden, Goerlitz, Erfurt, Theresienstadt, Linz, Lindau, Chelmo, Lodz, Statthof, Elblag, Treblinka, Bialystock, Brest-Litowsk, Maidanek, Belzec, Tarnow, Przemysl, Kobjercin, Budapest, Pilsen, Sobibor, Grossrosen, Neuwied, Neususstrum, Sonnenburg, Lichtenburg, Mauthausen, Buchenwald, Nordhausen…e prima di venir gasati erano spruzzati d’acqua gelida in pieno inverno, usati come cavie viventi alle quali erano somministrati veleni vari sotto l’inguine, bastonati a morte, costretti a spingere carrelli di pietre nelle ‘fabbriche macina-ossa’, torturati con una fantasia di miglior causa…e tutto ciò tra le risate delle ‘SS’ e tra i frizzi e lazzi degli stessi compagni di prigionia…quando qualcuno parla di noi, ridendo, la cosa non ci fa affatto piacere.

Non ci fa piacere quando le risate non sono giustificate da una situazione divertente non offensiva, ma sono pesantemente discriminanti e rappresentano un modello di comportamento al quale difficilmente ci si potrebbe conformare con il cuore lieto e in piena libertà di scelta creando, anzi, grossi problemi di identificazione soprattutto nei giovani che si affacciano adesso alla vita, tra mille difficoltà, e che si vedono dipinti in un modo che, in qualche caso, li ha perfino spinti al suicidio.

Per spiegare che l’identità gay non è una realtà comica sulla quale sbellicarsi dalle risate, alcuni rappresentanti della nostra comuntà si danno appuntamento per domani, 10 gennaio, alle ore 18.30 davanti al Teatro Parioli.

MASSIMO CONSOLI

 

PS. Abbiamo cercato di avere un incontro chiarificatore con qualche funzionario del ‘Maurizio Costanzo Show’, ma siamo stati sbertucciati da una linea morta all’altra dalle 10.00 di stamane fino alle 14.30, con grave mancanza di rispetto, di buona educazione e dimenticando che la televisione è un servizio pubblico che deve rispondere dei propri programmi ai propri utenti




AGENZIA ROME GAY NEWS

ANNO VIII N.91

11 GENNAIO 1996
 

CASAGIT  ASSISTENZA COPPIE GAY

 

In un Paese che si crede civile, che si vuole erede del diritto romano, dello jus in civitate positum, della straordinaria tolleranza dei nostri predecessori dell’Urbe Aeterna, la decisione odierna dell’assemblea nazionale dei delegati della Casagit suona come una battuta d’arresto particolarmente incomprensibile.

Per essere sinceri, il problema delle coppie gay  o non gay neanche si sarebbe dovuto porre, visto che questo indagare sulle attività sessuali delle persone che vivono insieme ha un qualcosa di morboso che non si addice ad una istituzione presenta seria come dovrebbe essere il giornalismo italiano.

Per quale motivo l’immissio penis in vulva cum foemina scatena un consequenziale diritto ad estendere la propria assistenza alla persona soggetta alla confricatio, mentre l’immissio penis in anum cum masculo o, peggio ancora, la castità (orribile dictu!), comporta l’assoggettamento allo stesso pagamento delle quote previdenziali ma riservate al solo giornalista iscritto.

Oggi l’Italia è un po’ più povera culturalmente, moralmente e socialmente

  MASSIMO CONSOLI
 





ROME GAY NEWS


ANNO VIII N.91


11 GENNAIO 1996


 


 


PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA


AIUTO AI GAY ANZIANI


 


         Ogni anno, in Italia, quattro milioni di persone si dedicano ad opere di volontariato, all’interno di 10.000 organismi diversi, laici e religiosi. Molte tra queste persone ricevono rimborsi spese o contributi di varia natura che, di certo, non ne sminuiscono la straordinarietà del gesto. Mentre, alcuni, una esigua minoranza, non solo non ricevono nulla per la loro attività, ma addirittura, oltre al lavoro e al tempo, mettono anche i loro soldi a disposizione di una causa che ritengono giusta.


 


         I ragazzi che oggi hanno dato vita ad un nuovo gruppo di aiuto, appartengono, a quest’ultima categoria. Sono giovani (e meno giovani) coscienti che è un imperativo morale irrinunciabile e non più procrastinabile rendersi utile al prossimo; un prossimo considerato come estensione di se stessi, tutti insieme figli di una grande madre comune (la nostra Madre Terra) dalla quale veniamo, della quale siamo parte integrante e nella quale torneremo ad annullarci in un estremo atto d’amore.


         Questo gruppo nasce all’interno dell’ormai variegato arcobaleno della comunità gay. Si chiama GAIS, “Gay Anziani In Solitudine”, e si occupa di assistere moralmente e socialmente (non dal punto di vista sanitario) i nostri fratelli e sorelle che, a causa dell’età soffrono maggiormente i disagi ai quali sono condannati da questa società che frappone continui ostacoli al vivere in comune.


          Il gruppo, in effetti, è la prima organizzazione sociale di sostegno di questo genere nel nostro Paese, e nasce anche allo scopo di provvedere informazioni sulla condizione della solitudine gay: condizione che non è frutto di una deliberata scelta nella stragrande maggioranza dei casi, ma costrizione alla quale le istituzioni ci condannano impietosamente, chiudendoci ogni altra possibilità di convivenza sociale.





AGENZIA ROME GAY NEWS



ANNO VIII N.95  16 GENNAIO 1996



 



 



SCALFARO CONSULTI ANCHE I GAY



 



Signor Presidente,



In un momento così delicato nella vita del nostro Paese, con problemi di straordinaria gravità e urgenza che si accavallano senza che sia in vista alcuna soluzione, credo sia importante che, nel giro di consultazioni da Lei appena iniziato per la costituzione di una nuova compagine governativa, voglia inserire un qualificato rappresentante della Comunità Gay e Lesbica Italiana.



Capisco che una richiesta del genere Le possa apparire insolita. Ciò non vuol dire che sia irragionevole o irrazionale o irrealizzabile. Al contrario, se nel 1984 e poi nel 1985 il suo predecessore Sandro Pertini avesse dato seguito alla mia richiesta di incontrarlo per parlare di aids, e avesse ascoltato le proposte delle quali mi ero fatto portavoce, forse oggi, in Italia, noi non avremmo 100.000 seriopositivi, 8000 casi conclamati e 5000 morti. Ma tant’è, Pertini teneva il conto dei ragazzi che lo avevano visitato al Quirinale: decine e decine di migliaia: l’aids non sembrava commuoverlo troppo. Eppure, oggi sappiamo che la sindrome immunodeficitaria acquisita dilaga proprio con maggior frequenza fra i giovani in età scolare.



Sig. Presidente Scalfaro, non faccia lo stesso errore. La comunità gay-lesbica del nostro Paese, forte di oltre 3 milioni di italiani e italiane, aspetta di far sentire la sua voce, e di partecipare alla quotidiana edificazione della nostra società.



Essendo stati fra i primissimi ad occuparmi dei problemi della mia comunità, avendo dedicato vita, soldi, ingegno e tempo alla sua costruzione, avendo girato e vissuto molto all’estero per studiare la situazione altrove, essendo riuscito ad influire positivamente in molte circostanze, mi considererei onorato di poterLe mettere a disposizione la mia esperienza, che reputo particolarmente valida anche perché non condizionata da appartenenze partitiche che la potrebbero renderla inaffidabile o strumentale.



Certo di un Suo cortese cenno di riscontro, La saluto cordialmente



MASSIMO CONSOLI



Direttore di Rome Gay News



 



 

 



 

ROME GAY NEWS


ANNO VIII


24 GENNAIO 1996


 


RACCOLTA DI FIRME PER DARIO BELLEZZA


 


Dopo la raccolta di firme presso il liceo scientifico Pitagora, presso le redazioni di varie testate giornalistiche  gay e non gay, presso le librerie Feltrinelli, Remo Croce e Babele, presso le 187 organizzazioni che i occupano di Aids in Italia, e presso i 110 circoli gay da Venezia a Ragusa e dalla Val d’Aosta a Trieste e a Taranto..allo scopo di permettere che Dario Bellezza usufruisca della Legge Bacchelli, e dopo che allo stesso poeta gravemente malato di aids è stata sequestrata (e dissequestrata) un’altra volta la macchina di Pino Marineo e, quasi contemporaneamente, è stato depennato dall’Ordine dei Giornalisti perché non ha pagato le quote degli ultimi cinque anni…l’Archivio Massimo Consoli, l’Agenzia Rome Gay News, il Circolo Michelagniolo e l’Associazione Ompo’s organizzano una serata straordinaria presso la discoteca L’Alibi di via di Monte Testaccio 39/44  per mercoledi 24 gennaio alle ore 24.00 presieduta dalla signora Marina Ripa di Meana e dall’on. Ripa di Meana.


Interverranno: l’attore Leo Gullotta, sempre in prima fila nelle battaglie sui diritti civili; la giornalista Barbara Alberti, l’on, Nichi Vendola (Rifondazione Comunista), il sen. Luigi Manconi (verdi).


Mi sembra importante sottolineare che, nonostante l’Italia sia tra i primi posti al mondo per casi di sieropositivi (circa 100.000) e di aids conclamato (circa 36.000), a 15 anni dall’inizio dell’epidemia, questa è la prima manifestazione di massa mai organizzata nel nostro Paese per sostenere i diritti di una persona con aids


MASSIMO CONSOLI






ROME GAY NEWS N.99


DEL 6 FEBBRAIO 1996


 


ESCE LA GAYA SCIENZA NEWS


 


“Basta con la commiserazione della nostra squallida esistenza! Noi siamo più che felici di essere gay, e lo vogliamo gridare forte..e basta con i lamentosi ‘pipponi’ su omosessualità e fede, omosessualità e scienza..”


Se il buongiorno si vede dal mattino, si preparano tempi duri per i guru istituzionalizzati dell’omosessualità che, come quel monaco russo finanziato dalla polizia segreta per fare il rivoluzionario “entro certi limiti” e che ad un certo momento si montò la testa e marciò sul palazzo dello Zar, qualche volta fingono di crederci perfino loro di stare dalla parte della comunità gay, e non di utilizzarla per i loro interessi e di comportarsi come veri e propri collaborazionisti che un giorno dovranno render conto del loro tradimento.


La Gaya Scienza News è una vera e propria incrinatura anche al monopolio dei periodici gay più o meno noiosi, più o meno porno, più o meno del tutto inutili che hanno confuso, sviato, disinformato la nostra comunità negli ultimi anni.


Sedici pagine, due terzi di satira feroce a 360 gradi contro gli etero-cretini, certo (in copertina, foto di Vialli sbaciucchiato da un calciatore e cmmenti al vetriolo contro la sentenza del giudice che non reputa”assolutamente possibile rendere conciliabile, nell’immaginario collettivo, la figura dell’atleta e quella dell’omosessuale”!) , ma senza  risparmiare le checche e le lesbiche partecipazioniste (“capi e capette in cerca di poltrone o trespoli di quarta categoria”), che parlano e sparlano da ogni canale TV. E critiche ai cosiddetti leader che confessano di andare a caccia di pubblicità..che “zampettano da un insuccesso all’altro oramai seguiti da un coro unanime di ilarità al solo frinire”, al loro presenzialismo sfrenato, all’Arcigay che “raccoglie un’infima minoranza della nostra categoria”.


Ma chi c’è dietro questa nuova pubblicazione che si autodefinisce “eretica”? Un gruppo di studenti universitari romani senza nessuna militanza nei gruppi tradizionali ai quali, anzi, guardano con notevole antipatia. Ed è questa mancanza di militanza che, probabilmente, li ha salvati finora dall’irregimentazione intellettuale e militantesca, e li rende spontanei e gradevoli. Direttore del “fogliaccio” di pettegolezzi e satira: Max Zanelli, uno dei tanti giornalisti incazzati contro la Casagit..


Il giornale costerà mille lire e verrà distribuito in tutta Italia dal prossimo marzo. Il numero Zero appena uscito è già disponibile gratuitamente nei locali gay di Roma.


MASSIMO CONSOLI

 


ROME GAY NEWS  N.102

20 FEBBRAIO 1996

 

ROBERTO MARONI E I DOSSIER  “GAY”


 


E’ nato il 15 marzo 1955, esattamente 1999 anni dopo la morte di Giulio Cesare”, come ci tiene a sottolineare con una punta di compiacimento. Laureato in Giurisprudenza, sposato, con due figli (un maschio e una femmina), Roberto Maroni è stato il primo Ministro degli Interni nell’Italia della Seconda Repubblica, durante il governo Berlusconi. E proprio prendendo spunto da questo incarico estremamente delicato, abbiamo avuto occasione di fargli la prima domanda:



 



Consoli: On.Maroni, quando lei era Ministro dell’Interno, le è mai capitata qualche situazione gay? Mi spiego meglio: le è mai accaduto di vedersi sottoporre qualche fascicolo riservato con l’annotazione “omosessuale” e magari con qualche altro commento o suggerimento a utilizzare quell’informazione a suo vantaggio o a beneficio di una parte politica?



 



MARONI: Quando gli organi preposti mi sottoponevano dei fascicoli su determinati personaggi (di solito sospetti di essere una turbativa per l’ordine pubblico), ebbene sì, talvolta c’era l’annotazione che il tale era omosessuale. E la definizione, devo dire, era neutra, senza connotazioni positive o negative. Stava lì. Il tale è omosessuale, e sta al Ministro vedere cosa farne di questa “rivelazione”. Dopo un po’ che mi sono reso conto di come andavano le cose, ho fatto distruggere questi fascicoli ed ho dato ordine di non raccogliere più questo tipo di informazioni. Siamo sinceri: certi servizi hanno la funzione di vegliare sulla sicurezza dello Stato e, di conseguenza, per poterlo fare, devono raccogliere informazioni sui soggetti almeno potenzialmente pericolosi per l’ordine pubblico. Ebbene, che grado o tipo di pericolosità c’è nell’essere gay?



 

Consoli: Di quanti fascicoli stiamo parlando? Uno, dieci, cento..?



 


MARONI: Al giorno?



 



Consoli. Ho capito! Passiamo ad altro: Da alcuni mesi stiamo portando avanti una raccolta di firme per fare avere la pensione del fondo Bacchelli al poeta Dario Bellezza, gravemente colpito dall’Aids ed in condizioni di estremo disagio finanziario. Giorni fa 75 parlamentari della Camera (sollecitati dall’on. Nichi Vendola di Rifondazione Comunista) e 50 del Senato (interpellati dal sen. Verde Luigi Manconi) hanno dato la loro adesione…



 

MARONI: Alla quale senz’altro mi associo anch’io. Non c’è neanche bisogno di chiedermelo.

 

Consoli: Ha avuto conoscenti gay? Tra i suoi amici attuali, ce ne sono alcuni che sono gay e che non hanno bisogno di nasconderlo?

 

MARONI: Naturalmente sì, ho vari amici gay che non fanno finta di essere qualcos’altro, ed ho con loro dei rapporti perfettamente normali. Del resto, non vedo in che modo “particolare” mi dovrei comportare con una persona con la quale ho un rapporto di amicizia. Anche all’interno della Lega ho un carissimo amico che è gay, penso che quasi tutti lo sappiano, e questo fatto non ha mai creato alcun problema: né a lui, né a me, né a noi.

 

Consoli: Ecco! Ha sollevato un problema importante: è conciliabile far parte della Lega ed essere gay? O ci sono delle “incompatibilità”, delle “controindicazioni”?

 

MARONI: Io credo di sì, che sia perfettamente conciliabile. Ciò che è importante, nella formazione politica della quale faccio parte, è essere federalisti, non gay o etero, non meridionali o settentrionali, non uomini o donne. Ci sono delle cose che riguardano la sfera individuale della persona e nelle quali noi non abbiamo nulla a che vedere. Ciò che ci interessa è il programma politico dei nostri iscritti, la loro convinzione federalista.

 

Consoli: Se una persona qualunque si presentasse ad una sede della Lega, accanito sostenitore dell’ideale federalista ma anche piuttosto noto come gay, e chiedesse di essere presentato nelle vostre liste alle prossime elezioni, avrebbe difficoltà ad essere accettato come candidato?

 

MARONI: E perché? Anche lei, caro Consoli, se volesse e se avesse uno spirito federalista ed una ideologia in armonia  con i nostri principi, potrebbe chiedere di candidarsi. Non credo proprio che qualcuno le farebbe opposizione sul piano della sua omosessualità. Le dirò di più, se ci fosse un’associazione gay che si dichiarasse federalista, probabilmente l’accoglieremmo a braccia aperte. No, non credo proprio che nella Lega ci sia spazio per questo tipo di pregiudizi.

 

Consoli: Una sua definizione di “omosessualità”?
 

MARONI: Mah, io non saprei neanche definire l’eterosessualità. Come si fa a racchiudere in due parole un argomento così vasto? Del resto, so che lei sta scrivendo un libro di mille pagine per dare una sua definizione  a questo tema così affascinante, non vedo come io ci possa riuscire nel poco spazio di un’intervista. Comunque, è una condizione normale sulla quale nessuno ha il diritto di esercitare discriminazioni o antipatie personali. Punto e basta.

 

Consoli: E’ favorevole al fatto che due persone dello stesso sesso, che vivono insieme in un rapporto basato sull’amore ed il rispetto reciproco, si vedano riconosciuti certi benefici morali e civili, come il diritto alla naturalizzazione nel caso di convivenza con un partner straniero, il diritto all’eredità in caso di morte di uno dei partner, il diritto a subentrare nell’abitazione dove i due vivevano in comune, il diritto ai giorni di congedo in caso di malattia o di morte del partner…?

 

MARONI: Assolutamente sì. Io sono favorevole alla ricerca più totale della felicità umana..

 

Consoli: E’ un diritto perfino inserito nella Carta Costituzionale degli Stati Uniti, che parla espressamente di “diritto alla felicità”..

 

MARONI: Non per niente  gli Stati Uniti sono una federazione!

 

Consoli: Reputa utile l’istituzione di un “ufficio preposto alla comunità gay”, magari all’interno di uno dei ministeri del futuro governo?

 

MARONI: All’interno del governo penso proprio di no. Mi sembra un’idea assurda. Inserire un ufficio del genere, oggi, in un ministero, vuol dire sclerotizzare una istituzione, renderla inutile, soffocarla nella burocrazia imperante. Il concetto è giusto: rendere partecipi tutti i cittadini alla vita della Nazione, ma io lo esprimerei in un altro modo, magari attraverso una sorta di Consulta di tutte le associazioni gay, o di quelle più rappresentative. Certo, non di una sola organizzazione e, in ogni caso, non di una organizzazione politicamente troppo identificata con questa o con quella parte.

 

Consoli: Che ne pensa del riconoscimento ufficiale da parte delle istituzioni delle unioni tra persone del medesimo sesso?

 

MARONI: Io sono d’accordo. In questo caso subentra un problema che, però, è solo di ordine tecnico, visto che bisognerebbe modificare il codice civile là dove parla di “marito” e “moglie” e sostituirlo con altri termini più adatti, oppure fare una normativa apposita da aggiungere all’attuale legge sulla famiglia. Devo dire che io sono contrario a quest’ultima soluzione, ma se  le associazioni gay si dichiarassero favorevoli, se fossero loro a volerlo, voterei a favore e penso che anche la Lega si esprimerebbe in questo modo. Io sono contrario perché una legge fatta apposta per una categoria di persone porta fatalmente ad una ghettizzazione, ad una marginalizzazione. E’ molto meglio, e parlo sempre a titolo personale, che la legge vigente venga modificata per farvi rientrare non più solo i legami tra uomo e donna ma anche le unioni tra uomini o tra donne. Del resto, per semplificare, basterebbe aggiungere un articolo specifico che renda applicabile la normativa già esistente tra marito-moglie anche in altri tipi di coppie. Allora, immediatamente ogni problema legislativo sarebbe risolto, senza bisogno di grandi cambiamenti.

 

Consoli: Come vede l’adozione di un bambino da parte di un gay single?

 

MARONI: Senz’altro in maniera molto positiva. Questo è un problema che riguarda i fatti interpersonali, umani. Io sono favorevole a creare tutte le condizioni nella quali ognuno può fare quello che vuole, salvati i diritti e il benessere di tutte le parti in causa. Se una persona che vive da sola, un gay single, vuole adottare un bambino, vuole che un bambino viva con lui (o con lei), io credo che lo faccia per amore, e sono convinto che l’amore faccia bene a lui (o a lei), ma soprattutto faccia ancora più bene al bambino.



 

 

ROME GAY NEWS     ANNO VIII – N.107   15 MARZO 1996

Our Agency is sent by fax or mail to hundreds of media in the following

Towns:

From the FOUNDER’S office

 

On. Massimo D’Alema

Segretario PDS

 

On. D’Alema,

Non mantenere fede alla parola data è un crimine morale che viene sempre pagato a caro prezzo, in questa vita  (anche politica) o in altre reincarnazioni: ognuno riceverà la punizione nella quale crede.

La comunità gay italiana è scandalizzata e sorpresa dal suo comportamento. Non noi, di certo, che abbiamo sempre considerato la politica del suo partito a questo proposito esclusivamente strumentale e finalizzata a presentare il PCI/PDS come una formazione sera, con al primo posto della sua agenda i diritti civili, il rispetto delle minoranze, la separazione più categorica tra Stato e Chiesa.

La sua alleanza con gli alfieri dell’ignoranza e della superstizione, con gli eredi dei ladri di ieri, con gli immorali che hanno sempre sulla bocca la parola “moralità”, non la pone di certo sotto una buona luce. Se è vero che ci va con lo zoppo impara a zoppicare, caro D’Alema, la comunità gay italiana farà una colletta per regalarle una sedia a rotelle alla prima occasione.

E’comunque ancora in tempo per convincerci che lei, in fondo, è una persona seria e non quello che appare in superficie. Con questo nostro intervento le stiamo chiedendo di candidare nelle liste del suo partito Franco Grillini, presidente dell’Arci Gay.

La serietà e la convinzione di questa nostra richiesta risiede nel fatto che, notoriamente, non brilliamo di simpatia per Grillini, non ne condividiamo neanche il 50% delle posizioni ideologiche, ci da perfino fastidio il suono della sua voce ma, come direbbero i suoi alleati di oggi “Dio c’ha dato ‘sta croce, e noi ce la portiamo sulle spalle”.

Purtroppo abbiamo solo Grillini, a disposizione in questa circostanza, e Grillini le offriamo. Se lei lo rifiuta, ne terremo conto.

MASSIMO CONSOLI

 





 

MASSIMO CONSOLI

FONDATORE DEL MOVIMENTO GAY ITALIANO

DIRETTORE DI ROME GAY NEWS









AGENZIA ROME GAY NEWS


Anno VIII N. 110 del 18 marzo 1996


 


UN’INIZIATIVA DI ROME GAY NEWS


A FAVORE DELLA COMUNITA’


 


Un largo segmento della popolazione gay romana, da quattro/ cinque mesi, mi chiede di intervenire, su di un fatto increscioso. E’ da tanto, infatti, che polizia e carabinieri hanno congiuntamente iniziato un’opera di intimidazione e schedatura delle persone che frequentano i portici della stazione: prostituti, omosessuali, semplici passanti, perfino clienti del bar della zona e del McDonald’s che stanno (o credono di stare) seduti in pace a bere o a mangiare qualcosa. Il comportamento dei poliziotti e dei carabinieri (quest’ultimi sono segnalati come più “viziosi”) è inconcepibile: fermano un uomo di quaranta, cinquanta, sessant’anni gli chiedono i documenti, vogliono sapere perché frequenta quel posto, se è omosessuale, gli intimano di andarsene, di non tornare più e trascrivono tutto sui loro taccuini: questa si chiama schedatura che proprio recentemente, l’ex ministro Roberto Maroni, ad una mia precisa domanda, aveva risposto assicurandomi di averla vietata quand’era al dicastero della Giustizia. Quando m’incontrai con l’allora prefetto di Roma Fernando Masone (nel gennaio 1993 e dopo il feroce assassinio del Mago di Piazza Navona), chiesi che i rapporti fra forze di polizia e comunità gay venissero improntati al reciproco rispetto: condizione essenziale per poter avere la cooperazione della comunità in caso di bisogno: Masone fu d’accordo e mi assicurò che avrebbe operato in questa direzione. Questa nuova atmosfera ha poi dato i suoi frutti, visto che dall’omicidio immediatamente successivo, fu proprio dai gestori di un locale gay  che arrivò quel tipo di collaborazione circostanziata, dettagliata e precisa che fece arrestare gli assassini nel giro di poche ore.


Questa fase persecutoria non favorisce di certo la continuazione di questa collaborazione. I gay sono pieni di rancore verso i poliziotti ed i carabinieri che, ogni pomeriggio ed ogni sera, li perseguitano, li offendono, li discriminano. C’è bisogno di un precisa presa di posizione da parte di tutti gli uomini e donne di buona volontà. Per questo prendo spunto da un avvenimento triste, la morte di Dante Cappelletti e da un avvenimento lieto (oggi è l’anniversario della nascita di Jean –Jacques Regis de Cambacérés, 18 ottobre 1735, il Ministro di Napoleone che nel 1804 per primo cancellò nei codici moderni il “reato” di sodomia) e lancio una nuova iniziativa:


Chiedo che tutte le persone di buona volontà, intellettuali, artisti, scrittori, musicisti, insegnanti, giornalisti…e semplici cittadini, si impegnino ad affrontare in termini positivi l’argomento ognuno nel proprio ambiente di lavoro. Non sarebbe male che gli insegnanti ne parlassero, che i personaggi pubblici che vediamo in TV, spezzassero una lancia in favore del vivere civile in maniera.. più civile, invitando le forze di polizia a non imitare la Getsapo o la Ghepeu. Meglio ancora, come oggi si usa portare un nastrino rosso per esprimere solidarietà alle vittime dell’aids, suggerisco che, chi appare in TV ( o in qualsiasi occasione pubblica), porti un garofano all’occhiello (o dove vuole e non necessariamente un garofano verde!), per esprimere la sua solidarietà verso la comunità gay.


Tutto questo fino al 2 novembre, il giorno dei morti che vede il 21^ anniversario dell’assassinio del più grande tra gli artisti italiani del XX^ secolo , quando , come ormai è d’uso da cinque anni a questa parte, i locali, i bar i ristoranti, i cinema, i teatri, le vetrine dei negozi illuminati, spegneranno le luci per un minuto allo scoccare della mezzanotte, per ricordare che a quella stessa ora tra il 1 e il 2 novembre 1975, Pier Paolo Pasolini veniva trucidato ad Ostia.

MASSIMO CONSOLI

FONDATORE DEL MOVIMENTO GAY

DIRETTORE DI ROME GAY NEWS




INTERNATIONAL GAY HISTORY ARCHIVES


New York  1981-1996


 


 


New York.  Fondato da Bruce Eves e Hohn Hammond, deriva da una collezione di opuscoli e libri che costituiscono un progetto di storia gay per una biblioteca originariamente dagli scopi più ampi. La biblioteca era collegata alla libreria W.W.3, di New York, fin dal 1975, ed era stata creata da Suber Corley, Bruce Eves (Direttore), il sottoscritto Amerigo Marras (Fondatore), e Paul Mc Lelland. Tutti venivano (venivamo) da Toronto, in Canada. L’idea iniziale era di raccogliere solo informazioni correnti, in quanto storia nel momento della nascita dei conflitti sociali e delle lotte politiche per i diritti umani.


L’Archivio Internazionale venne costituito più tardi fu gay nel contenuto, ma più ambizioso negli scopi, comprendendo schedari storici e per autori o organizzazioni. Il suo modello fu lo straordinario Gay Archive di Toronto, ben utilizzato e utile per la sua funzione politica di attiva conservazione della storia della popolazione gay in quella città.


La prima consistente donazione di materiali fu il lascito dei documenti della Gay Activists Alliance, allora sul punto di sciogliersi. Bruce Eves divenne l’ultimo grafico dell’ultimo numero del loro giornale. In seguito, arrivarono gli archivi privati di Arthur Bell, che era stato il primo giornalista ad essere assunto come gay reporter da un periodico dell’establishment editoriale americano (“The Village Voice”).Altri autori si fecero avanti, come Jonathan Katz (“Gay American History”), che fece dono del manoscritto del suo fondamentale libro. Dopo il 1983 gli archivi si trasferirono da Manhattan a Brooklyn, senza mai ricevere finanziamenti pubblici e senza che sembrasse possibile che due persone riuscissero a farli funzionare in maniera efficiente e a tempo pieno. Nel 1988 una metà venne ceduta alla New York Public Library, e più di recente l’altra metà è entrata a far parte del patrimonio del Gay and Lesbian Community Services Center. Uno storico gay come Massimo Consoli (che io ho cercato, inutilmente, di convincere), ne sarebbe stato il Direttore ideale, qui a New York.


 


 


 


 

ARCHIVIO MASSIMO CONSOLI

Roma  1959 – 1996

 

 

PIU’ DI UN DOCUMENTO OLOGRAFO
 

Mi dispiace molto che l’Archivio Internazionale di Storia Gay non sia più nelle mani dei suoi fondatori. Mi dispiace molto, e per due motivi. Il primo è che sono da lungo tempo attento osservatore delle sconfitte e delle vittorie riportate dal movimento gay, dalla comunità e dai singoli individui che intraprendono delle iniziative. Purtroppo, le vittorie sono poche, mentre le sconfitte sembrano accumularsi senza soluzione di continuità. Ogni volta che il fax non riceve più l’ultimo numero della nostra agenzia, o il postino ci restituisce la corrispondenza che avevamo spedito perché il destinatario ha cessato le attività, in redazione l’atmosfera diventa cupa. Ma non crederò mai a quanto sosteneva Donald Webster Cory, celebratissimo autore di “The Homosexual in America” che in un libro molto meno conosciuto (“Odd Man In”, 1969), proclamava che i gay erano profondamente disturbati ed incapaci di formare organizzazioni durevoli nel tempo. La realtà è ben diversa e, semmai, più complessa. La situazione sociale e legale nella quale vive l’omosessuale gli impedisce o gli rende difficile il mantenimento di organismi e strutture che non riescono a godere dei vantaggi considerati normali per chiunque altro. In compenso, sono costretti a subire tutte le difficoltà delle organizzazioni ai limiti della legalità o, in certi paesi, considerati del tutto illegali.

In queste condizioni c’è ben poco da sperare. Bruce Eves e John Hammond hanno salvato il loro archivio privandosene. Cedendolo a due organismi uno dei quali, la New York Public Library, fa parte del sistema ed al sistema stesso è funzionale. L’Archivio Internazionale di Storia Gay, ormai, è gay solo nel contenuto, ma non più nelle strutture (e negli scopi), con tutto ciò che di negativo una tale situazione può comportare. Il secondo motivo di dolore è nei miei problemi di identificazione. Anch’io ho fondato un archivio e sono quasi quarant’anni che lotto per la sua sopravvivenza. Devo quotidianamente vincere la tentazione di abbandonare tutto e di accettare incarichi più socialmente integrati (e meglio retribuiti) in Italia e all’estero, per il solo piacere di averlo con me, di viverci dentro, di arricchirlo giorno dopo giorno di un altro libro introvabile, di un numero di un periodico che mi permetta di rilegare un’intera annata, di una lettera di un ricercatore all’affannosa ricerca della soluzione ad un problema al quale io posso contribuire in dieci minuti. E poi, devo sostenere gli attacchi degli jettatori di professione che, sempre più spesso con l’avanzare degli anni, si preoccupano della mia salute esclusivamente in funzione dell’archivio.

“Hai deciso a chi lasciarlo?”, mi chiedono insistentemente al primo colpo di insolita tosse, o alla prima lamentela di stanchezza. Oppure, “Che ne sarà di tutte queste raccolte quando tu non ci sarai più?”

No. Non ho ancora deciso a chi lasciarlo.

L’avrei voluto donare al Comune di Roma. Poi, nel 1980 l’amministrazione capitolina (leggi, PCI), mi mise in una situazione tale da costringermi ad accettare un invito che veniva da New York, dove rimasi cinque anni. L’avrei voluto donare alla Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele II, poi ho visto che è quasi impossibile potervi consultare certi libri…

L’avrei voluto donare allo stesso IGHA di New York, ma la loro mancanza di una sede stabile e delle necessarie strutture organizzative mi fece desistere fin da allora. L’avrei voluto donare al circolo romano Mario Mieli, ma tutti possono capire perché poi non l’ho fatto.

L’avrei voluto lasciare a Gheddafi per una certa somiglianza caratteriale che ci accomuna. Infatti, se come dicono in molti, sono stato un pazzo a spendere una fortuna in libri, opuscoli, giornali, cartoline, manifesti, spille e oggetti vari legati alla cultura gay, chi meglio di un altro pazzo (con in più i vantaggi del potere) avrebbe potuto amministrare questo capitale?

A New York, ricoverato in un letto d’ospedale per un’infezione contratta in Africa, e sentendomi prossimo a morire dopo una notte di inarrestabile diarrea, chiesi carta e penna per fare testamento a favore di Felix Cossolo, un militante della seconda generazione che, all’epoca, sembrava molto ben intenzionato..

Grazie al cielo(!) sono vivo ed in buona salute (almeno sembra!), con l’intenzione di seppellire tutti gli amici così preoccupati delle mie condizioni fisiche…

L’avevo perfino messo in vendita, il mio archivio, come un principe innamorato decide di vendere lo schiavo favorito che lo fa tanto soffrire. L’ho messo in vendita per una cifra folle: cento milioni. Grazie al cielo(!!), nessuno si è fatto avanti, ignorando che nei soli Stati Uniti ne ho spesi centottanta, di milioni! Però, è dura andare avanti. Per mancanza di spazio, i libri non seguono più quello che una volta era un perfetto ordine logico, ed è oramai un problema rintracciare “Die Homosexualitaet”, di Magnus Hirschfeld, che proprio recentemente avevo intravisto tra “L’omosessualità negli animali”, di Giorgio Celli, ed una ventina di annate rilegate di “Arcadie” (che, tra l’altro, non riesco più a trovare!).

Del resto, perché dopo aver penato tutta una vita andando da Roma ad Amsterdam in autostop, da Forlì a Lugo di Romagna a piedi, da Bruxelles a Parigi in treno, da New York a Boston e da San Francisco a Los Angeles in aereo, dalla Danimarca alla Svezia in traghetto..per rintracciare libri creduti persi o cartoline rare o giornali introvabili..perché dovrei donare tutto quello che ho raccolto mentre i miei amici (e i miei nemici) facevano gli stessi percorsi, ma con ben altre intenzioni? Perché sono costretto a vivere in castità da otto anni (maggio del lontano 1988..), visto che mi è impossibile perdere tempo in rapporti sessuali o relazioni che mi impedirebbero di scrivere, di studiare, di accumulare oggetti e documenti?

No. Credo proprio che mi farò seppellire, nel mio giardino, in una piramide con tutto il mio archivio, per non soffrire di noia nell’infinito di nostra Madre la Terra.

MASSIMO CONSOLI
1996



                  

 

‘un caffè da Massimo Consoli”

  Intervista di Letizia Gatteschi

 

Intervista apparsa sul giornale del Circolo gay Michelangelo di Monaco di Baviera nel febbraio 1991 e ripubblicata dall’Archivio Consoli il 28 dicembre 1996

 

 

                  “Fallocratico”? Si chiede Massimo Consoli esterrefatto e quasi meravigliato che una parola simile esista ancora nella terminologia in uso, specialmente nell’ambito dei gruppi gay. Allude allo “Stonewall”di Roma un gruppo ancora giovane, come il nostro, privo di quella certa esperienza che Massimo, dopo 30 anni di attività internazionale può vantare.

“Fallocratico”? Mi guarda fisso mentre mi offre gentilmente la terza tazzina di caffè. E’ uno di quei tiepidi pomeriggi d’autunno romano. Siamo seduti al tavolo del suo famoso archivio gay a Frattocchie, il più grande d’Europa, a quanto ne so: migliaia di libri, fascicoli, riviste, amuleti e francobolli e una di quelle bambole..naturalmente in versione maschile col “coso” da attaccare. Senza contare i pacchi dei numeri del “Rome Gay News”, da lui fondato in collaborazione col gruppo italiano gay di New York, e l’”OMPO”, la prima rivista decisamente omosessuale che risale ai primi anni della sua attività, molto collegata agli eventi del ’68. Ma non solo libri e giornali, anche annunci, anzi, ritagli d’annunci di un qualche giornale al di là dell’emisfero, riguardante la condizione gay! Quello a cui tiene più di tutto è la sua documentazione sull’Aids, raccolta secondo tutte le regole archiviali, in fascicoli, posti in uno scaffale proprio all’entrata dello studio. Mi dice che vengono spesso studenti a elaborare le loro tesi e, infatti, suona il campanello quando io me ne vado. Intanto mi fa vedere le pagine del suo ultimo libro “Stonewall”, sulla storia del movimento gay, che sta correggendo prima di dare alle stampe. Ogni tanto si accorge di una piccola imprecisione che corregge scrupolosamente. La bibliografia è favolosa! Ti viene quasi invidia, specialmente se sei laureato da poco e ti rendi conto di quanto materiale esiste ancora da leggere e pubblicare, proprio su quello che ti riguarda più di tutto: la tua identità, la tua ragione di essere.

Tento, un po’ maliziosamente, un piccolo test: “Non trovo quel libro sugli indiani, cioè quelli gay…sai di quell’autore..non  mi ricordo il nome e, neanche il titolo…” Consoli si mette a sfogliare la bibliografia e io: “No, qui non c’è, non l’ho trovato..”

“Ma sì che c’è” – mi rassicura nel suo modo bonario che ti conquista all’istante – Avrà capito il mio trucco? A parte che, in quel momento mi ero veramente scordata titolo e nome di quel libro che mi aveva dato il nostro Karl prima di partire per l’America con la raccomandazione: “Se leggi questo capisci tutto!”

“The spirit and the flesch!” Esclama Consoli e, con un balzo quasi felino, allunga la mano al punto giusto dei suoi scaffali: “Eccolo qua!” Uno dei 1900 volumi in lingua inglese – una piccola parte degli altri nelle varie lingue, compresi dizionari ed enciclopedie – “Non si sa mai, a volte basta il più piccolo accenno, a prima vista insignificante..per es, i topi. “I topi????”, gli chiedo meravigliata, pensando che ora sta andando un po’ fuori tema. “Eh sì, cara, i topi – il medioevo – la chiesa e l’aids”.

Comincio ad intuire: “Vedi, io definii l’Aids la peste del 20^secolo…”No!, m’inserisco conoscendo tutta la polemica in proposito.
“Aspetta – tenta di calmarmi – non intendo dal punto di vista medico, ma da quello storico”.

Riesco ad accettare un po’di più e gli faccio cenno di proseguire: “Nel medioevo, come tu sai, non furono bruciate solo le streghe, gli omosessuali ecc..ma con loro anche i gatti, e sai perché?” “Penso di sì” “No, aspetta: perché le streghe erano quelle collaboratrici del diavolo che, per diventare “sue” gli davano il bacio nel culo. Ecco! Il bacio nel culo che si ricollega all’omosessualità; ma non ti credere che rimanga tutto lì: il gatto, animale sacro nell’antico Egitto, diventa sacrilego all’epoca cristiana, perché accompagnatore della strega, che da il bacio nel culo, come gli omosessuali…”  “Ho capito!”, esclamo un pò irritata, perché questi uomini gay non riescono a parlare d’altro.

Ma Consoli ha pazienza: “Dunque – prosegue con la tipica calma dell’intellettuale che non si fa spezzare il filo del discorso da qualche disturbo momentaneo – i gatti vengono bruciati insieme alle streghe che…(ritornello), così non possono cacciare e ammazzare i topi e i ratti, che a quei tempi invadevano le città che si trovavano in un misero stato d’igiene”. “Sì, lo so..”.

“Aspetta: i ratti e i topi sono ed erano, ovviamente, portatori di virus e così si evolve la peste nelle città, la più grande piaga di quell’epoca. Dal momento che non furono più bruciate le streghe e con loro i gatti, la peste svanisce. Conclusione: non la gente aveva divulgato il virus perché sporca, cioè priva d’igiene sì, ma perché la Chiesa per secoli bruciando i gatti e volutamente non curandosi dell’igiene pubblica, per questioni “morali”, aveva interferito su un naturale sistema igienico..”.

“Sul sistema ecologico!”, dico io, contenta di aver finalmente afferrato il senso del discorso. E Consoli mi guarda come dire: “Anche se sei una donna lesbica e reagisci come tale, te lo dico lo stesso: “Gli omosessuali vengono costretti tutt’oggi dalla Chiesa a comportarsi in un certo modo poco igienico e nascosto…”.

Subito mi viene in mente uno di quei gabinetti sul Lungotevere, tutto scarabocchiato e puzzolente con la scritta rossa, come di sangue: “Qui te lo mettono nel culo”. Consoli segue il mio pensiero: “Vedi, hai voglia a dire protezione”Sì, è giusto proteggersi, ma..a volte questo maledetto preservativo non è a portata di mano..”.

Devo interrompere un attimo per informare i lettori stranieri che in Italia né nelle toilette pubbliche, né in locali, né in altri posti all’infuori delle farmacie si possono acquistare preservativi. “E a parte quello – prosegue Consoli – lì non ci son i bidet, come nelle case “per bene”,d ove ti puoi lavare “dopo”. Insomma, lì è facile che ti prendi le malattie..”

Lo guardo ad occhi spalancati, non perché sia così ingenua, ma perché ora mi è tutto chiaro: “Allora, vedi, la causa della divulgazione dell’aids non è il virus in sé, né gli omosessuali, ma piuttosto la Chiesa che ti costringe a comportarti in un certo modo, appunto poco igienico e pericoloso! Il vescovo di New York, una persona antipaticissima, con un nasone che non ti dico…, quando, tramite mass media e più che altro il lavoro dei gruppi gay si venne ad una conoscenza definitiva della divulgazione dell’epidemia, ne negò addirittura l’esistenza!”

Si potrebbero aggiungere a questo punto le “news” del Papa che va’ in giro per il mondo e proprio nei paesi più colpiti dall’Aids predica di non prendere precauzioni di nessun genere, rendendosi così responsabile della morte di migliaia di persone e, beninteso, non solo di omosessuali e drogati ma anche di migliaia di donne, bambini, vecchi, giovani, belli, brutti, insomma di tutti!!!

Mi alzo, ormai si è fatto quasi sera. Mentre il nipote, che Consoli mi presenta insieme al resto della famiglia, (altra informazione per non italiani: questo in Italia non è la regola, ma l’eccezione, il più delle famiglie non accetta il figlio gay o la figlia lesbica o puttana che sarebbe poi, secondo il “pater familiae” la stessa cosa) mi accompagna con la sua utilitaria alla metro perché l’autobus, a quell’ora, Roma te la fa sognare ma non raggiungere, penso: “In fondo lo sapevo anch’io tutto ciò, ma Consoli mi ha convinto di una cosa: quello che conta non è tanto quello che si sa’ o che si fa, ma il dire quello che si sa’ e il fare quello che si deve far e ripeterlo più volte, sempre, nel modo più semplice, più esplicito e…più vero”.

LETIZIA GATTESCHI

 

 



 
 

 

ROME GAY NEWS

ANNO VIII – N.112 – 6 NOVEMBRE 1996

 

 

 

SODDISFAZIONE DEI GAY PER LA SALUTE DI ELTSIN

E LA RIELEZIONE DI CLINTON

 

In merito ai più recenti fatti di cronaca internazionale, lo scrittore Massimo Consoli, fondatore del movimento gay italiano e direttore dell’agenzia Rome Gay News, ha dichiarato quanto segue:

                                                                                                        

“Questo è un giorno di gran letizia per i gay di tutto il mondo. Due tra gli amici più necessari alla nostra comunità continuano ad occupare le posizioni più influenti: Bill Clinton è stato rieletto alla presidenza degli Stati Uniti e Boris Eltsin ha superato brillantemente la grave operazione di by-pass coronarico alla quale è stato sottoposto.


Ma quale può essere il motivo di tanta soddisfazione?

La prima volta, nel 1992, Clinton raggiunse la Casa Bianca con il voto decisivo dei gay americani, che per lui raccolsero fondi e si mobilitarono come mai prima. Clinton si era impegnato ad eliminare le cause della discriminazione e del disagio  che a tutt’oggi ancora colpiscono la comunità americana, ma una forte opposizione interna glielo ha impedito. Questa opposizione è stata guidata dal generale Colin Powell, uno zio Tom che ha dimenticato

a) quanto i suoi antenati schiavi abbiano sofferto per colpa della medesima malvagità d’animo e stortura morale della quale lui oggi si fa portavoce, e

b) quanto i gay d’America abbiano contribuito con le loro lotte ed i loro sacrifici a far considerare i neri come persone normali.

Ma anche se Clinton, non ha mantenuto tutte le sue promesse, si è nondimeno mosso in quella direzione. La mancata approvazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso non viene considerato un tradimento visto che, anche all’interno della comunità, l’opinione prevalente sembra essere che è meglio lottare per eliminare il matrimonio tra persone di sesso diverso piuttosto che scimmiottarle in un tipo di relazione che è innaturale e fonte di molti tra i guai che affliggono l’umanità.

 

Per quel che riguarda Eltsin, non possiamo dimenticare che il premier della Russia è stato addirittura ben più concreto di Clinton, come abbiamo avuto occasione di documentare  (unici in Italia), fin dal 1992, scrivendo che:

“I gay russi sono stati indispensabili a Boris Eltsin nel poter trasmettere le sue dichiarazioni, d’attacco contro il tentato putsch dei generali dello scorso agosto (1991, ndr) prestandogli il computer e la stampante del giornale gay TEMA, la sola organizzazione che ancora possedeva uno strumento di comunicazione funzionante al momento del colpo di Stato. Il computer era stato ricevuto due settimane prima come dono dell’International Gay and Lesbian Human Rights Commission, di San Francisco. Tale atto di eroismo degli editori di TEMA precedeva la grande protesta dei gay sovietici nello scorso settembre (1991, ndr), che rivendicava i propri diritti chiedendo l’abolizione dell’articolo 121 del Codice Penale Sovietico…La  mutata atmosfera politica apre le porte al riconoscimento dei diritti dei gay sovietici che possono ben dire di aver partecipato in diretta alla creazione democratica del Paese.”

Questa previsione si è poi dimostrata esatta e Eltsin, al contrario del can can che ha accompagnato ogni dichiarazione di Clinton sull’omosessualità, per pagare il suo debito nei confronti della comunità gay (ormai russa e non più sovietica) senza creare problemi e senza che si potesse costituire un’opposizione, decise di agire in segreto. Così, nel maggio del 1993, il mondo apprese che una precedente deliberazione (di parecchi mesi prima!), il governo russo aveva abrogato l’art. 121.

In questo modo Eltsin è riuscito senza tanti problemi e senza sollevare troppa polvere, laddove Clinton ha incontrato difficoltà fino ad oggi insormontabili.

Ad ambedue, in ogni caso, vanno i nostri migliori auguri di buon lavoro e, ovviamente, di buona salute.

 



 

RGN   N. 123


29 DICEMBRE 1996


 


 


 


Intervista a Massimo Consoli

 

    di  ROBERTO  JEZZI  (RADIO RADICALE)

    20 NOVEMBRE 1996

 

J. Massimo Consoli è uno dei fondatori del movimento gay italiano, artefice e custode di uno dei più importanti Archivi di cultura omosessuale non solo a livello italiano, ma europeo.

Consoli, hai annunciato la distruzione, il rogo di una parte di questo archivio tanto per cominciare, per così dire. Come mai una scelta così drastica?

C. Innanzitutto non è una scelta perché sono stato costretto ad agire in questo modo:  e questa  : è una prima osservazione. La seconda: non l’ho annunciata ufficialmente, questa “clamorosa” notizia, ma ne ho parlato incidentalmente in un comunicato di cinque cartelle, diffuso in occasione di un anniversario che cade proprio oggi, 20 novembre. Oggi, infatti, è il 25^ anniversario della pubblicazione di un documento importante, di un documento che ha dato inizio al movimento gay italiano, ed al quale ha dato il suo contributo, tanto per fare un nome fra i tanti, Dario Bellezza, all’epoca illustre semisconosciuto, e proprio all’inizio della sua “carriera”.

Il comunicato si è reso necessario visto che questo ricorrenze passano sotto

Silenzio perché non siamo aggregati a nessun carro politico, religioso, istituzionale, governativo, sindacale o del Comune di Roma! Non abbiamo santi in paradiso né peccatori all’inferno. Abbiamo solo questo meraviglioso Archivio che è l’orgoglio mio e di tutti gli amici che vi collaborano e dei numerosi visitatori venuti da ogni parte del mondo per spulciare in mezzo ai cinquemila libri (solo duemila sono in inglese, e tremila in italiano e altre lingue), alle ottomila pubblicazioni diverse, ai materiali vari sulla storia e la cultura non solo del movimento gay italiano, ma sulla storia e la cultura delle varie omosessualità e di tutto quello che riguarda l’aids sotto tutti i più diversi punti di vista.

Allora senza tanto clamore, visto che qui spazio non ce n’è ed io non so più dove girarmi nonostante abbia costruito tre capannoni semiabusivi per infilarci tutti questi libri, materiali, opuscoli, gadget, oggetti vari, allora ogni tanto ne brucio una parte per recuperare un po’ di spazio. Ultimamente ho bruciato ottocento libri. E’ un dramma, su cinquemila volumi metterne al rogo ottocento. E’ una cifra consistente. Ma non posso fare altrimenti.

J. Era necessario, Consoli, arrivare a questa forma di autolesionismo?

C. Autolesiolismo? Abbiamo mandato lettere un po’ a tutti , chiedendo se qualcuno li voleva, questi libri. Ma non abbiamo ricevuto risposta… La gente non capisce. Sospetta il trucco. Pensano che devono pagare qualcosa, che è una specie di vendita porta a porta di aspirapolvere, magari collegata..all’omosessualità!

No, non può essere considerato autolesionismo perché veramente io non so dove mettere le mie raccolte. Una parte di queste, una collezione grande e bellissima di riviste che non avrei mai buttato per nessun motivo al mondo, è stata distrutta da infiltrazioni d’acqua. Le pagine si sono incollate una sull’altra. Altri materiali sono stati parzialmente rosicchiati dai topi. Insomma, qui si vive in condizioni incredibili, e allora..

J. Il Comune di Roma, al quale prima facevi un cenno, ha un consigliere per la questione, diciamo così, omosessuale. Come mai non è stato possibile ottenere un contatto utile?

C. ma non so se questo consigliere esista veramente. C’è? Io penso che se c’è, è un consigliere che pensa ai problemi suoi e degli amici suoi e delle persone che la pensano come lui. Non mi sembra che ci sia un consigliere per queste cose.

E se vogliamo andare indietro nel tempo, c’è da dire che chi ha chiesto un rappresentante della comunità gay presso il sindaco di Roma, è stato il sottoscritto, che ci ha fatto su infinite battaglie. Però, nel corso del tempo le cose si sono un po’ modificate perché, mentre Massimo Consoli chiedeva un rappresentante della comunità gay presso il sindaco di Roma, Rutelli è stato molto astuto, e si è fatto un rappresentante suo personale presso la comunità gay per mantenerla tranquilla, inoffensiva.

Ma restiamo nell’ambito dell’archivio.

Un mio amico che ha una istituzione del genere, in Spagna, quando è venuto qui ha detto che le mie collezioni sono dieci volte le sue. Eppure, lui riceve finanziamenti dalla città di Barcellona, dalla Catalogna, dal governo spagnolo…Lo stesso governo, recentemente, gli ha comprato l’Archivio chiedendogli di restare a dirigerlo, e gli ha dato gratuitamente una palazzina per metterci tutti i libri e per viverci pure lui! Qui da noi, Rutelli neanche risponde..

Questa è la dimensione, la differenza con gli atri, se vogliamo metterci a fa re dei confronti.

J. Quindi, a tuo avviso, invece  di compiere dei passi in avanti, siamo di fronte ad una sorta di regressione in termini di attenzione, di intelligenza?

C. Senz’altro. Per quel che riguarda l’informazione, la cultura, siamo andati indietro. Sembra che abbiamo proceduto in avanti, ma non è vero: è tutta apparenza..

J. Quindi questa tua azione, quando si concluderà, rischia di essere un po’ come una tragedia

C. Ormai alcune cose sono andate troppo avanti: decine di migliaia di volantini, dal ’93 ad oggi, sono andati in fumo. Quello che abbiamo bruciato in questi giorni sono le pubblicazioni e i libri un po’ incomprensibili, per noi, per me. Testi in cinese, in giapponese…Mi dispiace perché ci sono delle cose che meritano di essere conservate in ogni caso ma, sinceramente, io li giapponese non lo capisco, né capisco il bulgaro, il rumeno…tutte lingue non molto utili, ai nostri scopi più immediati e pratici. Del resto, si comincia sempre così: ci si priva delle parti meno essenziali e si va avanti con quelle più importanti. Per adesso speriamo di limitarci a queste. Ma che possiamo fare? Quando dico che manca lo spazio, intendo dire che manca lo spazio. Punto!

J. Ci sono degli omosessuali che hanno santi in paradiso, come dicevi tu, e altri che invece, pur compiendo un lavoro utile, non possono avere il dovuto riconoscimento ed essere aiutati..

C. Sì, ma il problema è che io, da qualche anno, non chiedo più niente a nessuno perché mi sono accorto che ogni volta che l’ho fatto sono state concesse forme astute di auto propaganda politica, o comunque cose che servivano agli altri, non a me, non all’idea per la quale lottavo..Allora, non chiedo più nulla..L’Archivio me lo sono messo su da solo in più di trent’anni, cominciando dal 1959. Ora lo utilizzo per quello che serve a me. E serve, visto che mi è stato essenziale per pubblicare ventidue libri, e d il ventitreesimo che sta per uscire con l’anno nuovo, ed altri ancora che ho in preparazione. E serve anche alle persone interessate che sono soprattutto stranieri. Qui vengono da Los Angeles e da Tokyo, dall’Olanda e dal Sudafrica, vengono perfino dall’India per fare ricerche d’Archivio. Italiani? Boh..! Non mi sembra che se ne vedano molti. Sì, alcuni studenti hanno fatto delle tesi di laurea ma resta il fatto che la maggior parte delle persone che si sobbarcano la fatica improba di arrivare fin qui, sono stranieri. Il che vuol dire, evidentemente, che sono più interessati degli italiani.

J. Un’ultima cosa. Ci stanno ascoltando diverse centinaia di migliaia di persone. C’è qualcosa che intendi dire ad almeno alcuni di questi che, magari, potrebbero far qualcosa, rendersi utili in qualche modo?

C. Contrariamente a quelle che sono le abitudini dei radicali e di Radio Radicale, che ascolto sempre con interesse, soprattutto da quando ho reinstallato l’autoradio, io non chiedo nulla a nessuno. C’è questo archivio che sta andando lentamente in distruzione, ma non chiedo né soldi, né finanziamenti, né aiuti…niente! Chi si sente moralmente in dovere, con se stesso, di dare una mano come lui, o lei, pensa utile, è benvenuto, ma io, sinceramente, non chiedo nulla. Non chiedo più nulla a nessuno.

 




                                     1997

ROME GAY NEWS N. 124


RICORDATA PRESSO L’ARCHIVIO CONSOLI LA MAGA DI PIAZZA NAVONA


del 2 gennaio 1997


 


Nella notte di capodanno muore, pugnalato con sette coltellate, Walter Norbert Reimann, conosciuto da tutta Roma con il nome di “Maga Magò” o “ Maga Maghella”. Era un 54enne tedesco, di Hannover, dov’era nato il 6 maggio 1939, che da almeno venti anni viveva nel nostro Paese quasi in pianta stabile, all’inizio in Sicilia o girando un po’ dappertutto e poi a Roma, dove negli ultimi tempi aveva affittato un appartamento a Viale Trastevere. Spesso tornava in Germania, dove godeva  anche lì di una piccola fama di cartomante con lo pseudonimo di “Dario Pasolini”. Aveva messo insieme, infatti, i nomi delle due  persone che ammirava di più, gli scrittori Dario Bellezza  presso il quale era spesso ospite insieme a Massimo Consoli  ai tempi dei suoi primi soggiorni romani e Pier Paolo Pasolini. Era stato uno  dei primi dei 3500 soci dell’OMPO’S, la prima associazione culturale gay italiana, con in numero  86 iscritto il 2 marzo 1976. Era molto popolare anche all’interno della comunità gay romana per il suo stravagante abbigliamento, del quale  si rendeva perfettamente conto. “Se mi vesto bene non faccio una lira, se mi vesto da matta tutti mi fanno domande e io lavoro perché la gente è strana non ti vuole  normale!” Aveva un preciso senso della realtà ed era il primo a sapere che i suoi poteri esistevano solo nella fantasia dei clienti. Spesso ci scherzava sopra prendendo in giro chi si rivolgeva a lui con richieste impossibili da soddisfare. “Lui voleva sabere se sua ragazza tradisce a lui..che cazzo ne posso sabere io..tutte donne sono buttane! Tutte donne mettono corna ai loro maschi!? Ma leggere le carte e la mano all’ingresso di Piazza Navona con la sua cappa nera e il cappello da strega di Salem e lo sguardo volutamente allucinato non era solo un lavoro gli piaceva veramente e soprattutto si sentiva investito della missione di aiutare il prossimo cercando di ricucire le vite separate, dicendo ai ragazzini che gli si accalcavano attorno al banchetto con l’immancabile candela sempre accesa che dovevano obbedire ai genitori.  Parlava di onestà di correttezza di fedeltà di  valori da difendere con la sua voce gutturale incredibilmente tedesca. Gli piacevano i ragazzi, gli piacevano soprattutto i giovani criminali che, ogni volta, si metteva in testa di redimere. A Piazza Navona era stato il primo mago, ad esercitare, dando inizio ad una serie di lettura della mano dei tarocchi, dei piedi (!) della sfera di cristallo, a streghe, a fattucchiere e indovini di tutti i tipi e di tutti i generi che hanno reso il posto completamente unico in Italia, di un’ incredibile e piacevolissima caratteristica  che attira nella piazza migliaia di curiosi ogni giorno dal resto della città e, ormai, da tutto il mondo. La sua morte provoca un vero e proprio terremoto. Scandalizzato dalla passività dimostrata dai vari gruppi gay, Consoli prende in mano la situazione e lancia un attacco a fondo contro gli investigatori che “ non hanno capito niente”: contro la polizia che “ indaga negli ambienti di amicizie  particolari”, meritandosi in tal modo la più totale mancanza di collaborazione da parte della comunità gay: contro il sindaco di Roma che non degna la stessa comunità neanche di una risposta, alle più che decennali richieste di un incontro; contro il linguaggio utilizzato in casi del genere che è sbagliato dal punto di vista grammaticale, logico e ideologico…


Un po’ tutti rimangono spiazzati dall’attacco portato alle Istituzioni “Cosa c’entra il sindaco Carraro se un gay viene accoltellato mentre fa l’amore nel suo letto?” ” e perché la polizia non dovrebbe interrogare i gay?” sono le domande più frequenti. Il 7 gennaio successivo Consoli risponde a tutte le critiche attraverso una serie di 15 consigli “ per non morire d’amore”: come conoscersi (tra maschi) senza rischiare di morire ammazzati. Il decalogo come viene subito ribattezzato, viene citato, commentato, riassunto e ripubblicato un po’ dappertutto, dall’italiano “Corriere della Sera” all’inglese “The Guardian”  e rilanciato attraverso la Rai la BBC che lo diffonde  in tutto il mondo. Il successivo sabato il 9 gennaio, il sindaco Franco Carraro risponde alle sue richieste invitando i gruppi gay in Comune e nominando un  rappresentante della comunità secondo quanto Consoli  va chiedendo fin dal 1978.  La domenica del 17, Consoli intervista il questore di Roma Fernando Masone, per cercare di trovare il modo  di risolvere insieme i problemi comuni di violenza e discriminazione. Non solo è la prima volta che un così alto funzionario pronuncia la parola “gay”..ma la pronuncia anche in un contesto molto  positivo di comprensione  e  rispetto.


Ieri presso la sede dell’Archivio Consoli alle Frattocchie, il ricordo della fata di piazza Navona ha fornito l’occasione per un bilancio della situazione a distanza di quattro anni dal feroce delitto. “La situazione è peggiorata” ha ricordato Consoli  “ non solo le forze di polizia si sono dimostrate del tutto incapaci di scoprire l’assassino della maga o di altri gay massacrati, ma stanno dando il loro contributo alla discriminazione e forse, si stanno perfino rendendo responsabili di qualcosa di più grave, tormentando gli omosessuali di Piazza dell’Esedra, molestandoli anche verbalmente, incitando alla violenza le persone che hanno modo di vederle all’opera e di sentire cosa dicono ai gay ed ai ragazzi che fermano


MASSIMO CONSOLI


 


 


ROME GAY NEWS


N. 125


5 GENNAIO 1997


 


ATTIVATO UN NUMERO DI FAX PER SALVARE LA VITA


06 935…




 



Caro amico gay, segnati bene questo numero di fax che mettiamo a tua disposizione come regalo per la befana! Si tratta di un servizio (gratuito!) che rischia di salvarti la vita o di farla pagar cara a chi ti ha fatto del male se hai ha disposizione un fax e un po’ di faccia tosta.



Quando a casa ti trovi  a tu per tu con un amico che, per qualsivoglia motivo non ti ispira il 100% di fiducia ( forse lo hai incontrato a piazza dell’Esedra a Roma o al Parco della Favorita a Palermo..,può essere un prostituto.. oppure all’improvviso ti accorgi che sta raccontando una bugia dietro l’altra..utilizza il numero di cui sopra per mandare al nostro Archivio, via fax, tutti i dati che ritieni utili. Se ci riesci manda perfino il documento di riconoscimento di questo amico appena conosciuto. E’ facilissimo, basta inserirlo in una cartellina di plastica ( di quelle che costano 100 lire) che poi inserirai nell’apparecchio fax.



Per avere il documento basta fare quello che quasi tutti noi abbiamo sempre fatto in circostanze del genere: mentre l’ospite è al bagno, sta’facendo la doccia o il bidet o sta preparando il sugo per le penne all’arrabbiata, prendi la sua carta d’identità dalla giacca, appositamente appesa in un luogo sicuro, e spediscila via fax, magari dopo che avrai già provveduto a memorizzare il numero del nostro Archivio.



Certo, è molto meglio (anche se poco facile da realizzare) chiedere all’ospite i suoi documenti per poterli spedire di fronte a lui. Di modo che sappia che, in caso di scherzi pesanti, sarà immediatamente rintracciato visto che, è ovvio, questi dati verrebbero immediatamente forniti alla polizia.


E’ ovvio che il nostro Archivio è impegnato alla discrezione più assoluta. Tutti i fax ricevuti a questo proposito verranno bruciati dopo una settimana se non subentreranno i seguenti e (soli) due motivi: in caso di omicidio in questo caso il fax verrà immediatamente consegnato all’autorità giudiziaria, o in caso di aggressione ( in questo caso sarà l’aggredito cosa fare del fax in nostro possesso e questo per salvaguardare la privacy e il diritto di gestire la propria esistenza come meglio si vuole).


E’ consigliabile avere il proprio numero di fax già predisposto sul proprio apparecchio di modo che , in caso di bisogno, sia possibile rintracciare il nominativo.


MASSIMO CONSOLI






ROME GAY NEWS
 
N.132  26 MARZO 1997
 
 
A CHI VANNO I BAMBINI?
 
 
Il caso drammatico del chirurgo morto d’infarto per la paura  di sapersi togliere il figlioletto, ripropone con urgenza non più rinviabile, il problema dell’affido dei figli nel caso di separazione dei coniugi.
Ci risulta oscuro il motivo per il quale seguendo una tradizione degli ultimi secoli, ma che non ha alcun fondamento e nella natura e in ciò ch’era costume tra i nostri più remoti progenitori, i bambini vengano affidati di preferenza alla madre mentre il padre è condannato a mantenere sia la propria prole sulla quale non ha quasi più alcun diritto, sia la propria moglie che assume, così, una dimensione sociale difficilmente giustificabile dal punto di vista morale.
Noi riteniamo che si debba tornare ad un rispetto rigoroso delle leggi della natura e per il naturale amore per il proprio prossimo: i bambini vanno tenuti dalla mamma per i primi tre/quattro anni di vita poi, le femmine devono continuare a stare con lei, ma i maschietti vanno affidati al padre.
Considerazioni di natura religiosa non possono andare contro il dettato della natura e dei principi che ne conseguono.
MASSIMO CONSOLI





Sbarca nella rete telematica l’archivio storico di Massimo Consoli pubblicazioni e informazioni utili sulla cultura omosessuale e sull’Aids. Il consigliere Vanni Piccolo: “E’ un modo per uscire allo scoperto”.
 
 INTERNET NAVIGA CONTROCORRENTE
  di Antonella Piperno
 
I gay romani sbarcano su Internet.
Niente siti a luci rosse, ma un serio progetto telematico che punta a far navigare la cultura omosessuale. “Viviamo nel villaggio globale, dobbiamo adeguarci”, fa sapere Massimo Consoli, fondatore del movimento gay italiano, che ha trasferito il suo archivio storico in rete, all’indirizzo http: // www.publibyte.it/promo/consoli. Primo documento trasmesso, il discorso pronunciato dal sindaco Rutelli nel corso della commemorazi”. come saranno bilingue tutti i testi dell’archivio telematico. In rete ci saranno i cinquemila volumi e le decine di migliaia di pubblicazioni sulla cultura gay e sull’Aids che Consoli raccoglie a Frattocchie dal 1959 e che la Soprintendenza archivistica per il Lazio ha recentemente riconosciuto come “fonte indispensabile per la storia non solo sociale ma anche sanitaria dell’Italia contemporanea”.
“Il nostro sito su Internet – spiega Consoli – si offre ai gay romani ma anche a singoli, associazioni e organizzazione che hanno bisogno di informazioni sulla cultura omosessuale Non a caso giorni fa si è fatto vivo il museo storico della liberazione di via Tasso che chiedeva notizie sulla persecuzione dei gay durante il nazismo. Ma su Internet ci sarà spazio anche per le notizie utili (come la prevenzione per l’Aids) e per quelle divertenti, come il calendario gay: una serie di notizie, a sfondo omosessuale, riguardanti il personaggio del giorno.
Si scopre così che il 2 aprile del 1725 “nasce Giacomo Casanova: l’uomo il cui nome, in molte lingue, è oggi il simbolo dell’amante per antonomasia, all’epoca ebbe numerose avventure anche con i ragazzi”, E che il 2 aprile del 1875 viene alla luce invece Hans Christian Anderson che “se non avesse amato i ragazzini non avrebbe mai scritto “la Sirenetta” e “il Brutto anatroccolo”: il suio giovane amico Edvard Collin lo fece soffrire molto non ricambiandone i sentimenti”.
E le altre coppie?
Il nuovo sito Internet piace anche a Vanni Piccolo, “consigliere del sindaco per i diritti civili delle persone omosessuali: “E’ una documentazione preziosa, non solo per gli omosessuali – spiega – e poi costituisce un elemento di forza nella nostra battaglia culturale”. Piccolo, che da tre anni si dà da fare in Campidoglio, lamenta una scarsa partecipazione della comunità gay: “Sono pochi quelli che escono allo scoperto – spiega – basti pensare che i gay visibili nella capitale sono poche decine di migliaia. Tutti gli altri si nascondono, e questo impedisce a proposte di legge come quella delle unioni civili di decollare. E’ vero che quella è una battaglia politica, ma se le coppie di gay si presentassero a Montecitorio, se si cominciasse a scendere in piazza, allora sì che la musica cambierebbe”.
 
 
 
 
 
 
 
“VIA BELLEZZA”
 
Il sindaco di Roma Francesco Rutelli si è detto favorevole ad intitolare una strada a Dario Bellezza, il poeta omosessuale morto un anno fa di Aids. Massimo Consoli, il leader della comunità gay romana e il circolo Michelagniolo hanno avanzato  la proposta durante la commemorazione del poeta scomparso a 52 anni, il 31 marzo del ’96. E Rutelli si è impegnato a chiedere alla commissione competente in Campidoglio di accogliere la richiesta. “Non so se sarà possibile dedicargli una targa stradale, ma credo che sarebbe cosa giusta  - ha detto Rutelli – pensate che non siamo riusciti ancora a intitolare una strada a Fellini, e questo perché ci è stato impedito di dedicargli un pezzetto del Lungotevere. E stiamo battagliando per trovargli un’altra sistemazione.
Per il Circolo Michelagniolo, un “viale Bellezza”, potrebbe sorgere all’interno del Parco Pasolini che è in fase di progettazione ad Ostia. Consoli invece vorrebbe realizzarla a Marino sulla strada di accesso al suo archivio: “E’ giusto dedicargli una via, al di là dell’ovvia grandezza culturale del personaggio, per lo stretto rapporto che Bellezza aveva con questa località, dove era venuto innumerevoli volte”.
 
 
QUIROMA   2 APRILE 1997
 


ROME GAY NEWS


 


N.163  7 OTTOBRE 1997


 


Domenica 5 ottobre se n’è andato Goffredo Lippi. Se n’è andato per sempre, portato via da un virus assassino che tanti danni, tante stragi ha portato tra di noi. Per contribuire a mantenerne viva la memoria, pubblichiamo qui di seguito un articolo scritto in occasione di una manifestazione di solidarietà con la comunità ebraica italiana che lo vide partecipe con tutti noi di fronte al Vaticano (Gay ed Ebrei uniti nella lotta), poi l’inizio di una sua rubrica su Rome Gay News (Spirito e Persona), ed infine un suo intervento inedito che non potemmo pubblicare perché il nostro settimanale cambiò struttura e impostazione (Cristiani e Democratici Cristiani).


Aveva fondato il gruppo di Gay Credenti Nuova Proposta. Personalmente volli la sua collaborazione perché, anche se Goffredo Lippi era cristiano, continuava ad essere una persona onesta che non aveva smesso di essere sensibile alle storture di questa società, spesso causate proprio da una perniciosa influenza di superstizioni antiquate e dannose, nemiche di un armonioso svolgersi della natura.


Massimo Consoli


 


 


 


 







ROME GAY NEWS
 
 
PINOCCHIO FA RIMA CON…FINOCCHIO!
 
Roma, 24 novembre 1997
 
 
Incontro straordinario oggi a mezzogiorno, presso l’Archivio Massimo Consoli per commemorare Collodi nell’anniversario della nascita (24 novembre 1826).
Il Fondatore del Movimento  gay italiano ha parlato per più di un’ora dell’inventore di Pinocchio smontando tutte le favole che la pruderie piccolo-borghese ha costruito attorno alla figura di Carlo Lorenzini e prospettando la possibilità (“ più reale di quanto si possa immaginare”) che la storia del pupazzo di legno nasconda la chiave giusta per capire la vera affettività di Collodi.
“Per quale motivo”, si è chiesto Consoli, “Carlo Lorenzini da al suo eroe il nome di Pinocchio, che fa tanto rima con finocchio? Meglio ancora, se vi si mette una “h” in mezzo, la pronuncia è proprio quella  (Phinocchio). Sarà un caso?
Questo termine è tipico dell’Italia settentrionale e forse ha avuto origine proprio in Toscana, dove sembra che gli osti di una volta esperti conoscitori di tutti i trucchi per… infinocchiare i loro clienti, offrissero agli avventori finocchi crudi da mangiare per non dover bere a stomaco vuoto. Il sapore forte del vegetale copriva l’aroma della bevanda, dimodoché il vino peggiore sembrava buono comunque, soprattutto se lo spuntino era accompagnato dal pinzimonio, un miscuglio a base di olio, aceto, sale e pepe nel quale intingere i gambi di finocchio prima di mangiarli. E’ possibile che il concetto di ingannare qualcuno facendogli credere ciò che non era vero, sia passato ad indicare un maschio che si voleva far passare  per donna, infinocchiando gli altri uomini.
Collodi, ha continuato Consoli, da piccolo, venne avviato alla carriera sacerdotale, rito di passaggio comune a numerosi omosessuali  dell’epoca e  ancora dei nostri tempi. A diciassette anni andò a lavorare nella libreria Piatti, frequentata da artisti giornalisti e scrittori. Per tutta la vita desiderò avere dei bambini  ma si guardò bene dallo sposarsi. Il suo racconto è lastricato di silenzi e di misteri, di parole nascoste e di pensieri sottaciuti. Tutto questo senza voler vedere un’allusione  fallica al naso che si allunga..ed un’antipatia “naturale” verso i carabinieri, tutori dell’ordine sempre in prima fila nella persecuzione degli omosessuali.
E la fata turchina?  L’unica figura femminile di tutta la favola, è la solita donna angelicata senza sesso, che sta lassù, in alto, molto amata e rispettata, ma per l’amor del cielo, il più lontano possibile.
 
MASSIMO CONSOLI




                                               1999

 


Prefazione a BANDIERA GAY

Il movimento gay in Italia dalle origini al 2000 attraverso l’Archivio Massimo Consoli  (ed Croce  nov.1999) 

 

 Il 10 febbraio 1997 (ormai parliamo dello scorso millennio..),  il Ministero dei Beni Culturali, “esaminato il materiale documentario dell’archivio Massimo Consoli conservato da Massimo Consoli, giornalista e scrittore, fondatore del movimento gay italiano…”,”..considerato che la documentazione…è da ritenersi una fonte indispensabile per la storia non solo sociale ma anche sanitaria dell’Italia contemporanea..”, dichiarava “il citato archivio di notevole interesse storico”. In molti si sono complimentati con me per il prestigioso riconoscimento. In molti hanno creduto che io abbia preso chissà quanti soldi dallo Stato, dal Comune di Roma o da chissà quale altra istituzione. Niente di tutto questo! Il riconoscimento ha soltanto aumentato le mie spese per mantenere e continuare ad arricchire l’archivio. Non solo, è diventato un ostacolo incredibile alle attività dello stesso archivio e mie personali. In realtà, il riconoscimento ha voluto significare quanto segue: lo Stato italiano è incapace di creare cultura, di conservarla, di renderla fruibile agli interessati. Conscio della sua inettitudine, lo Stato trova più facile derubare le persone che si sono sacrificate per istituire un archivio nel quale sia possibile rintracciare e studiare questa cultura. A questo va aggiunto che io sono un personaggio scomodo  per lo Stato, per la chiesa, perfino per quelle organizzazioni gay che trescano vergognosamente con le istituzioni che ci discrimino.




 Di conseguenza, il riconoscimento è stato un tentativo per far tacere (finalmente) l’ingombrante Massimo Consoli. Perché tutto questo? Perché la realtà che si nasconde dietro il “prestigioso” riconoscimento è la seguente: io, che mi sono sacrificato tutta la vita (e ne sono orgoglioso) per raccogliere e ordinare materiali sulla cultura gay, sull’aids, sulle religioni della natura e vari altri argomenti utili per una maggiore conoscenza e per un conseguente rispetto verso la nostra identità e cultura, non sono più libero di regalare un oggetto qualsiasi tra tutti quelli che  ho comprato nel corso della mia vita, con i miei soldi, a nessuno; non sono più libero di buttare un foglietto di carta al quale non do’alcun valore ma che per qualche strano motivo è finito nei miei scaffali; non posso andarmene a viver all’estero portandomi appresso i miei libri, le mie lettere, le mie foto; non posso cambiare casa senza comunicarlo al Ministero e, soprattutto, non posso tenere alcuni libri nella mia casa di città ed altri nella mia casa delle vacanze (non ho una casa delle vacanze! questo è solo un esempio), ma li devo tenere per forza tutti insieme, e poi sono obbligato per legge a ordinare, conservare e inventariare le mie raccolte come vuole il Ministero; sono costretto a far entrare dentro casa mia il primo idiota che vuole visionare le mie cose..e se non faccio quello che vogliono loro, penetrano con la forza dentro l’archivio, mi si prendono tutto e lo depositano nei loro magazzini. E questo è ancora niente…Non mi sono inventato nulla. E’ tutto scritto, nero su bianco, sui documenti che LORO mi hanno spedito via fax per farmi capire l’antifona, caso mai io abbia potuto dire che non conoscevo la legge. Ora, è chiaro che non ci sto. Io mi chiamo Massimo Consoli, e chi mi ha seguito in questi anni, chi mi conosce un pochettino sa che, nella mia vita, non mi sono mai piegato a nessun diktat né fascista, né comunista, né diessino né democristiano, e neppure cattolico o musulmano o di qualsiasi integralismo. Come integralista,  io basto a me stesso! Perciò, è ovvio che il mio archivio lo considero mio e me lo gestisco io come mi pare. Avessi ricevuto cento (100) lire di denaro pubblico in un qualsiasi momento della mia vita, lo Stato avrebbe anche il minimo diritto di intervenire, ma da questo Stato io ho ricevuto solo insulti, offese,minacce, persecuzioni..e sono stato costretto ad abbandonare gli studi, a scappare all’estero, e qui mi fermo per non annoiarvi. Chi vuol saperne di più si legga il mio libro “Affetti Speciali” uscito nel 1999 presso l’editore Massari.

Io non ho debiti di riconoscenza verso uno Stato che cercato di spingermi al suicidio nel momento più delicato del mio sviluppo adolescenziale, che mi ha cacciato dalla scuola, che ha costretto all’esilio, che mi ha minacciato di arresto, di condanna, che mi ha vietato di sentirmi normale e ostacolato nel mio essere anormale, che mi ha impedito di gestirmi la mia felicità, che ha ostacolato in mille modi ogni mia storia d’amore, che mi ha tassato più di qualunque altro cittadino, facendo gravare su di me il peso maggiore di ogni intervento sociale e privandomi di ogni beneficio e che infine, oggi, continua a voler essere gestore, amministratore e tenutario della storia della discriminazione che ha perpetrato contro di me.

Nel nostro paese la cultura è vissuta parassiticamente, come una rendita di posizione, conquistata da persone ignoranti (non vuol dire nulla che, magari, siano diplomate o laureate), ma ben acquartierate politicamente. I grandi artisti e intellettuali del passato vengono amministrati da persone con la mentalità mafiosa che li utilizzano per trarne uno stipendio o motivo di prestigio, magari scrivendo libri da posizioni di privilegio, nascoste dietro scrivanie ministeriali, al riparo da ogni considerazione meritocratica.

Io mi sono sentito umiliato  nel sentire che la mia vita, il mio lavoro, le mie ore sottratte al sonno, le mie storie d’amore rimandate all’infinito o addirittura soppresse, i miei ideali per un mondo migliore, i miei studi, i miei soldi..tutto era soggetto allo scrutinio, all’indagine, all’approvazione, alla valutazione, all’esame, all’analisi di una gang di pezzenti morali, di burocrati incompetenti tesi soltanto a mantenere il proprio posto di lavoro e ad autorilasciarsi patenti di “amici dei gay”, per dimostrare che la loro nullità poteva anche avere delle attenuazioni, se non proprio delle giustificazioni. Questo Paese, ormai, questo Paese che io ho una volta tanto amato e per il quale mi sono così disperatamente battuto, forse non merita più una parola di giustificazione di fronte al tribunale della Storia. Forse va lasciato al suo destino, ai suoi politici ladri ed intriganti, ai suoi vescovi usurai e truffatori, ai suoi cittadini che hanno perso qualsiasi capacità e possibilità di reazione… Qualcuno mi convinca che mi sbaglio, e mi farà felice

MASSIMO CONSOLI





2001


ANSELMO CADELLI E' MORTO di Massimo Consoli

Aveva guidato la gloriosa occupazione della palazzina di Testaccio che divenne la sede della prima "GAY HOUSE OMPO's" romana, negli ormai mitici e lontani anni Settanta (12 luglio 1978). Era stata sua l'idea di quella che, all'epoca, fu una commedia di grande successo, "Solo i Gay Vanno in paradiso" (31 dicembre 1977). Fu l'ultimo Presidente dell'OMPO's, la più antica associazione culturale gay italiana (24 ottobre 1994). Centinaia sono stati i suoi comunicati stampa e i suoi articoli apparsi su "Ompo", "Rome Gay News" e "Sabazio". La sua collaborazione a sdrammatizzare la pesante situazione romana durante il periodo piu' cupo degli omicidi antigay si e' rivelata preziosa. Non possiamo dimenticare che a lui si deve la soluzione di ben tre delitti e fu sempre lui a dare l'informazione su Mariano Tre-Dita ed al suo tentato omicidio contro l'olandese. Oggi, dopo un'agonia durata parecchi mesi, Anselmo Cadelli è morto, ucciso da un'infezione al cervello che lo aveva paralizzato e reso muto, permettendogli di comunicare solo attraverso gli occhi. Era nato a Sassari il 2 marzo 1950, subito abbandonato dai genitori e cresciuto tra orfanotrofi, collegi, ospedali, navi militari e carceri. E' morto il giorno di Ferragosto 2001, alle ore 18.00, presso l'ospedale Spallanzani di Roma. Era un militante della «seconda generazione», una vera e propria fucina di idee, presente a moltissime iniziative, da Roma a Berlino, da Firenze a Cagliari, dall'Aquila a Napoli, da Viterbo al Portogallo...

Per ricordare un po' la sua figura, porto a vostra conoscenza l'intervista che gli feci per il numero 79 di "Rome Gay News" del novembre 1995, e l'intervista di Dino Martirano apparsa sul "Corriere della Sera" del 14 novembre 1995.

"Rome Gay News" N. 79, novembre 1995 ANSELMO CADELLI la sede infinita

Sardo, 45 anni, una vita avventurosa dietro le spalle, Anselmo Cadelli appartiene alla seconda generazione del movimento gay italiano. Tra le tante cose che ha fatto, c'è da ricordare che fu lui, il 12 luglio del 1978, a dirigere l'occupazione della palazzina in via Campo Boario 22, quella che diventò l'ormai mitica (e la prima) Gay House e dalla quale l'OMPO's venne scacciato perché i lavori di ristrutturazione dell'ex-Mattatoio sarebbero dovuti cominciare da lì a pochi giorni. Lo scorso 11 novembre, la polizia del Celio ha posto sotto sequestro l'attuale sede dell'associazione, in via Ghiberti 8/b.

Consoli: Anselmo, per quale motivo e prima di qualsiasi altra definizione, ci tieni a spiegare che sei
sardo? Per una forma di campanilismo regionale?

Cadelli: Perché il modo migliore per invitarmi a sloggiare, scelto da una inquilina del palazzo in cui ha sede la nostra associazione è: «Aritòrnatene in Sardegna, brutto frocio che nun sei artro». Ed a questi insulti fa seguito, ogni domenica mattina prima dell'ora della messa, il lavaggio del davanzale con varecchina e acido che, regolarmente, cola proprio sul nostro ingresso.

Consoli: Allora, c'è incompatibilità con i vostri inquilini?

Cadelli: Assolutamente no! La grande maggioranza degli abitanti di via Ghiberti e via Alessandro Volta hanno avuto più di una occasione per manifestarci la loro solidarietà e simpatia, anche dissociandosi dagli esposti che, ogni tanto, vengono inviati ai vigili urbani o al commissariato di Pubblica Sicurezza, ai Carabinieri o allo stesso IACP, proprietario dell'immobile. Tant'è che, a dire il vero, e visto che tutti negano di averli firmati, non so neanche se questi esposti siano stati inventati da qualcuno con l'intenzione di spaventarci per subentrare nel locale, o per perseguire chissà quali altri fini.

 Consoli: Veniamo ai vostri rapporti con le forze dell'ordine.

Cadelli: Con i vigili urbani sono più che ottimi. Addirittura, le guardie che sono venute più di una volta a controllare il locale ci hanno dato consigli preziosi su come risolvere qualche problema tecnico. Lo stesso devo dire a proposito dei Carabinieri: sempre estremamente corretti e gentili ogni volta che, sollecitati da telefonate anonime, si sono precipitati a vedere che cosa stesse succedendo nella sede della più antica associazione culturale gay italiana. Anche con la polizia non c'erano stati problemi fino a quando non si è fatto vivo il vice ispettore Giuseppe Miracapillo che, almeno sembra, sta conducendo una sua crociata personale contro di noi. E questo suona alquanto strano viste le assicurazioni fornite alla comunità dal capo della Polizia, Fernando Masone, agli inizi del 1993, quando parlò di "un nuovo spirito di collaborazione tra la comunità e le forze dell'ordine", sottolineando che non avrebbe più permesso quella forma di sottile discriminazione alla quale erano sottoposti i gay proprio da parte degli agenti e che, nei casi più delicati, ci impediva di presentarci a testimoniare. Noi tutti abbiamo creduto a Masone, perciò non capisco per quale motivo il Vice ispettore Miracapillo si presenta all'ingresso dell'associazione apostrofandomi con esortazioni arroganti del tipo: "Tu stai zitto! Fammi parlare a me! Qui dovete chiudere". Se è questo il tipo di collaborazione della quale si parlava... allora avrei fatto meglio a non presentarmi spontaneamente alla polizia ogni volta che c'è stato un delitto contro la nostra comunità ed ho pensato di poter essere utile...

 Consoli: Perché, hai dato dei contributi del genere?

 Cadelli: Penso di aver fornito un piccolo aiuto alla risoluzione di qualche caso. Almeno tre volte, se ricordo bene.

 Consoli: Cioè?

 Cadelli: Quando, nel gennaio del 1991 il 47enne Alfredo Garreffa venne ucciso nelle solite "circostanze misteriose"con "la testa fracassata da un arnese che i macellai usano per affilare i coltelli", era facile prevedere che il delitto sarebbe stato archiviato con le altrettanto solite e vaghe motivazioni se non fossi stato io ad accompagnare l'assassino al commissariato di Primavalle. I giornali scrissero che "forse un amico lo ha convinto a confessare". Ebbene, oggi posso cancellare il forse... anzi, posso perfino ricordare che portai l'assassino al commissariato, addirittura prima che venisse scoperto il cadavere di Garreffa. Ed erano già passati tre giorni dal delitto.

 Consoli: Come facevi a sapere che era lui l'assassino?

Cadelli: Me lo aveva confessato poco prima di tentare la fuga, ma io l'ho convinto a restare, a costituirsi ed a pagare il suo debito con la giustizia. E so che è veramente pentito di quello che ha fatto ...

 Consoli: E gli altri due casi?

Cadelli: Sono sempre omicidi contro i gay, ma le inchieste sono tuttora in corso, perciò non posso dire nulla.

Consoli: Ed i rapporti con lo IACP?

Cadelli: Io penso che tutti i nostri guai dipendano proprio dal fatto che, dopo più di 4 anni, l'Istituto Autonomo Case Popolari ancora non senta il dovere morale di formalizzare questa assegnazione con un regolare contratto. La sede ci è stata assegnata, ma manca un atto ufficiale che ci metta in condizione di richiedere i permessi necessari. Perché, mi sembra opportuno insistere su questo, la polizia ha ragione a contestarci determinate infrazioni (anche se in termini non propriamente ortodossi), ma noi ci troviamo tra l'incudine e il martello: vogliamo far venire i vigili del fuoco, i vigili urbani, la USL e l'ufficio d'igiene per certificare l'idoneità del locale, ma senza il contratto dello IACP nessuno di loro può, ufficialmente, rilasciare un documento del genere. E, dopo decine di defatiganti ed infruttuosi incontri con i responsabili della sezione di Testaccio dell'Istituto, e varie (misteriose) sollecitazioni a lasciare il locale ad "attività più serie", ci comincia a venire il sospetto che quelle quattro mura, pur nel loro piccolo, siano l'oscuro oggetto di qualche inconfessabile desiderio e che ci vogliano costringere ad andarcene per accontentare chissà quale parte politica in agguato.

"Corriere della Sera", 14 novembre 1995 LA POLEMICA Dopo la chiusura del circolo «Ompo's» di Testaccio, il presidente Cadelli difende l'associazione

«Non dovevano sequestrare il registro con i nomi di mille gay»

Dopo l'intervento della polizia, che sabato sera ha messo i sigilli alla sede della storica associazione gay «Ompo's», scoppia la polemica sul sequestro del registro dei soci: «In quel libro ci sono mille nomi-dice il presidente del circolo, Anselmo Cadelli -. Quando me lo volevano prendere me lo sono stretto al petto, non volevo darglielo per nessun motivo al mondo: poi una studentessa in legge che era li' vicino mi ha rassicurato e mi ha convinto a consegnare il registro». Irregolarità amministrative, presunta vendita di alcolici, mancanza delle uscite di sicurezza previste per i pubblici spettacoli. Per tutti questi motivi i funzionari del commissariato Celio hanno messo i sigilli al locale di Testaccio dove era in programma la rappresentazione di «Strani incontri», di Coronas e Graziosi: agli spettatori, una cinquantina, e' stato restituito il prezzo del biglietto. E, secondo quanto prevedono le procedure in questi casi, sono state sequestrate le tessere, il registro dei soci, una locandina e un ritaglio di giornale che pubblicizzava lo spettacolo.

«Gli agenti erano gia' passati in quel sotterraneo di via Ghiberti-sostiene una fonte della polizia-e avevano chiesto al titolare di presentarsi in commissariato: perché quando si pubblicizza uno spettacolo sui giornali, quando si vendono le tessere e poi si fa pagare un biglietto bisogna rispettare le norme sui pubblici spettacoli. In questi casi ci va di mezzo la sicurezza del pubblico». Replica Massimo Consoli, che del movimento politico degli omosessuali (Ompo) è il leader storico a Roma: «Ci risiamo. Quando gli fa comodo, quando non gli stai bene, si ricordano delle uscite di sicurezza: e pensare che a Roma metà dei locali non rispettano le norme». L'operazione di polizia sarebbe nata da un paio di esposti presentati dagli inquilini dello stabile Iacp di via Ghiberti: «Non riesco a capire chi ci stia perseguitando- dice Cadelli-. Gli esposti sono anonimi: noi chiudiamo alle 23 e cerchiamo di limitare i disagi per i vicini». Tra le associazioni degli omosessuali e il vicinato non corre buon sangue: in via Ostiense 202, dove un edificio comunale ospita il circolo «Mario Mieli», gli inquilini fecero costruire una rete per dividere il cortile. Ora la questione sembra risolta con un ingresso indipendente. Riservato al circolo gay e all'attigua sede dei boy scout.

Dino Martirano Massimo Consoli


 
2002
 
 

COMBATTENDO L’INDIFFERENZA

 
PEZZO PER PEZZO, COSI’ E’ NATA LA
 
MONTAGNA
 
di  Massimo Consoli
 
 
Nella travagliata storia dell’archivio, qui raccontata dal suo creatore si riflettono le immaturità del movimento gay
 
Sono stato innamorato dei libri fin da quando ho cominciato a mettere insieme le lettere dell’alfabeto. Poco prima di morire mia madre ancora ricordava che avevo letto tutta l’Odissea all’età di otto anni. Alla fine degli anni Cinquanta avevo cominciato una prima schedatura (per autori e per argomenti) dei romanzi e dei saggi storici e medici che andavo comprando con i soldi della paghetta settimanale. Ovviamente, i testi sull’omosessualità erano già numerosi. Tutto questo l’ho raccontato con abbondanza di particolari su “Affetti Speciali”, non è il caso che ci ritorni ora. Ho avuto una vita avventurosa e ho viaggiato un po’ dappertutto, vivendo lunghissimi periodi all’estero dove sono sempre andato alla ricerca dei personaggi importanti per la mia cultura e investendo tutto quel che guadagnavo ( e anche un po’ di quello che non guadagnavo, perciò indebitandomi pesantemente) in libri, giornali, cartoline, pins, francobolli, dischi, foto, manifesti…A un certo momento mi sono trovato a possedere una collezione piuttosto imponente. L’aspetto più positivo era che, quando facevo una ricerca o scrivevo un articolo o un libro, consultavo il mio archivio senza spostarmi da casa, mentre chiunque altro sarebbe stato costretto a girare per biblioteche e le raccolte di materiali altrui.

Per puro spirito altruistico e senso della comunità, più di una volta ho cercato di mettere il mio archivio a disposizione di chi vi fosse interessato. Gratuitamente, è ovvio. Ci provai alla fine degli anni Settanta, in quella che è ormai entrata nella storia con il nome di prima “Gay House” italiana. Quando cominciarono i problemi con le autorità, le quali cercavano di sloggiarci dalla palazzina che avevamo occupato, mi accorsi che non solo il movimento gay non ci manifestava alcuna solidarietà, ma che eravamo circondati da piccinerie, gelosie e invidie che ci toglievano perfino la fantasia di andare avanti. Tormentato dai debiti, fui costretto ad andarmene in America per lavorare e poterli così saldare. Riprovai agli inizi degli anni Novanta, con la seconda “Gay House-Ompo’s. E qui i problemi furono anche più grossi. Anselmo Cadelli me lo ha sempre rimproverato: “Ma che gusto ci provi a mettere per forza tutto il tuo archivio a disposizione di gente che non ti dà un grammo di sostegno?”. Con il senno di poi, devo riconoscere che aveva ragione. In poco tempo mi accollai debiti per un centinaio di milioni (di vecchie lirette) restaurando locali utili, ma indegni d’ogni considerazione umana e/o igienica, comprando decine di armadi di metallo e vetro, organizzando incontri e riunioni che se è vero che hanno dato una scossa al movimento gay romano e italiano, ne hanno data un’altra ancora più forte al mio conto in banca.

Mi ritirai in buon ordine leccandomi le ferite. Nel frattempo ricevetti qualche soddisfazione. Più di un editore si faceva vivo, di sua iniziativa (finalmente!), per chiedermi libri da pubblicare. Il Ministero delle Poste emetteva un annullo speciale in ricordo di un documento che avevo scritto io nel 1969, intitolandolo “Origini del Movimento Gay Italiano”. Una iniziativa del genere, ancora oggi, è accaduta soltanto negli Stati Uniti, in occasione dello “Stonewall” (che ebbe origine sempre nel ’69). Il Ministero dei Beni Culturali dichiarava il mio archivio “di notevole interesse storico” e “fonte indispensabile per la storia non solo sociale ma anche sanitaria dell’Italia contemporanea”: un riconoscimento che, di solito, si concede alle raccolte messe su da personaggi morti e sepolti da qualche tempo. Quest’ultimo atto dello Stato, però, aveva un suo rovescio della medaglia. Una volta considerato il mio archivio un “bene pubblico da salvaguardare”, i miei diritti su di esso ne venivano gravemente compromessi. In due parole, la situazione era la seguente: lo Stato mi riconosceva l’opera d’importanza  culturale e storica nel creare e organizzare l’archivio, ma mi negava di disporne liberamente. In cambio, potevo ricevere solo dei finanziamenti limitati e mirati per acquistare, ad esempio, un computer (che già avevo), una fotocopiatrice (che già avevo) una scrivania (che già avevo), degli scaffali (che già avevo) e cose del genere (che già avevo tutte). I miei debiti? Lo Stato non s’intrometteva. Ero io che dovevo pagarli. Contemporaneamente, visto che avevo sparso la voce, ricevevo alcune buone proposte da vari paese esteri. In particolare, gli americani mi fecero un’offerta straordinaria: tornare a New York per dirigere il più grande archivio di tutti i tempi sulla storia e la cultura del movimento e della comunità glbt.

Avevano addirittura già individuato la location: i locali di due ex-banche alloggiate in due palazzine attaccate l’una all’altra. Stipendio favoloso, ritorno a New York, città che amavo moltissimo, pentendomi di averla lasciata negli anni Ottanta (per avvertire gli italiani del rischio Aids”), lavoro di enorme prestigio internazionale (di tutto quello che sto dicendo ho le dovute prove e testimonianze, mi sembra perfino banale doverlo sottolineare), ma non potei accettare perché l’archivio, ormai “vincolato” dallo Stato, non avrebbe mai potuto essere trasferito all’estero. Per anni lo avevo offerto di mia iniziativa al Comune di Roma, al Ministero della Sanità, allo Stato. Gratuitamente e senza particolari condizioni. Quando poi il mio debito raggiunse un certo livello, decisi che non lo avrei più regalato a nessuno. E, come si sente spesso raccontare, proprio nel momento in cui non glielo volevo più dare, lo Stato addirittura lo pretendeva per legge!

Lanciai numerosi appelli alla comunità e al movimento glbt e mi accorsi che anche in quell’occasione, tranne alcuni singoli individui e qualche gruppo o circolo, a nessuno importava della sorte del mio archivio e di quello che stavo passando io personalmente.

Per anni mi sono scontrato con l’arroganza di uno Stato-padrone che impone arbitrariamente le sue leggi e pretende di vedersele rispettate anche quando suonano assurde. I gay italiani sembravano vedere di buon occhio l’esproprio di quello che era stato il lavoro più lungo e assorbente di tutta la mia vita.

Girando per l’Italia mi scontravo con situazioni allucinanti. In più di un’occasione mi sono sentito pubblicamente dire: “Se tu hai creato un qualcosa di grande importanza culturale, è giusto che lo Stato lo vincoli”. Al che io chiedevo: “Mi starebbe anche bene. Non voglio nulla per i miliardi che ci ho speso in tutti questi anni, del tempo che vi ho dedicato, dell’impegno che vi ho trasfuso, ma , almeno, voglio che lo Stato si accolli l’ultimo debito che mi è rimasto da pagare, che mi tolga l’assillo di questo centinaio di milioni di lire che devo restituire e che ho fatto proprio per l’archivio”. E la risposta, straordinaria quanto irritante era: “No, il debito è tuo e lo devi pagare tu”. Non l’ho mai capita questa “logica”. Lo Stato mi prendeva il lavoro di tutta una vita e non si preoccupava neanche, almeno, di liberarmi dei debiti che mi avevano avvelenato negli ultimi dieci anni, e che non ho fatto per motivi privati, ma proprio per renderlo disponibile al pubblico? Intanto, da tempo avevo nominato il circolo “Mario Mieli” mio erede universale. Qualsiasi cosa mi fosse accaduta, almeno da quel lato mi sentivo tranquillo.

Se durante la mia lunga lite con il Ministero dei Beni Culturali si fosse fatto vivo qualche circolo o qualche associazione con una proposta seria e con l’impegno di accollarsi il debito, gliel’avrei regalato molto volentieri.

Purtroppo, sono rimasto dolorosamente colpito dall’indifferenza del movimento, dal suo non prendere una posizione chiara, dal suo non difendermi nella mia battaglia per l’affermazione dei miei diritti, dopo una vita dedicata a pretendere per gli altri l’attuazione dei diritti. Alla fine ho raggiunto un accordo di compromesso con il Ministero, e gli ho venduto tutte le mie collezioni. Certo, per me è stata una sorta di trauma, dovermi privare di quello che ho sempre considerato la mia creatura, una sorta di figlio, ma mi ha aiutato il fatto di essere diventato finalmente e veramente padre adottivo, e di poter così rivolgere i miei affetti altrove.

Certo, la cifra non ripaga i miei quarant’anni di lavoro, impegno, soldi, occasioni mancate…ma è un risarcimento che considero onorevole comunque. Tra l’altro e lo dico con una punta d’orgoglio, mi è stato detto che la somma stanziata dal Ministero dei Beni Culturali è una delle più alte mai messe in bilancio per un archivio del genere e a me è sempre piaciuto battere i record. E anche stavolta mi sembra di esserci riuscito.

(guide magazine n.6 /VI anno giugno 2002)




      Frattocchie, 25 ottobre 2002




Ricevo da Michael Lombardi-Nash la notizia che Harry Hay è morto l'altroieri, 23 ottobre, mercoledì.

Era molto anziano e le sue condizioni di salute si erano ormai aggravate; da molto tempo non rispondeva più alle mie lettere ed ero un po' preparato a questo...
Ciò non toglie che la sua scomparsa mi dia un grande, grandissimo dolore per la straordinarietà del personaggio, per la sua valenza quasi simbolica di ciò che è stato il nostro movimento e la nostra comunità, per il rapporto strettissimo di amicizia e affetto che mi legava a lui.

Gli italiani non sono molto familiari con Harry Hay, purtroppo, anche se è stato uno dei pilastri fondamentali del movimento e della comunità GLBT.
Io ho cercato di parlarne il più possibile, nella convinzione che il culto della memoria storica sia lo strumento più efficace per l'affermazione della nostra libertà.
Lo scorso 7 aprile, in occasione del suo 90° compleanno, i Radicali di Sinistra ebbero l'intelligenza e la sensibilità di dedicare proprio alla sua festa il loro primo brunch nella nuova sede romana.

Una decina di anni fa, il 29 marzo 1992, lo proclamai "beato" per "sottolinearne l'influenza straordinariamente positiva sia direttamente nella vita di tante persone che indirettamente nella nascita, sviluppo e diffusione di un movimento gay che, a sua volta, è stato ed è un formidabile strumento di emancipazione morale, civile e culturale".
Harry fu molto contento di essere il primo "quasi-santo vivente" della storia e fece fare delle T-shirts con su impressa l'immagine "ufficiale" della beatificazione, tratta dal santino realizzato da Enrico Verde e pubblicato su Rome Gay News. Aveva uno humour che s'intrecciava e amalgamava molto bene con il mio.

Ecco due documenti per aiutarvi a conoscerlo un po' meglio e il "santino" realizzato nel '92 da Enrico Verde.

    1. Il comunicato per il suo compleanno, dello scorso aprile.

    2. L'articolo apparso su Guidemagazine N° 5, maggio 2002.




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    1. Comunicato per il Compleanno di Harry Hay

Domenica prossima, 7 aprile 2002, è il 90° (novantesimo !!!) compleanno di HARRY HAY, personaggio non molto conosciuto, in Italia, ma che è di una importanza fondamentale per la nostra storia...
Io sono stato molto fortunato, nella mia vita, ed ho avuto l'opportunità forse unica di conoscere, frequentare e avere rapporti di amicizia con quasi tutti gli attori più rilevanti del movimento contemporaneo gay lesbico bisessuale e transgender, sia europei che americani.
HARRY HAY è uno di questi e, probabilmente, il più caro che io abbia, vista la sua estrema dolcezza, il carattere affabile, la sensibilità così spiccata che lo caratterizza.
Nel '93 un vento di burrasca soffiò sulla comunità italiana. Certe mie dichiarazioni vennero travisate da alcuni circoli e giornali e riportate in maniera capziosa. Attraversai un lungo momento di depressione che mi spinse a limitare di parecchio le mie attività.
Ci fu perfino chi dichiarò alla stampa che non potevo parlare a nome del movimento gay visto che... non facevo più sesso! ("Consoli... è vittima delle sue frustrazioni perchè da 5 anni non fa l'amore", Il Tempo, 9 maggio 1993).
L'unica voce che giunse a sostenermi fu quella senz'altro più autorevole di tutte: quella del fondatore della prima associazione GLBT, l'unico ancora vivente, dalla quale, a cascata, sono venuti fuori tutti i gruppi, circoli e movimenti dapprima americani ma che poi hanno dato la loro impronta al resto del mondo: la voce di HARRY HAY.
Harry mi mandò una delle sue abituali, lunghissime lettere (di cinque pagine...), nella quale rifaceva la storia dell'omosessualità, dalle "comunità tribali" ai "liquidi corporali", dal "Vecchio Testamento" alle "Riunioni delle Faeries", delle quali era uno degli organizzatori (è l'ultimo sostenitore della teoria del "third gender" di Ulrichs) ... e tutto questo per sollevarmi lo spirito...






Massimo Consoli

    2. Guidemagazine N° 5, maggio 2002-10-25



A Worthing, una località balneare vicino Londra, la domenica di pasqua del 7 aprile 1912 nasce Harry Hay. Diventerà il fondatore del movimento gay moderno.
Lo scorso 7 aprile 2002, una gran parte del movimento americano si è data appuntamento al San Francisco LGBT Community Center per festeggiare i 90 anni di questo personaggio eccezionale al quale noi tutti, oggi, dobbiamo qualcosa.

IL BEATO VIVENTE DEI GAY

Il 1948 è un anno pieno di fermenti. In Danimarca nasce la Forbundet af 1948, in Svezia la Riksforbundet for Sexuellt Likaberattigande (RFSL), in Norvegia la Norske Forbundet av 1948 : associazioni ancora oggi vive ed attive.
Nel corso di quell'estate, sulle coste della California, qualcuno stampa un volantino e lo distribuisce ai numerosi gay anonimi che prendono il sole sulla spiaggia. E' un appello a sostenere la candidatura alla Casa Bianca di Henry Wallace, che è stato ministro ed anche vice-presidente sotto Truman, prima di venire licenziato perché troppo critico (da sinistra) nei confronti dell¹amministrazione.
Il volantino è firmato dall'Ordine Internazionale Fraterno per la Pace e la Dignità Sociale, ma tutti ne parleranno come dei Celibi Anonimi o Celibi per Wallace. L'Ordine si propone come "un'organizzazione di servizi e di assistenza per la protezione ed il miglioramento della Minoranza Androgina nella Società".
L'idea per una iniziative del genere è uscita fuori durante un party gay alla University of Southern California quando, una birra dietro l'altra, ognuno cerca di spararla più grossa del vicino. Tra i partecipanti c'è Henry Hay, soprannominato Harry, un organizzatore culturale del partito comunista al quale è iscritto già da quindici anni, nato in Inghilterra nel 1912, impegnato presso il centro educativo del partito a Los Angeles dove insegna "sviluppo materialista della musica nella storia" e sposato con un'altra militante, dietro suggerimento di un dirigente al quale ha confidato la sua omosessualità.
Harry Hay ci pensa su due anni. La delusione per il fallimento di Wallace è grande. L'America si prepara alla guerra di Corea nel bel mezzo di una crescente ondata di paranoia contro tutto ciò che non è WASP, cioè Bianco, AngloSassone e Protestante. Nel 1950, il senatore Joseph McCarthy tiene il suo famoso "discorso di Wheeling", chiedendo che l'amministrazione dello Stato venga "purgata" dalla presenza di sovversivi, in particolare comunisti e invertiti, ma anche da chi si mostra "troppo socievole con i negri e non ortodosso nel vestire, o abbia aderito al Partito Progressista di Wallace.
Comincia una serie di investigazioni negli uffici federali, poi nell'esercito ed infine contro personaggi importanti della cultura.
Hay capisce che è cominciata una delle periodiche persecuzioni dove i gay hanno la funzione storica di capri espiatori. Parla con gli studenti omosessuali del suo corso di musica, quasi tutti comunisti o ex-comunisti, sostenendo la necessità di una organizzazione che si batta per i loro diritti.
Il 20 luglio del 1951 i suoi sforzi sono coronati dal successo e fonda la Mattachine Society. Il nome gli è stato ispirato da quelle società musicali che, nell'Europa mediterranea medievale e rinascimentale, erano composte da "cittadini celibi che non si esibivano mai in pubblico senza una maschera".
Questi cittadini, durante l'equinozio d'inverno, si trasferivano in campagna per celebrare i loro riti.
La sua Mattachine nasce "Per unificare quegli omosessuali isolati dai loro stessi simili [...] Per educare gli omosessuali e gli eterosessuali ad una etica cultura omosessuale [. . .] parallela alle culture emergenti dai nostri fratelli minoritari: i negri, i messicani, gli ebrei [...] Per indirizzare gli omosessuali più socialmente coscienti verso una leadership dell'intera massa dei deviati sociali [...] Per assistere il nostro popolo quotidianamente vittimizzato in seguito alla nostra oppressione [...]"
Il primo documento è una petizione contro l'impegno USA in Corea. Le firme sono raccolte, ancora una volta, lungo le spiagge gay della California meridionale.
Nel 1952 la Mattachine si fa conoscere dal gran pubblico attraverso una iniziativa strepitosa. La polizia di Los Angeles, seguendo una deprecabile prassi consolidata negli Stati Uniti e che ha una lunga tradizione nei Paesi anglosassoni, "intrappola" Dale Jennings, facendolo adescare in un luogo di battuage da un agente giovane, bello e un po' mignottino.
Dale è uno dei fondatori e tra i più combattivi. Non ha intenzione di subire come hanno sempre subito i gay fino a quel momento. Si consulta con i suoi amici e, insieme, decidono di creare un Comitato di Cittadini per Mettere Fuori Legge l'Intrappolamento. Distribuiscono volantini nei bar e lungo le spiagge gay e, arrivati al processo, Dale nega di aver fatto delle "proposte" al poliziotto, ma ammette di essere omosessuale. Il suo coraggio sconvolge la giuria che non sa più che pesci pigliare e il Pubblico Ministero finisce per ritirare l'accusa.
La vittoria è uno strumento pubblicitario formidabile. Nel 1953 ci sono già più di cento gruppi collegati alla Mattachine, con una partecipazione che supera le duemila unità.
La struttura dell'organizzazione è "segreta, gerarchica, a cellule", con cinque ordini di appartenenza disposti a piramide. I capi si trovano al quinto ordine e la gran massa degli appartenenti alle altre cellule sottostanti e separate tra di loro, non conoscono chi hanno sopra o accanto...
In tempi più vicini ai nostri, Harry Hay si è dato da fare nell'elaborare la sua teoria del "Terzo Genere", molto vicina a quella del "Terzo Sesso" di Ulrichs, e nell'organizzare le"Faeries", le "Fate" vicine alla natura, all'ecologia, che sono una delle componenti più vivaci del movimento GLBT americano.




Massimo Consoli

2004



(Pubblicità)



24 marzo 2004 (mercoledi')

Ho scritto questo intervento un mese fa. Sono stato dubbioso a lungo se
renderlo pubblico oppure lasciarlo nel cassetto degli inediti, delle idee
irrealizzate, dei progetti lasciati in sospeso. E' mia convinzione che
bisogna fare spazio a chi ha voglia di darsi da fare.
Poi, visto che non succede nulla ed i cialtroni che ci insultano continuano
a girare indisturbati, ho deciso di scendere in campo, sperando che qualcuno
possa prendere in mano il mio testimone e portare avanti questa battaglia
che considero.. .. .. santa e giusta.
Vi chiedo scusa per la lunghezza del testo, ma qui stiamo cercando di
difenderci da uno che predica la "selezione naturale"Š
Auguri.

ILLY? NO, GRAZIE!

Massimo Consoli


Quando andavo al catechismo, il prete ci faceva delle domande:
"Perche' abbiamo le mani?"
E la risposta era:
"Dio ci ha dato le mani perche' noi le si possa giungere tra di loro e cosi'
pregarlo ed esaltarne le virtu'"
Un'altra domanda era:
"Perche' abbiamo la bocca?"
"Noi abbiamo la bocca perche', attraverso di essa, noi si possa lodare il
Signore e ringraziarlo per averci creato".
E ancora:
"Perche' abbiamo gli occhi?"
"Dio ci ha fatto gli occhi affinche', grazie a loro, noi possiamo
contemplare la sua grandezza e la grandezza della sua creazione"Š
Io, che sono sempre stato un po' cacacazzi, chiesi al prete:
"Lo stesso e' valido anche per gli animali? Anche i cani hanno la bocca per
declamare le lodi del Signore?"
E la risposta, ineffabile del buon don Piero (uno dei primi preti pedofili
che ho conosciuto) era che "Si', anche gli animali, a modo loro e con i loro
mezzi, esaltano le lodi del Signore e lo ringraziano del grande dono della
vita .. .. .."(nota 1)
Leggendo l'intervista che Riccardo Illy (industriale del caffè omonimo) ha
rilasciato al settimanale "L'Espresso" (12 febbraio 2004), mi e' venuto da
ricordare questa storia.
Illy ragiona allo stesso modo. Per quale motivo l'umanita' ha inventato la
famiglia?
"Per garantire la procreazione e quindi la specie, visto che con il
matrimonio i figli sono piu' tutelati ed e' nostro compito incentivare
questa scelta, dando certi vantaggi solo a chi si sposa".
Perche' non bisogna difendere le coppie omosessuali?
"Poiche' non fanno figli, e non e' opportuno che li adottino, sono liberi di
vivere come credono, ma non ritengo che abbiano bisogno di tutela".. .. ..
Avevo questa copia dell'"Espresso" da due settimane accanto al letto. Non
avevo letto l'intervista perche', sinceramente, di Riccardo Illy non me n'e'
mai importato piu' di tanto. Sono i vari interventi su "queer-it" che mi
hanno invogliato ad andarla a cercare.
E' mia opinione che sia un personaggio ideologicamente sgradevole, centrato
su se stesso, per il quale la collocazione politica da una certa parte e'
dovuta soltanto al fatto che l'unico posto rimasto dove poteva collocarsi,
stava la'. E' uno che ha il coraggio, o la faccia tosta, di dire che essere
il figlio del padrone (com'era lui da giovane) e'.. .. .. un handicap!
Ma non e' di questo che voglio parlare. Ognuno e' libero di avere le idee
che vuole e di agire come meglio crede, all'interno di una situazione di
rispetto dovuto a chi vuole avere altre idee diverse dalle proprie e vuole
agire in maniera differente.
Quello che mi interessa, e' vedere la conseguenzialita' del suo discorso,
capire se, in quanto politico con un certo potere (un grande potere: e'
presidente della Regione Friuli, ed e' stato sindaco di Trieste) usa con
tutti lo stesso metro di giudizio oppure ha due pesi e due misure.
Cioe', se e' vero che non bisogna tutelare chi non fa figli e non bisogna
farli adottare da chi non li vuole fare all'interno del matrimonio, io mi
aspetto che il governatore di una regione cosi' importante tagli ogni
finanziamento alla categoria piu' sterile (nel vero senso etimologico della
parola) che ci sia: la classe sacerdotale. E soprattutto chiuda gli oratori.
Preti, suore, frati e monache sono, notoriamente, restii alla procreazione.
Si rifiutano di rinchiudersi in una famiglia tradizionale, e vivono
egoisticamente in un loro mondo fatto di privilegi e tutele e garanzie (le
poche eccezioni del prete di frontiera o del missionario martire non fanno
testo. Anche fra i nazisti di Berlino c'erano padri di famiglia convinti, in
buona fede, che Hitler fosse stato mandato da Dio per il bene dell'umanita'
.. .. ..).
Totalmente incompetenti sui problemi della famiglia (che hanno respinto
senza che nessuno li abbia sollecitati in quella direzione), delle donne
(che hanno sempre discriminato), dei figli (che non hanno), del sesso (che
non praticano)Š discettano su tutto e tutti imponendo la loro visione
distorta e malata di una societa' inesistente.
Io mi aspetto che Illy sia conseguenziale e ne abolisca i privilegi, le
tutele, le garanzie, facendoli tornare cittadini come tutti gli altri e, per
usare le sue stesse parole, "liberi di vivere come credono, ma senza
tutela".
Detto questo, e non volendo entrare in una polemica troppo facile
(l'umanita' ha inventato la famiglia per motivi banalmente economici e per
gli interessi dell'uomo che ne era a capo tant'e' che, perfino nella
civilissima Roma, il pater familias aveva il potere di condannare a morte il
figlio fin dal momento della nascita, se non lo voleva o non gli piaceva),
mi limito a riprendere le voci che ho sentito qua e la in questi giorni, ed
a lanciare una proposta.
La nostra comunita' e' stata martoriata nel corso degli ultimi secoli
perche' non aveva la forza di reagire. I nostri fratelli e sorelle sono
stati talmente perseguitati, martirizzati, isolati, che hanno perso ogni
senso di solidarieta' e di comunita'. Tutto era possibile far loro, contro
di loro, tanto, nessuno aveva il coraggio di alzarsi per difenderli o per
difendersi.
Ieri la maggioranza che ci odiava chiedeva la nostra eliminazione fisica.
Non voglio andare tanto lontano nel tempo o nello spazio. Non c'e' bisogno
di tornare con la memoria alla Germania nazista, ma basta rileggersi, a mo'
d'esempio, quanto scriveva il quotidiano "Il Messaggero" appena il 10
settembre del 1970 ("i degenerati devono perire", ed altre piacevolezze del
genere).
Quando i gay e le lesbiche e i trans hanno reagito per la prima volta, si
sono accorti di avere tra le mani un potere enorme, un potenziale tutto da
utilizzare.
Quando abbiamo cominciato ad unirci, a difenderci ed a mostrare cosi' la
nostra forza, abbiamo constatato con meraviglia che i nostri nemici
allontanavano il bersaglio, mitigavano la loro opposizione: non volevano
piu' la nostra morte, ma erano contrari a certe forme di "esibizionismo".
Continuando a difendere noi stessi e ad attaccare chi ce l'aveva con noi,
siamo arrivati ad oggi: per i piu' va bene anche manifestare in piazza, ma
le unioni gay no! L'adozione, neppure .. .. ..!
Cioe', il potere (si', lo so, e' una parola brutta, ma perdonatemela) sta
ormai sulla difensiva. Cerca ancora di contrastarci, ma badando bene di non
dare troppo scandalo, di non sollevare troppa polvere, di non fare troppo
rumore.
Nella mia vita ho partecipato ad alcuni boicottaggi, qualcuno l'ho
organizzato in prima persona, ne ho studiato un po' la tecnica e la
filosofia e, ovviamente, sono arrivato ad alcune conclusioni.
La prima, e la piu' importante, e' che un bocottaggio e' sempre letale per
l'azienda presa di mira. Anche il solo fatto che si sparga la voce che una
categoria di persone (gli ebrei, i gay, i neri, i musulmani, le donne, i
barbieri, gli scrittori, i medici .. .. ..) ha deciso di non comprare piu'
un certo prodotto perche' la ditta che lo fabbrica, lo produce, o lo
commercializza e' accusata di discriminazione, ha fatalmente un effetto
pernicioso sull'immagine e/o sulle finanze della stessa azienda.
La seconda e' che un'azione del genere ha un effetto dissuasivo (cioe',
preventivo) sulle altre aziende che stavano pensando di imitare la prima tra
loro che aveva iniziato l'opera di discriminazione, ma erano in attesa di
vedere come sarebbe andata a finire. (nota 2)
La terza e' che in ogni caso una battaglia del genere si trasforma in cassa
di risonanza per le proprie rivendicazioni, il che e' quasi voler dire che
chi comincia un bocottaggio non ha niente da perdere e tutto da guadagnare
(grosso modo, ovviamente).
La quarta e' che e' nel momento dell'azione che si forma lo spirito di
corpo, la solidarieta', il senso dell'unione, dell'appartenenza a qualcosa
della quale facciamo parte ma che, comunque, e' sopra tutti noi al di la'
delle divisioni politiche, ideologiche o di qualsiasi altro tipo. Le
chiacchiere stanno a zero. Noi siamo dei grandi affabulatori, conversatori,
raccontatori, intrattenitori .. .. .. con una forte tendenza alla
litigiosita'. Ma quando si tratta di fare qualcosa di concreto (un gay pride
mondiale, ad esempio), siamo tutti uniti nel raggiungere il nostro scopo.
La mia idea e' la seguente:
Organizziamo un bel boicottaggio del caffe' Illy. Colpiamo questo cialtrone
che si e' permesso di contestarci i nostri piu' elementari diritti, li'
dove, come tutti gli imprenditori, e' piu' sensibile: nel portafogli.
Come si fa? In maniera molto semplice.

1. Non compriamo piu' il caffe' Illy.
2. Entriamo in un bar dove servono questo prodotto. Chiediamo un caffe'
chiedendo qual'e' la loro marca e, non appena ci rispondono "Illy",
rispondiamo subito: "No, grazie!", magari spiegando per quale motivo non lo
vogliamo.
3. Entriamo in un negozio, in un supermercato, anche quello dove andiamo
abitualmente (se abbiamo sufficiente coraggio), chiedendo del manager, al
quale diremo apertamente che non faremo mai (o non faremo piu') la spesa li'
dentro, fin quando avranno in vendita quel prodotto razzista.
4. Chi ha un bar, un ristorante, un circolo, un supermarket, un negozio, o
conosce qualcuno che lo ha, o lo gestisce o ha comunque qualche potere
decisionale, puo' disdire il contratto con il proprio fornitore di caffe'
Illy.
5. Scriviamo ai nostri politici (di qualunque partito siano) dicendo che non
condividiamo la presenza di un personaggio del genere all'interno dell'area
politica dalla quale ci aspettiamo di vederci rappresentati.
6. Facciamo la stessa cosa con i giornali, le agenzie stampa, le TV, i media
in generale, per lo stesso motivo.
7. Spieghiamo accuratamente che la nostra azione ha il solo scopo di far
capire a Riccardo Illy, presidente del Friuli, che la sua politica di
discriminazione contro la comunita' varia e' sbagliata, che l'abbiamo
intrapresa per difendere i nostri diritti ma anche per il suo bene, per
fargli capire che è in errore e per convincerlo della necessita' di
rimediarvi. Cosa che lui puo' fare prima di tutto con una dichiarazione
pubblica a pari livello della sua intervista all'"Espresso", e poi con tutto
cio' che, dal punto di vista amministrativo e politico, la sua carica di
governatore gli permette.

(da "Rome Gay News" N° 46, del 12 gennaio 1994, porto a vostra conoscenza
la scheda che segue. Il documento concludeva la pubblicazione di un
articolo, "Il Fascino Discreto della Discriminazione", nel quale si spiegava
perche' il papa aveva posto la condizione di incontrare il Presidente USA a
Denver, la citta' del Colorado, cioe' dello Stato che aveva discriminato
pesantemente i glbt, e subito dopo aveva visto il fallimento di centinaia di
alberghi, e l'economia turistica scesa "a livelli di quasi-panico" in
seguito al boicottaggio piu' riuscito della nostra storia).

"Recentemente i boicottaggi della comunità gay sono diventati un elemento
destabilizzante dell¹economia americana, a dimostrazione del forte potere
contrattuale raggiunto. Lo ha capito meglio di tutti la stessa finanza
internazionale che ²cerca di correre ai ripari per evitare il ripetersi di
iniziative del genere che sfuggono ad ogni possibilità di previsione e di
prevenzione, mettendo in crisi industrie solide e considerate
inattaccabili².
Adweek, il settimanale finanziario di Madison Avenue, in un editoriale
pubblicato molto significativamente in seconda pagina, avverte fin dal
titolo che ³E¹ tempo di cominciare a prendere sul serio i boicottaggi²,
dispensando consigli e suggerimenti a manager e industriali.
³Quando i motivi di un boicottaggio entrano nella testa della gente.. .. ..
quando si comincia ad associare il vostro prodotto ad uno scandalo - anche
se non c'è niente di vero, ma questa diventa la loro opinione - ebbene,
allora questa associazione può portare ad un cambio di comportamento². E per
non correre il rischio di essere equivocato, dopo aver riportato questo
parere del Dr. Bernd Schmitt, professore di comportamento del consumatore
alla scuola superiore di business della Columbia University, il giornale
finanziario sottolinea: ³Il professore sta dicendo che i boicottaggi possono
essere mortali, molto mortali².
Questo è il motivo per il quale la Philip Morris, recentemente entrata nel
mirino del gruppo di attivisti dell¹organizzazione anti-aids ³ACT UP² per il
sostegno fornito al senatore reazionario del North Carolina, Jesse Helms, ha
cercato immediatamente di correre ai ripari dopo essersi accorta che stava
perdendo milioni di dollari in tutto il mondo.
In effetti, il boicottaggio era stato ripreso da quasi tutte le
organizzazioni che operano nel campo dell¹aids e la Philip Morris, più
famosa come industria della Marlboro (nota 3), si era giustificata
affermando che l¹appoggio a Helms le era essenziale, in uno stato come il
North Carolina che da solo produce i due terzi del tabacco da sigarette.
Inoltre, la compagnia ha donato più di 800.000 dollari a favore di
iniziative per l¹aids, sottolineando di aver contribuito soltanto con 20.000
dollari alle ultime tre campagne elettorali del senatore repubblicano."

NOTE

1. Avevo appena finito di scrivere questo mio intervento quando, per
riposare un po', mi sono messo a leggere il mensile "Quark". Ed ho avuto una
sorpresa: ancora oggi i gesuiti della "Civilta' Cattolica" sostengono che
"solo l'uomo puo' avere dei diritti, mentre gli animali, privi di anima,
sono stati creati da Dio perche' l'uomo possa usarli per le sue
necessita'".. .. .. Incredibile! Ma dove vivono? O meglio, dove fanno finta
di vivere?
2. Laura Schlesinger aveva il programma radio piu' seguito di tutti gli
Stati Uniti e Canada. Se la prese con i gay. La sua carriera fece un salto
enorme passando alla TV, "ma un boicottaggio contro gli inserzionisti che
pubblicizzavano i propri prodotti durante il suo programma, ha portato ad un
rapido ripensamento da parte del network, che ha cancellato la
trasmissione." Grazie ai gay, alle lesbiche ed ai trans americani.
3. Il boicottaggio della "Philip Morris", in Italia, l'ho organizzato
personalmente. Fece il giro delle redazioni di tutti i giornali l'immagine
della parola "Marlboro" composta a forma di svastika (oggi si puo' vedere a
pag. 77 del libro "Bandiera Gay", pubblicato dalle edizioni libreria Croce
nel novembre 1999).

*******

COMUNICATO STAMPA
di Enrico Pizza

Ho avuto modo di leggere l'intervista di Riccardo Illy a "L'Espresso",
pubblicata dal Messaggero Veneto, e di restare - come molti - a dir poco
sconcertato. Ma non perché non avessi già avuto modo di conoscere le sue
idee in campo sociale. Anni fa, infatti, mentre dibattevamo alla
trasmissione radiofonica regionale "Undicietrenta", Illy affermò nientemeno
di "essere a favore della selezione naturale e che, quindi, non capiva il
perché si dovessero dare dei diritti alle coppie di fatto ed a quelle
omosessuali. Esse infatti avrebbero avuto dei privilegi ingiustificati, non
garantendo il proseguimento della specie".
Ieri ho avuto modo di constatare che non solo Illy non ha cambiato idea, ma
non ha neppure avuto il tempo di informarsi meglio sulla questione.

Secondo lui, infatti, "l'umanità ha inventato la famiglia". Mi piacerebbe
davvero conoscere le sue fonti antropologiche per affermare con tanta
sicumera che la famiglia sia un'invenzione. A me pare che quando uno voglia
metter su famiglia, sia mosso più dal desiderio di amare che da uno spirito
tecnologico, ma arrivare a sostenere che "con il matrimonio i figli sono più
tutelati ed è nostro compito incentivare questa scelta, dando certi vantaggi
solo a chi si sposa", manifesta quantomeno la sua ignoranza sulle nuove
forme di regolamentazione delle unioni di fatto che si vanno affermando
sempre più in Europa. Un'affermazione come questa, inoltre, sembra più
appartenere a quella destra che in Friuli Venezia Giulia approvò
quell'odiosa legge discriminatoria sulla famiglia, che andava ad escludere
dai contributi i figli delle coppie non sposate. Pensavamo di aver scacciato
dalla porta quella subdola forma di razzismo, ed eccola che rientra dalla
finestra offrendo una tazza di caffè.

Per quanto riguarda le coppie omosessuali, poi, fermo restando che in Italia
nessuno pone la questione delle adozioni per le coppie gay e lesbiche - ma
anche questo Illy sembra non saperlo - egli dice "non ritengo che le coppie
omosessuali abbiano bisogno di tutela".
Quali sono le tutele a cui le coppie di fatto - omo ed eterosessuali - non
hanno diritto?
Assistere il/la propria partner in ospedale? Partecipare alle decisioni che
riguardano la sua salute e la sua vita? Lasciare in eredità il proprio
patrimonio alla persona con cui si è condivisa l'esistenza senza le gravose
imposizioni fiscali previste per un estraneo? Queste sono alcune delle
opportunità, oggi negate, che verrebbero introdotte da una nuova legge sulle
convivenze. Un milione di coppie di fatto in Italia vivono ancora oggi senza
alcun diritto la loro storia d'amore.
Se Illy ritiene che a queste tutele le coppie di fatto non abbiano diritto,
lo affermi chiaramente.
Oppure crede che siano tutti miliardari come lui, o che abbiano stipendi da
supermanager regionale, e possano quindi fare a meno dei "diritti"?

Ad ogni modo, Riccardo Illy è certo libero di fare il meschino gioco di
quello che prende i voti a sinistra per fare una politica di destra, anche
se ci auguravamo che avrebbe saputo far volare più in alto questa regione.
Il problema è, dunque, tutto a sinistra.
Nel giugno dello scorso anno abbiamo sbaragliato la destra nella nostra
regione, salutandola come una grande vittoria. Oggi ci ritroviamo di già un
presidente che, preso dal delirio centrista, ribalta tutti i motivi di
questa vittoria.

Gli unici diritti di cui ha parlato il presidente nella sua intervista sono
solo quelli relativi al licenziamento.
Della questione globalizzazione, poi, ha una visione miope. Anche chi si
occupa di globalizzazione crede che essa debba essere governata. Ma non con
la precarietà globale che Illy suggerisce. Chi dimostra di "non aver capito
nulla della questione" non sono quindi i new global.

Illy è diventato presidente anche sull'onda del rifiuto alla guerra in Iraq
(la memorabile primavera delle bandiere arcobaleno), andando a raccogliere i
voti pure alla "tenda della pace" di Udine. Eppure, dopo soli pochi mesi,
non si fa scrupolo ad accettare il titolo di "comandante ad honorem" della
base di Aviano. Allo stesso tempo, l'unica forma di rispetto di Illy per
"tutte le sinistre che lo sostengono" è stata finora il mancato sostegno
alla Lista Prodi alle europee. A pensar male si fa peccato ma di solito - in
politica - ci si indovina. Stando così le cose, faremo di tutto per non
ritrovarci una "Lista Illy" alle elezioni politiche dei prossimi lustri. Ma
non si preoccupi caro presidente, probabilmente a destra tra non molto
staranno cercando un nuovo leader.

Per restare intanto nel più piccolo cabotaggio amministrativo, Illy ha ieri
nominato Italo Tavoschi quale rappresentante dell'Agenzia di informazione e
accoglienza turistica di Udine, dimentico - diciamo così - che egli è un
consigliere comunale di destra, che non ha nemmeno votato il bilancio della
città di Udine, e che ora annuncia invece ecumenico "di voler lavorare in
sintonia con la giunta udinese".

Con Illy e Cecotti avevamo sperato in una politica collaborativa e di ampio
respiro tra Udine, la regione, il resto d'Europa. Illy, invece, corteggia
Haider e, mentre cadono i muri con la Slovenia, egli è bravissimo a tirarne
su di nuovi tra Trieste e il Friuli.
Ad ogni modo il presidente Illy è certo "libero nella mente e nella
coscienza" di continuare ad avere un approccio superficiale alle importanti
questioni trattate ma, proprio per questo, si impone l'apertura di una
riflessione seria a sinistra. Abbiamo già avuto un'esperienza di governo
nazionale che ha deluso il nostro elettorato e che dopo pochi anni ha
permesso quello che ritenevamo, insieme al resto del mondo, ormai
impossibile: Silvio Berlusconi premier.
Non vorremmo davvero ripetere la stessa esperienza. In Friuli Venezia Giulia
abbiamo vinto più per i demeriti della destra, che per un cambiamento
culturale a sinistra, e le affermazioni del presidente ne sono il
condensato. Non vorremmo ritrovarci nel giro di pochi anni a perdere ancora
per i nostri demeriti, per una sinistra che preferisce vincere anzichè
convincere.

Enrico Pizza
consigliere comunale di Udine
Sinistra per il Friuli (Ds)





Condividendola pienamente, ci associamo all'iniziativa di Massimo Consoli
contro le inaccettabili posizioni antiomosessuali di Illy, presidente
regionale.
Doriano Galli
Roma
Lega per i Diritti Sessuali della Persona
*******


grazie per questo splendido testo di Consoli,
ho provveduto a girarlo nella lista del glo (150 iscritti) e ti/vi ricordo
che al RIFO!club di via Confalonieri 10 puoi trovare il Cafè rebelde
zapatista, eticamente corretto e buono.
ciao
giampiero

*******

Una breve considerazione. Il boicottaggio è nei confronti di un
personaggio omofobo, non di un esponente del centrosinistra, d'altra
parte, come si fa notare, probabilmente il centrosinistra era solo
l'unica chance per Illy di far politica, per cui non avrei troppe
remore nell'aderire pienamente. I metodi vanno studiati perché sono
quelli che fanno la riuscita di un'operazione politica. Se poi invece
di essere Arcigay o GayLib o chissà quale associazione a far partire
l'operazione, ma un coordinamento di tutte le associazioni,
indistinto, senza sigle, ma con l'esplicito obbligo di non intervenire
singolarmente con comunicati, beh questo sarebbe il miglior modo di
rispondere a Illy e anche a chi crede che il movimento gay sia un covo
di iene. Ripeto che la cosa fondamentale per la riuscita della doppia
operazione sarebbe non far comparire mai le sigle ma solo il nome del
coordinamento.
:-)
Marco Volante

*******

Vi mando per conoscenza questo messaggio di Massimo Consoli, storico del
movimento gay, avvertendovi che si tratta di una lettera
piuttosto lunga, corredata da documentazione. Chiedo a tutti lo sforzo di
leggerla e di commentarla. Massimo lancia a tutti i gay italiani
la proposta di avviare il boicottaggio del caffè Illy, spiegando i motivi,
consigliando modi e forme. Prosegue ricordando altri episodi in
altri paesi. GUIDEMAGAZINE
aderisce volentieri all’iniziativa, sperando che anche le altre testate
giornalistiche del mondo gay procedano nello stesso modo.
Roberto Schena

*******

Aderisco volentieri a questo boicottaggio... E' già da tempo del resto che
lo sto effettuando, insieme al mio compagno, alla mia famiglia e agli amici
tutti, cui ho spiegato che non si può finanziare un omofobo idiota,
oltretutto eletto nelle liste del centrosinistra.

LUCKY (Luca Amato)

*******

Massimo, non c'è bisogno di dirtelo, lo so. Ma desidero ribadirlo: SEI
GRANDE!

Per quanto ci riguarda abbiamo immediatamente messo in atto il boicottaggio
contro Illy e i suoi prodotti non appena la notizia delle sue tristi
esternazioni si è diffusa all'epoca. Sia personalmente (anche se non abbiamo
mai acquistato i suoi prodotti) sia coinvolgendo tutti i nostri amici
eterosessuali che ben volentieri hanno aderito all'iniziativa. Voglio
ricordare che nel Nordest (dove vivo) il 54% della popolazione è favorevole
alle unioni civili totalmente equiparate al matrimonio, anche per le persone
dello stesso sesso (indagine di pochi giorni fa). Quindi è giusto
coinvolgere anche quella parte di popolazione italiana non gay che però
vorrebbe una coabitazione civile e democratica con i gay.
L'unica nota dolente può essere rappresentata da quella parte di popolazione
gay che se ne infischia perchè -per lei- va tutto bene così come stanno
andando le cose, o che non ha interesse ad acquisire alcun diritto civile
fondamentale. E ce ne sono!

Ci vuole unità nel movimento, ci vuole unità tra i gay.
Andrea Rigoni
www.gayaitalia.net


*******

Egregio signor Illy

la sua presa di posizione contro il riconoscimento delle coppie di fatto
(nello specifico coppie gay)
e' deprimente! E Lei sarebbe un politico, che si candida per essere eletto
tra i "progressisti"?!!!!
Che vergogna questa politica italiana, che schifo questa orribile repubblica
delle banane e del.....caffe'!!!!!
E poi vi chiedete perche' la gente non si riconosce piu' in niente. Mi
verrebbe quasi da dire: viva Berlusconi!!!! Anche se la cosa mi disgusta.
Qui, in Svizzera, il Partito Liberale ed i Democratici Cristiani (i vostri
ex-Dc), partiti borghesi, hanno votato quasi massicciamente al
riconoscimento delle coppie gay. E poi vi lamentate se si dice che al sud di
Chiasso cominci il medio oriente!!!!
Bene caro Illy il suo caffe' se lo beva Lei ed i suoi sostenitori bigotti e
medievali, da parte mia non tocchero' piu' i vostri prodotti ed altrettanto
fara' il mio entourage.
Grazie e auguri per i futuri disastri elettorali.

Pasquale Durante
Lugano (CH)
31 MARZO 2004







                                   2005
 
Agli inizi degli anni Settanta "Ulrichs", per me, era poco più di un nome all'interno di un elenco di personalità che meritavano di essere citate su qualche saggio di storia gay solo perchè avevano fatto qualcosa di rilevante da quel punto di vista, ma che gli stessi autori dell'elenco non reputavano importante approfondire. Lo avevo letto qua e là, nei libri che compravo sempre più di frequente, ma che non sembravano placare la mia sete di sapere. Dieci anni prima pensavo di essere l'unico omosessuale sulla faccia della terra, e dieci anni dopo scoprivo che il mondo ne era pieno, che la storia ne era piena, e lo era sempre stata. L'unico problema, in tutto ciò, era che i libri che andavo comprando parlavano sempre del passato. Anzi, del passato remoto. Ormai sapevo tutto dell'antica Roma, della Grecia Classica, del mondo arabo, ma di quello che era accaduto ieri o l'altro ieri, silenzio. Qualche informazione su Oscar Wilde e i suoi processi sembrava essere l'unica concessione possibile. E questo si rifletteva, ovviamente, anche nei miei scritti. I miei articoli dell'epoca sono pieni di citazioni classiche, ma estremamente poveri di informazioni sull'ultimo secolo. Poi, nel 1973 David Thorstad mi mandò un libro che aveva appena pubblicato insieme al suo amico John Lauritsen a New York.
Era The Homosexual Rights Movement  e fu una vera e propria rivelazione. Anzi, una rivoluzione! Non avevo mai sospettato che la Germania tra l'Ottocento e il Novecento fosse stato il paese più moderno, più colto e più accogliente del mondo e, soprattutto, non avevo mai neanche immaginato che il primo movimento per i diritti deli omosessuali fosse nato proprio lì, nella patria del nazismo, della persecuzione, dello sterminio..Nel loro breve saggio, i due autori americani raccontavano molte cose importanti. Soprattutto, per la prima volta vi vedevo spiegate le teorie di questo misterioso Karl Heinrich Ulrichs e ne potevo sapere un po' di più sulla sua vita. Più tardi il libro venne pubblicato anche in Italia, all'interno di un'opera a più mani (Lauritsen-Thorstad-Graf-Steglitz-Guerin-irigaray-Pucciani-Guattari, Gay Gay. Storia e coscienza omosessuale, La Salamandra, Milano 1976), e poi, come testo autonomo (John Lauritsen-David Thorstad, Per una storia del movimento dewi diritti omosessuali (1864-1935), Savelli Roma 1979). Nono sono lontano dal vero nel dire che, probabilmente è l'opera che ha influenzato maggiormente il movimento gay del mio paese. Non credo di essere rimasto colpito in maniera particolare dal fatto che Ulrichs avesse scelto l'Aquila per trascorrervi il resto dei suoi giorni. Già sapevo che molti viaggiatori del Nordeuropa amavano l'Italia in maniera particolare. Oscar Wilde cercava di evitare i suoi persecutori inglesi rifugiandosi a Roma e a Capri. John Addington Symonds si portava a casa un gondoliere veneziano. E qui erano venuti Johann Joachim Winckelmann, Wolfgang Goethe, August von Platen, Friedrich Holderlin, Wilhelm von Gloden, Wihelm Pluschow (il mito del "maschio italiano" nasce proprio con le foto degli adolescenti siciliani scattate da questi ultimi due), Alfred Krupp...e così tanti altri, al punto che una delle espressioni più comuni e più  volgari per indicare il gay, oggi, e cioè la parola "frocio", in origine sembrava indicare le guardie svizzere del Papa che venivano dai cantoni tedeschi della Confederazione Elvetica. Fin dal primo istante, quel che mi aveva appassionato in lui era il coraggio dimostrato nel difendere gli urninghi. Un coraggio unito a un appassionato desiderio di cambiarne la triste sorte attraverso la dimostrazione scientifica, attraverso gli strumenti culturali che aveva a disposizione. Un coraggio inusitato per l'epoca, e per il quale sarà costretto a pagare un prezzo piuttosto alto. Mi aveva poi colpito il suo parlare di "classe". Anch'io, agli inizi della mia militanza, avevo discettato a lungo e in largo  di "classe omosessuale". Addirittura, nel numero 1 di Ompo (aprile 1975), pubblicavo lo statuto del Mpo (Movimento politico degli omosessuali), dove questo era definito come  "l'organizzazione politica della classe omosessuale e di tutti gli omosessuali, senza distinzione alcuna di sesso, religione, nazionalità o lingua. Esso ha per scopo la lotta per l'indipendenza e la libertà della classe che rappresenta, per la trasformazione delle strutture sociali da autoritarie e repressive in libertarie e progressive, per l'eliminazione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, per la fine della distinzione degli individui tra chi comanda e chi obbedisce, per l'edificazione del socialismo..".
Ulrichs, da parte sua, spiegava che
"C'è una classe di urninghi nati, una classe di individui che sono nati con impulsi sessuali femminili per avendo corpi maschili. Sono una varietà il cui amore uraniano è congenito".
Oppure: "Oggi, la "classe uraniana dev'essere abbastanza forte da richiedere eguali diritti".
E ancora: "D'altronde, forse non è difficile per la scienza, dopo un'accurata investigazione, arrivare  a sostenere quanto segue: la natura risveglia l'amore per gli uomini in una certa classedi questi individui"....Va detto, comunque, che già nel l'84 e nell'85 ero andato all'Aquila, alla ricerca della tomba di Ulrichs... Ma tutti e due i viaggi erano risultati infruttuosi...Il 10 luglio del 1988 (quattro giorni prima dell'anniversario della sua morte) ci riprovai, accompagnato da un giovane professore di educazione fisica del capoluogo abruzzese e con l'aiuto del libro di Kennedy. Andai deciso a chiedere consiglio al guardiano del cimitero, il frate cappuccino Nello Grego. E  questa volta la "caccia al tesoro" si dimostrò fruttuosa. In possesso dei dati più importanti, il cognome e la data di morte di Ulrichs, il frate cercò il Libro dei morti dell'ultimo decennio del diciannovesimo secolo e me lo consegnò. Io cercai febbrilmente la data del 14 luglio 1895: niente! Ma una riga più sotto, al 15 luglio, la rivelazione: quel giorno, con il numero 5095, "Carlo Arrigo Ulrichs", era stato sepolto in una "fossa comune" era stata cancellata e qualcuno, con un'altra grafia, più gentile e leggera, l'aveva sostituita con "tumulazione", aggiungendo "Vicino Cappella Persichetti"....Ma dentro la Cappella c'erano solo i Persichetti e i loro parenti. Attorno, da nessuna parte si vedeva la tomba di Ulrichs. Ero quasi disperato quando, a un certo punto, mi venne l'idea di controllare cosa fosse quel pavimento di marmo semicoperto da erbacce secche, bruciate dal sole di un'estate particolarmente asciutta...Sopra, c'era una scritta oramai consumata dal tempo...Con un po' di difficoltà riuscì a leggere le prime parole più importanti:




CAROLUS HENRICUS ULRICHS




L'avevo trovata!
Abbandonata a se stessa, nascosta, quasi si vergognasse di farsi vedere da tutti, spezzata in più punti, la tomba di Ulrichs stava ancora lì. Avevo le lacrime agli occhi  e non potei fare a meno di dire poche parole: "Eccomi! Hai visto che ce l'ho fatta? T'ho trovato, finalmente!". Mi sentivo un vincitore...Tornato a Roma, scrissi subito un articolo per rendere pubblica quella che consideravo una notizia straordinaria ( nda. Cronache  Lucane 25 settembre 1985)...Da allora presi l'abitudine di tornare più spesso al cimitero dell'Aquila e, soprattutto, ogni 28 agosto per festeggiare insieme a Ulrichs il suo compleanno. Dapprima, andai da solo, poi Anselmo Cadelli  cominciò ad accompagnarmi. In un secondo tempo si unì a noi Antonio Di Giacomo ( Circolo Michelagniolo  nda) e via via, ogni anno c'era sempre qualcun'altro nuovo. Nel 1990 pubblicai un libro importante, Stonewall, nel quale(finalmente!) parlavo molto di Ulrichs, inserendolo nel suo contesto storico e restituendogli l'importanza che aveva avuto agli inizi del nostro movimento...Da allora l'interesse attorno al nostro eroe è andato crescendo sempre di più, stimolato anche dalle numerose iniziative che andavo prendendo ad ogni ricorrenza. Nell'agosto 1998 pubblicai e distribui gratuitamente la prima edizione di In Memoriam di Karl Henrich Ulrichs, il memoriale scritto dal marchese Niccolò Persichetti nel 1896 al dichiarato scopo di raccogliere dei fondi per poter costruire un monumento funebre allo studioso tedesco...
MASSIMO CONSOLI  ( tratto dalla prefazione di Massimo Consoli al libro ULRICHS di Hubert Kennedy - Massari editore 2005)

 
 
 

 

                                      2006
 

                                                                    


SUL CIMITERO ACATTOLICO DI TESTACCIO
                       

Roma, 18 settembre 2006, lunedi’ (oggi, nel 1905, nasceva Greta Garbo).


Pochi ancora lo sanno, ma a Roma c’e’ un luogo che e’ una vera e propria
miniera di informazioni per la nostra storia degli ultimi due secoli: e’ il
cimitero acattolico di Testaccio, detto anche “cimitero degli inglesi” o
“cimitero protestante”.

“Acattolico” vuol dire “non-cattolico”, ed a suo tempo si era sentita la
necessita’ di avere un sito simile perche’, a coloro che non facevano parte
della religione del Papa-Re, ed avevano la sfortuna di morire in citta’,
venivano riservati insulti e ingiurie e lancio di sassi o vegetali marci per
tutto il percorso del corteo funebre...

Cosi’, le ambasciate di alcuni Stati soprattutto protestanti, si unirono e
chiesero al pontefice il permesso di poter seppellire i loro morti in un
campetto un po’ isolato (per non dar troppo fastidio ai cattolici, appunto)
e attaccato alla Piramide di Porta San Paolo, che avevano comprato con i
loro soldi.

Nel corso degli anni, li’ sono andati a riposare alcuni dei piu’ bei nomi
della nostra cultura e della cultura “tout court”. Sul numero 36, marzo
2002, di “Aut” (il mensile pubblicato dal circolo Mario Mieli), ho
pubblicato quattro pagine di inserto con una guida di tutte le persone che
vi ho rintracciato e che interessano la nostra storia. E la guida, che
comprendeva anche una mappa, deve aver avuto un certo successo visto che
alcuni dei guardiani e dei dirigenti del cimitero, con i quali nel corso
degli anni ho acquisito una certa confidenza, mi hanno detto che, di tanto
in tanto, si presenta qualche visitatore con quell’inserto di “Aut” in mano
(o con qualche fotocopia), che si aggira tra le tombe, o chiede loro
ulteriori informazioni.

Ricordo che negli anni Settanta ci trascinai Dario Bellezza. “Trascinai” e’
la parola giusta, considerato che Dario odiava cimiteri e ospedali e non c’era
verso di convincerlo a visitare un amico malato o ad accompagnarlo verso
l’ultima
dimora. Ci riuscii spiegandogli che quello era il camposanto dei poeti, dei
VIP, delle persone illustri, e dicendogli che, un giorno, anche lui vi
sarebbe stato ospitato. Dario mi rispose che non sarebbe mai potuta accadere
una cosa simile perche’ lui era troppo scandaloso, troppo identificato con
l’omosessualita’.

Ma si sbagliava! Oggi Dario e’ sepolto al cimitero di Testaccio, e proprio
vicino a quell’angelo scolpito da Thorvaldsen sotto il quale ci eravamo
fermati a chiacchierare...!

Quel giorno lo avevo portato a visitare la tomba di John Addington Symonds.

Il 19 aprile del 1993 ci sono tornato per commemorare il centenario della
morte di Symonds (19 aprile 1893). Vi hanno partecipato numerosi militanti,
tra i quali Anselmo Cadelli, Maurizio Palomba, Andrea Furlan, Doriano Galli,
Franco Di Matteo, Riccardo Peloso, Brian Williams.

Ma chi era John Addington Symonds? In italiano, stranamente, non e’ molto
conosciuto e, di lui, di recente sono stati pubblicati solo due libri:
“Voglie diverse. Confessioni intime di un letterato vittoriano”, 1984 (in
originale, “The Memoirs of John Addington Symonds”) e “Alla ricerca del
Baron Corvo”.

Era nato il 5 ottobre del
1840 a Bristol, in Inghilterra. La sua “Storia del
Rinascimento” in sette volumi (1875-1886) ne fece a suo tempo uno degli
autori piu’ conosciuti e piu’ studiati sull’argomento (e ancora oggi, del
resto). Scrisse anche numerosi saggi sui poeti latini e greci, su Shelley e
sui drammaturghi inglesi prima di Shakespeare, e poi su Whitman e Dante.
Pubblico’ anche una serie importante, “Studies of the Greek Poets”,
considerata valida e autorevole ancora oggi mentre la sua traduzione della
“Vita di Benvenuto Cellini” rimane quella standard in inglese.

Per quel che riguarda Walt Whitman, c’e’ da ricordare un episodio curioso.
Symonds corrispondeva regolarmente con il grande poeta americano e, nel
1890, si decise a fargli una domanda precisa sulla sua omosessualita’.
Whitman, che gia’ stava male e viveva assistito (=circondato) da amici,
parenti, conoscenti e vicini di casa, era indispettito da quella richiesta e
gli rispose dicendosi scandalizzato che le sue poesie avessero mai potuto
far pensare ad una cosa del genere, vantandosi, invece, di avere ben sei
figli illegittimi sparsi per gli Stati Uniti... notizia che, da allora, ha
fatto impazzire i suoi biografi ed apologeti che stanno ancora cercando
qualche traccia di questi fantomatici sei eredi...

Ma non sto qui a ricordare Symonds per questi motivi. In realta’, al di la’
della grandezza culturale del personaggio, John Addington Symonds e’ forse
stato uno dei primi dieci pionieri degli studi sessuali nell’Ottocento.

A lungo represso e complessato, solo all’eta’ di 36 anni riusci’ ad avere il
suo primo, e lungamente desiderato, rapporto sessuale con un giovane soldato
muscoloso, a Londra. Dopodiche’, il suo impegno nell’uranismo divenne
preponderante.

La prima edizione (1897) del famosissimo libro “Sexual Inversion”, aveva due
autori sulla copertina: Havelock Ellis e John Addington Symonds. Il nostro
eroe era morto quattro anni prima, ed il suo esecutore testamentario
ingiunse a Ellis di toglierne il nome e qualsiasi riferimento da ogni futura
edizione.

Ma Symonds aveva gia’ fatto qualcosa di straordinario. Nel 1883 aveva
pubblicato un importante saggio sull’uranismo, “A Problem in Greek Ethics”,
stampandone privatamente appena dieci copie. Nel 1891, poi, ne pubblico’
cinquanta del suo seguito “A Problem in Modern Ethics”. Il numero limitato
di copie non deve spaventare perche’, in realta’, in circolazione se ne
trovarono subito altre centinaia, non si sa se fatte stampare da lui stesso
per aggirare la censura,o da sui amici o ammiratori.

In aggiunta a tutto cio’, Symonds volse ogni energia a modificare la legge
antigay inglese, lavorando dietro le quinte e cercando di usare la sua
influenza su giuristi, medici e politici, quasi considerandosi una sorta di
Cesare Lombroso anglosassone, che lui reputava meritevole di rispetto perche’
aveva contribuito a liberalizzare la legge italiana sull’omosessualita’.

Il suo amore culturale e affettivo verso il nostro paese fu grande. Anche
quando viveva in Svizzera il suo partner fu per lungo tempo il gondoliere
veneziano Angelo Fusato, con il quale si reco’ poi a visitare Karl Heinrich
Ulrichs all’Aquila, comportandosi con il grande pensatore tedesco con enorme
rispetto e devozione.

Symonds e’ morto a Roma ed e’ sepolto al cimitero acattolico di Testaccio.
Penso che sia importante per tutti noi, che abbiamo nei suoi confronti un
debito di riconoscenza, ricordarlo di tanto in tanto. Il 5 ottobre e’
l’anniversario
della sua nascita, e cade di giovedi’. Vi propongo, per comodita’, la data
di sabato 7 settembre, a mezzogiorno, davanti l’ingresso del cimitero
acattolico di Testaccio a Roma, dietro
la Piramide a San Paolo, per poi
andare tutti insieme a ricordarlo davanti alla sua tomba che, lo dico per
curiosita’, e’ circondata dalle lapidi di Gregory Corso, Belinda Lee e Percy
Bysshe Shelley.

Oltre agli abituali e fedeli militanti che intervengono a livello
individuale, sarebbe gradita una partecipazione anche a livello “ufficiale”
da parte dei vari gruppi, circoli, associazioni, giornali e istituzioni
varie del nostro movimento e della nostra comunita’ varia.

Grazie,

Massimo Consoli

18 SETTEMBRE 2006
                  
 


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